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 2012  giugno 25 Lunedì calendario

SALARIO MINIMO GARANTITO A TUTTI


Un salario minimo per tutti. È la richiesta avanzata dal Parlamento europeo ai paesi membri all’interno di una risoluzione approvata a larga maggioranza dalla plenaria di Strasburgo con l’obiettivo di aiutare le fasce più povere della popolazione. «Quello che gli europei oggi vogliono di più sono nuovi posti di lavoro», si legge nel documento. «È quello che li preoccupa maggiormente ed è in questo campo che dobbiamo agire». Secondo le stime del Parlamento europeo, sono più di 6 milioni i posti di lavoro andati persi nell’Unione europea dall’inizio della crisi, nel 2008. E per questo, bisogna crearne adesso 17,6 milioni per conseguire gli obiettivi occupazionali fissati nella strategia Europa 2020. Un traguardo sempre più ambizioso, se confrontato con l’andamento del livello occupazionale all’interno dei singoli paesi europei. In Grecia, l’implosione del sistema è costato il lavoro a diverse milioni di persone, facendo schizzare il tasso di disoccupazione al 21,5% nel corso del primo trimestre del 2012, mentre il livello di occupazione giovanile si riduceva al 13,8%. È andata ancora peggio alla Spagna dove la percentuale di senza lavoro ha toccato il 23,8% mentre i giovani in cerca di un lavoro sono ormai uno su due (50,8%). Le cose non migliorano molto nemmeno spostandosi a Nord. In Francia, il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 10,1% (praticamente uguale a quello italiano pari al 9,8%), mentre il tasso di disoccupazione giovanile ha oltrepassato la soglia del 50% per portarsi al 52,1% alla fine del primo trimestre (50,8% in Italia). Unico Paese in controtendenza, la Germania dove, secondo la Bundesbank, la disoccupazione è destinata a calare dal 7,1% del 2011 al 6,7 quest’anno fino a portarsi al 6,5 alla fine del prossimo anno.
In questo scenario, è lecito l’allarme lanciato da Strasburgo che ha richiesto quanto meno di garantire un livello minimo salariale a chi un lavoro già ce l’ha. La stoccata dell’Europarlamento, in realtà, sembra indirizzata soltanto a pochi paesi rimasti ancora indietro nella contrattualizzazione di un minimum wage fissato per legge. Si tratta di Germania, Italia, Danimarca, Austria, Cipro, Finlandia, Svezia e Norvegia dove la definizione di un salario minimo viene lasciata alla contrattazione tra le parti sociali. In tutti gli altri casi, i governi hanno provveduto a regolare la materia a livello centrale mettendo a punto un sistema di rivalutazione semestrale o annuale, in base all’inflazione, della più bassa paga oraria, giornaliera o mensile che i datori di lavoro devono per legge corrispondere a impiegati o operai. Le rilevazioni di Eurostat mettono in luce, comunque, una situazione di grande disparità all’interno del Vecchio continente. Si va da un massimo di 1.800 euro di salario minimo previsto dal Lussemburgo per il 2012, a scendere fino ad arrivare ai 231 euro della Lituania o i 180 della Bulgaria. In mezzo, le maggiori economie della zona euro dove primeggiano Olanda e Belgio con 1.440 euro al mese, seguiti dalla Francia con 1.400 euro fino ad arrivare agli 876 della Grecia e ai 748 della Spagna.
Al di là dei numeri di oggi, quella del salario minimo rimane una partita ancora aperta in Europa che potrebbe nascondere importanti cambiamenti nelle settimane a venire. Non soltanto in Grecia, dove il governo entrante dovrà mettere mano ai conti rivedendo al ribasso la paga minima dei lavoratori per sostenere la ripresa del paese. O in Spagna, dove sono state già annunciate politiche per la revisione al ribasso delle quote. Ma anche in Francia, dove il neoeletto presidente François Hollande ha mostrato la volontà di innalzare il salario medio dei lavoratori.
Ferma restante la grande disparità esistente nel Vecchio continente a livello salariale, l’Europa unita sembra divisa anche sul terreno delle politiche di licenziamento e della gestione dei sussidi di disoccupazione. All’ombra della Tour Eiffel, per esempio, i lavoratori hanno diritto a ottenere il sussidio generale di disoccupazione (che va da un minimo di 4 mesi a un massimo di 2 anni) soltanto nel caso in cui abbiano versato almeno quattro mensilità di contributi nei precedenti 28 mesi. Si tratta di un assegno variabile che oscilla tra il 40,4 e il 57,4% del salario giornaliero con un importo minimo di 39 euro al giorno. Più stringente la normativa tedesca che ammette il sussidio di disoccupazione soltanto per coloro che hanno avuto un lavoro di almeno 12 mesi nei 24 mesi precedenti al licenziamento. In questo caso, tuttavia, il valore dell’indennità risulta superiore a quella francese e si attesta al 60% dell’ultimo salario per i single, per salire al 67% nel caso di ex dipendente con figli a carico. Per chi invece non fosse in possesso dei requisiti minimi per ottenere l’indennità di disoccupazione, il governo di Berlino prevede lo stanziamento di un assegno mensile di 359 euro a patto che si dimostri la concreta volontà di cercare un lavoro attraverso un costante monitoraggio da parte dei centri per l’impiego. Ancora diverso il sistema britannico che stabilisce due differenti modalità per ottenere il sussidio di disoccupazione a seconda che ci si trovi di fronte a un lavoratore che ha perso il lavoro piuttosto che a un disoccupato cronico. Nel primo caso, lo Stato versa al cittadino 67,5 pound alla settimana per un periodo di sei mesi. Più lauto l’assegno nel secondo caso: 105,95 sterline a settimana a patto che si riesca a dimostrare alle autorità l’impegno concreto nella ricerca di un lavoro che tarda a venire.
E cosa dire dei Paesi del Sud Europa? In Grecia per ottenere un sussidio di disoccupazione è sufficiente aver lavorato per almeno 125 giorni nel corso degli ultimi 14 mesi. In questo caso, il cittadino rimasto senza occupazione riceverà dallo Stato il 40% dell’ultima retribuzione (50% per la categoria degli impiegati). Regole molto più blande rispetto a quelle applicate in Portogallo dove servono almeno 450 giorni di lavoro negli ultimi 24 mesi per godere del diritto a un assegno pari al 65% della media dei cedolini dell’ultimo anno per un periodo che dipende dall’età contributiva del disoccupato. Mentre in Spagna chi ha lavorato almeno 36 mesi negli ultimi sei anni ha diritto a un sussidio pari al 70% della media delle ultime retribuzioni con un massimo di 530 euro, che scende al 60% dopo i primi sei mesi di disoccupazione.