Carlo Tecce, il Fatto Quotidiano 24/6/2012, 24 giugno 2012
“HO 72 CASE E 141 TERRENI E COME LA CALCOLO L’IMU?”
Simeone Di Cagno Abbrescia, ex sindaco di Bari e deputato Pdl, soffre di ricchezza. Il più abile commercialista non può riuscire a calcolare l’ammontare di Imu che deve sganciare su 72 fabbricati e 141 terreni.
Ci pensa?
Faccio finta di dimenticare.
Ha coraggio.
Lo chiamo senso civico. Io pago, pago, ditemi che ne fate di questi soldi.
Quanto paga?
La prima rata è un primo dolore.
Allora?
80mila euro.
Il patrimonio è immenso.
Non è merito mio, io devo soltanto curare l’eredità del bisnonno, di nonno e di papà.
Tasse e sempre tasse.
Io rispetto le leggi, anche i cittadini lo fanno, lasciamo stare i leghisti e la Santanchè: irresponsabili.
Però.
La tassa che tocca la casa è intollerabile. Io rifletto, e mi chiedo.
Cosa significa avere il 72esimo appartamento?
No, lasci stare. Io mi chiedo: una famiglia, quella normale, che si fa un mutuo e supera di poco l’affitto, come fanno adesso?
Fa i calcoli?
Il signor Tizio e la signora Caia mettono da parte 850 euro al mese, poi si ritrovano l’Imu: che idea avranno di questo governo tecnico?
S’immagini a Palazzo Chigi.
Non è un buon momento.
Ci provi.
Direi: mettiamo un’ipoteca sui nostri beni immobili, acquistiamo i titoli di Stato, distruggiamo il debito pubblico. L’italiano è saggio. Lei non ci crede.
Avanti, non la fermo.
Parlo da italiano, non da parlamentare. Io, italiano, sono disposto a tagliarmi un braccio, a sacrificarmi per questo paese disgraziato, ma ditemi che succede dopo? Me lo dite, per favore?
Più semplice abolire l’Imu.
Via, basta: non si può sopportare all’infinito. Pretendono cose assurde. Le racconto questa.
Dica.
Io ho un immobile che affitto al tribunale amministrativo. É un palazzo antico, avrà due secoli.
E che vogliono, questi malefici?
Devo fare uno sforzo immane per la normativa antisismica. Quello è uno stabile vecchio: burocrati, aiutateci a capire come si fa.
Lei è un ex sindaco, saprà.
Io sono un imprenditore. La carriera politica la devo a Pinuccio Tatarella. A Bari non c’è stata Tangentopoli, soltanto qualche mazzetta, robetta in confronto al resto. Pinuccio fu lungimirante: niente politici di professione, facce nuove e convincenti.
Bei tempi. Ora le tassano pure i campi di grano.
Tutto. Quelli abbandonati e quelli coltivati. Non sappiamo neppure quanto costeranno. Non è facile.
Perché?
Io ho diversi terreni agricoli: oliveti, mandorleti, seminativi.
E quindi?
La campagna non rende, si deve arare e sperare nei contributi europei.
Un rischio pericolosissimo.
Io posso pure investire sul frutteto, ma se viene la gelata che faccio? Finisce tutto a carte quarantotto.
Non sopporta l’incertezza.
Attento, non mi faccia passare per un ricco che si lamenta. Io sto sempre con la gente.
Che racconta, la gente?
Un amico mi ha telefonato perché dovevo raccomandare sua madre per una visita in ospedale.
Non è possibile.
E io m’arrabbio. Smoccolo.
Maledice?
Maledico. Io pago, pago, e i treni fanno schifo, e le scuole fanno schifo. Tutti i servizi fanno schifo. Non mi arrendo, però.
Come fa a resistere?
Le faccio una confidenza, non dovrei.
Faccia, faccia pure.
Quando ero sindaco, e stavo perlustrando un cantiere, una signora anziana si avvicinò e mi sussurrò in dialetto barese: a me non piace pagare, ma quando la vedo all’opera, lo faccio volentieri.
Sta con la gente.
Stimo il popolo, non i governanti.
Sono quasi due anni che le vogliono fare una domanda precisa.
Ancora co’ ’sta storia.
Era a Montecitorio.
In aula, una pausa. Non sono pratico, avevo l’iPad.
S’accendono le lucine rosse.
Si apre una pagina.
La tecnologia fa male.
Compare una ragazza, abbastanza provocante.
Un’escort.
Io sono curioso. Ho chiuso immediatamente. E da quell’incidente sono più attento.
Sua moglie?
È una donna intelligente.