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 2012  giugno 24 Domenica calendario

SMART CITY AD ALTA CONNESSIONE

Il paesaggio urbano si ridisegna sulla scorta della cultura digitale. Nella prospettiva dell’innovazione, le visioni suggerite dalle opportunità offerte dalle reti digitali, ormai da tempo suggeriscono soluzioni che vanno ben oltre i limiti della tecnologia e rientrano a pieno titolo nelle questioni della vita quotidiana. E se un tempo si spiegava internet ricorrendo alla metafora della città, oggi, si ripensa il futuro della città paragonandola a una piattaforma. In questo senso, il problema è progettarla perché possa diventare una piattaforma che facilita la connessione tra le persone, favorisce la nascita di iniziative innovative, attrae talenti e capitali, incentiva comportamenti collaborativi, disegna la convivenza in modo consapevole delle esigenze della sostenibilità. A sua volta, di fronte a questo allargamento di orizzonti, la cultura digitale si trova a fronteggiare problemi fondamentali che nella sua fase pionieristica, più centrata sulla tecnologia, non aveva considerato. Perché sulla scala della progettazione urbana, l’innovazione non si valuta soltanto in base alla novità delle proposte, ma alla luce della prospettiva di lunga durata che traccia. L’innovazione urbana, dunque, non si comprende nell’ordine di ciò che è interessante, ma di ciò che è importante. Questo significa immettere nelle dinamiche evolutive delle tecnologie abilitanti la consapevolezza delle sfide essenziali che la città deve affrontare.
In effetti, l’urbanizzazione del pianeta è in pieno svolgimento. Le prime 100 città del mondo, in termini di crescita, generano il 38% del Pil globale. E le prime 600 ne generano oltre la metà, come riporta McKinsey. Il coordinamento tra le gigantesche quantità di persone, in queste megalopoli, non può avvenire senza il ricorso massiccio alle tecnologie digitali: connessioni tra persone e cose, sensori per connettere le cose e i sistemi di controllo (della sicurezza, del traffico, della sanità, e così via), centrali di elaborazione di dati pubblici, accessibili e pensate come acceleratori di opportunità per iniziative di servizio per comunità, aziende, quartieri.
In questo presente denso di possibilità – tanto quanto è invaso dai problemi – si moltiplicano i grandi progetti tesi a rendere più "intelligenti" le città. In Italia, l’attualità spinge alcuni territori a lavorare sulla prevenzione sismica. L’urgenza economica attiva altri luoghi alla ricerca di piani di azione per incentivare il miglioramento della qualità energetica degli spazi abitati e la nascita di startup innovative. Ovunque si pensa a come riutilizzare gli edifici che la pubblica amministrazione è orientata a dismettere, anche per fronteggiare la crisi finanziaria dello stato. Nei vecchi centri industriali e portuali le amministrazioni locali lavorano per trovare progetti di bonifica e riqualificazione alla luce delle opportunità di mercato offerte dal digitale. A Milano, un grande progetto di razionalizzazione dei servizi cittadini è partito per preparare la città all’Expo del 2015, con il Cefriel-Politecnico. A Bolzano, con l’Ibm, ci si concentra sui servizi agli anziani, protettivi ma non invasivi. Torino e il Piemonte hanno preso la leadership del movimento per i dati pubblici aperti e la realizzazione delle piattaforme che ne abilitino l’accessibilità. Trento è il sesto polo dell’informatica europea e tra le sue priorità c’è anche lo sviluppo di soluzioni per la mobilità intelligente e la gestione del territorio urbano. Roma, per iniziativa della Provincia, predispone una gigantesca area di connessione wifi. Ma l’elenco è molto lungo e articolato ed è impossibile citare tutte le iniziative. Siamo peraltro ovunque all’inizio di un mutamento profondo dell’organizzazione urbana. Il problema è quello di comprendere quanto si rivelerà, davvero, "intelligente" l’insieme di scelte che viene operato. È probabile che la qualità tecnologica dei progetti sia un elemento essenziale ma, in un certo senso, ovvio dell’evoluzione dei sistemi. L’intelligenza di queste iniziative si dimostrerà attraverso l’adozione dei servizi prodotti da parte delle popolazioni. Quindi l’"intelligenza" delle conseguenze di queste iniziative si misurerà con la consapevolezza che le persone riusciranno a maturare intorno alle opportunità che si offriranno. L’alfabetizzazione digitale, in questo quadro, non è un argomento laterale, ma è parte integrante del successo o dell’insuccesso. E la capacità di cogliere nelle nuove piattaforme urbane non solo servizi comodi ma vere e proprie occasioni per ridefinire le prospettive di vita di milioni di persone, capaci di sfidare i limiti imposti dalle condizioni pregresse, alimentando il lancio di nuove imprese, nuove comunità di servizi alle persone, nuove forme di controllo dei consumi di energia e di emissioni inquinanti,dipenderà dalla lungimiranza di chi vorrà accompagnare i progetti a forme innovative di educazione e di produzione culturale, accompagnate da un trasparente monitoraggio dei risultati. Le scelte saranno tanto più giuste quanto più saranno condivise.