Giovanna Gabrielli, il Fatto Quotidiano 23/6/2012, 23 giugno 2012
IL FATTO DI IERI - 23 GIUGNO 1931
Non è chiaro cosa spinse il laico, anticlericale Marinetti, devoto solo alla religione del progresso e delle macchine, colui che preconizzava lo “svaticanamento”, ad affrontare il terreno del sacro, a rivolgere un interesse spirituale e vagamente stonato, all’estetica delle chiese. Se un allineamento al Concordato tra Stato e Chiesa del ‘29, o se, nella fase ormai declinante del futurismo, una tardiva incursione nel mondo della devozione popolare, non è chiaro. Certo è che, in tandem con Fillia, artista già esperto di “cucina d’avanguardia”, il 23 giugno 1931, Marinetti, dà alle stampe un eccentrico “Manifesto dell’arte sacra futurista”, audace decalogo di proposte choc per un rivolgimento della tradizione. “Soltanto gli artisti futuristi, che da vent’anni impongono l’arduo problema della simultaneità possono esprimere i dogmi simultanei del culto cattolico, come la Santa Trinità, l’Immacolata Concezione e il Calvario di Dio…”, “solo gli aerofuturisti possono esprimere plasticamente le trasparenze beate dell’infinito…”. Stralci di un Manifesto, scarsamente famoso, che tuttavia influenzerà una certa architettura religiosa d’avanguardia. E celebri archistar del ‘900, sensibili all’eredità futurista.