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 2012  giugno 24 Domenica calendario

SESSO– Stendhal odiava le descrizioni. Le giudicava una fatica inutile e insinuava che i romanzieri popolari come Walter Scott avessero un segretario pagato apposta per abbozzare i paesaggi di Ivanhoe e altre saghe

SESSO– Stendhal odiava le descrizioni. Le giudicava una fatica inutile e insinuava che i romanzieri popolari come Walter Scott avessero un segretario pagato apposta per abbozzare i paesaggi di Ivanhoe e altre saghe. Alle prese con la prima notte di passione tra Julien Sorel (giovane povero che grazie al mestiere di precettore penetra nelle case dei ricchi) e Madame de Rênal, se la cava con un punto. Il giovanotto visita nottetempo la signora, lei si ritrae, lui si getta ai suoi piedi, lei scoppia in singhiozzi. Qui piazza il punto malandrino, va a capo, e da artista del pettegolezzo informa il lettore: «Qualche ora dopo, quando Julien uscì dalla camera di Madame de Rênal, si sarebbe potuto dire, in stile da romanzo, che non aveva più nulla da desiderare». Sappiamo tutto quel che dobbiamo sapere, e apprezziamo il tocco di perfidia che il narratore astuto riserva agli sventurati che nelle scene di sesso si tuffano incuranti del pericolo. Non c’è bisogno di saccheggiare il porno-bestseller Cinquanta sfumature di grigio (appena uscito da Mondadori), dove E. L. James fa esercizi di coniugazione con il verbo «gemere» e ha un debole per il sesso a tre: il sadico, la masochista, e l’importuna «dea interiore» della masochista, che a volte approva le cinghiate, a volte con uno scatto d’orgoglio si dissocia. Anche gli scrittori di serie A tra le lenzuola falliscono. Archivio del Surrealismo - Ricerche sulla sessualità Molto prima che le femministe inventassero i gruppi di autocoscienza, André Breton, Antonin Artaud, Paul Eluard e Max Ernst si riunivano per parlare di maschi e di femmine. Lo fecero in varie serate, dal 1928 al 1932, dimostrando che gli scatenamenti erotici appartenevano più all’arte che alla vita. Breton fa da maestro di cerimonie, chiede «quante volte?», interroga i compagnucci sulle donne che fingono (tutti giurano che a loro non è mai capitato), sulle ammucchiate, sul sesso solitario. Riferisce bizzarre teorie in circolazione, e subito le confuta. «Un imbecille dice che dal punto di vista sessuale si possono distinguere tre categorie di donne: le clitoridee, le vaginali, le uterine. Io credo che il godimento della donna per mezzo dell’azione delle labbra e della lingua sia molto raro. È un mezzo molto precario se non entrano in gioco altri modi d’azione». Cento volte meglio Jean-Jacques Rousseau, che nelle Confessioni ricorda le sue prime sculacciate. «La signorina Lambercier si spingeva talvolta fino al punto di infliggerci il castigo che si dà ai bambini, quando l’avevamo meritato. Per molto tempo si limitò alla minaccia, e questa minaccia di un castigo per me del tutto nuovo mi spaventava moltissimo; ma poi che l’ebbi sperimentato, lo trovai meno terribile, in realtà, di quanto me l’ero aspettato, e ancora più strano è come quel castigo mi affezionasse a colei che me l’aveva inflitto. Ma la seconda volta fu anche l’ultima: la signorina Lambercier, essendosi indubbiamente resa conto, da qualche indizio, che il castigo non otteneva il suo scopo, dichiarò di rinunciarvi e che la affaticava troppo». Harold Brodkey, Storie in modo quasi classico Un critico spiritoso disse che Il lamento di Portnoy sta agli sbattimenti solitari come Moby Dick sta alle balene. Eppure anche Philip Roth è finito — complice il sex toy di gomma verde in L’umiliazione — tra i candidati del Bad Sex Award assegnato ogni anno dalla «Literary Review» (l’idea è di Auberon Waugh, figlio di Evelyn). Harold Brodkey viaggia accompagnato dalla definizione di «Marcel Proust americano». Parola di Harold Bloom: gli deve essere sfuggito il racconto Innocenza, dove il narratore si affanna — con raffinata punteggiatura e scarso risultato — su una signorina di nome Orra. «Mi vedevo come una trireme romana, la mia lingua la prua, bronzo, che la fendeva; lei era il Mediterraneo. Una ciurma di schiavi — Dio che strazio — spingeva i remi, lunghe pale che metaforicamente e ritmicamente riaffioravano sul pelo dell’acqua, coperti di gigli dalla vita breve. La festosa e smisurata nave, tutto me ingobbito sul piccolo mare di Orra, non proprio ingobbito: infatti lungo disteso; la sponda del letto alla mia vita o giù di lì, le mie gambe fuori, i piedi puntati sul pavimento, la sfarzosa barca avanzava leccando, in una scia di gorgoglii e mezzi mulinelli». Aggravante: va avanti per venti pagine fitte (tempo di lettura, un’oretta). Per pari opportunità, c’è Rapimento di Susan Minot: a pagina 68 — su 127 — la povera Kay china tra le gambe di Benjamin «si fermò per prendere fiato, sentiva le guance doloranti come non mai». Emmanuel Carrère, Facciamo un gioco Per conquistare le ragazzine i maschi di parecchie generazioni si sono atteggiati a poeti, più o meno maledetti. Per un gioco erotico con la fidanzata, Emmanuel Carrère ha coinvolto i lettori di «Le Monde» (600 mila almeno, ma il passaparola deve aver esaurito l’edizione del 20 luglio 2002). Gli avevano chiesto di scrivere un racconto sul viaggio, immaginò una storia interattiva: «Salirai sul treno diretto a La Rochelle, comprerai il giornale, farai tutte le porcate che ti dico di fare». E così le altre lettrici, pensava speranzoso lo scrittore. «Cerco di immaginarmi il tuo sorriso, il sorriso di una donna mentre legge, sola sul treno, una lettera porno che è indirizzata a lei, ma nello stesso tempo viene letta da migliaia di altre donne, le quali, suppongo, in cuor loro si dicono che hai una bella fortuna». Aveva sbagliato i suoi calcoli sul potere di seduzione della letteratura, e la fidanzata lo lasciò. James Graham Ballard, Crash Ballard sa raccontare benissimo i paradisi condominiali nati con le migliori intenzioni, chiusi da una sbarra, e poi degenerati (nell’Eden serve un serpente, e se non è previsto dal progetto qualcuno prima o poi lo introdurrà). Sa raccontare altrettanto bene — in Millennium People — le rivolte dei benestanti che alzano barricate con le Volvo e bruciano «libri e quadri, giocattoli e video educativi». Memorabile — anche nel senso che letto una volta non vogliamo sapere altro — la perversione del sesso automobilistico. Niente a che fare con i sedili reclinabili, però. «Era ossessionato dal numero e dalla ripetizione di ferite e impatti — dal cromo morente e dal cedimento delle paratie antiurto delle sue auto che si scontravano frontalmente in collisioni complesse ripetute all’infinito come in una sequenza al rallentatore; dalle ferite identiche inflitte ai due corpi; dall’immagine del parabrezza frantumantesi come ghiaccio attorno al viso di lei nell’istante in cui essa ne sfondava la superficie come un’Afrodite emergente dalla morte; dalle fratture multiple delle cosce nel momento dell’impatto contro la leva del freno a mano, e, soprattutto, dalle ferite ai genitali di entrambi: l’utero di lei trafitto dal becco araldico dello stemma del fabbricante; il seme di lui sparso fino all’ultima goccia sulle scale luminose registranti in eterno la temperatura e il livello definitivi dei carburanti». Stanley Elkin, Il sangue degli Ashenden «Si muoveva avanti e indietro nel tepore sciropposo dell’animale, in quell’estatica unione trascendente che gli impediva di capire dove fosse il suo arnese e dove cominciasse l’orsa». Sì, sì, il giovane Brewster Ashenden — bello, intelligente, nonché erede di quattro fortune — si sta dando da fare con un’orsa. Va detto a sua discolpa che è stata lei a provocarlo. Lui stava solo passeggiando, in un parco da miliardari che aveva ordinato al giardiniere di riprodurre quadri famosi: La zingara addormentata del doganiere Rousseau (con le due cacche secche di leone), la Caccia al cervo di Cranach, Mosca cieca di Fragonard. Finiti i dipinti, entra in un bosco vero senza accorgersene. Nei preliminari, si sloga una mano. Mentre l’orsa sprofonda nella tristezza post coito, Brewster constata i danni. Stanley Elkin sta tra i postmoderni americani degli anni 70. Quindi può concedersi il chiaro di luna — già ucciso dai futuristi — con la scusa della citazione. «Gli abiti gli pendevano addosso come brandelli di pelle morta. Percepì nel cervello vaghi sintomi di astinenza. Si voltò verso il chiaro di luna e vide che il suo pene afflosciato sembrava emerso da un bagno di sangue. Su un organo eretto quel sangue avrebbe potuto passare inosservato o apparire come un tenue rossore, ma sul pisello moscio era orrido, umido, denso come vernice. Raccolse nel palmo della mano un po’ di quel liquido gocciolante. — Buon Dio, — mormorò scuotendo la testa, — non solo ho chiavato un’orsa, ho anche stuprato una vergine!».