Fulvio Irace, Il Sole 24 Ore 24/6/2012, 24 giugno 2012
LA SCHEGGIA PIÙ ALTA D’EUROPA
Un secolo e mezzo dopo il Crystal Palace, Londra avrà la piramide di cristallo. Più che una piramide, in realtà, una scheggia di cristallo, alta 306 metri con 87 piani: la torre più alta d’Europa e certamente la più imponente di uno skyline già ricco di presenze importanti (e forse anche ingombranti).
The Shard – la scheggia – è stata battezzata così da Renzo Piano, l’architetto italiano che ha strappato il primato nel campo dei grattacieli in cui gli inglesi (con sir Norman Foster in testa) hanno sempre avuto una posizione di ribalta, sia per l’arditezza tecnologica che per l’innovazione tipologica e formale.
Chi si aspettava da Renzo Piano una performance simile al grattacielo del «New York Times» di New York è rimasto scioccato o deluso. Con la sua forma d’albero ricoperto di sottili scaglie di vetro, lo Shard sarà un landmark che difficilmente potrà sottrarsi all’etichetta di "icona". E così verrà contraddire quell’aura di sottile reticenza che ha caratterizzato (con l’eccezione del Beaubourg di Parigi) la fortuna di Piano, considerato architetto sempre attento a rimanere sotto le righe.
Ma la prova della fiducia di un architetto nel suo mestiere non sta forse nella capacità di sfuggire ai suoi stessi clichès? Non sta nel trovare – nelle diverse situazioni dove si trova a operare – l’ispirazione per edifici che fondino la loro ragione nella forma geografia fisica e culturale delle città dove devono sorgere e attecchire?
Prendiamo il caso del primo intervento di Piano a Londra, nell’area centrale (ma derelitta) di St. Giles. Qui un denso programma edilizio di abitazioni e uffici è riuscito a trasformarsi in un cuore vibrante e brillante di colori aperto al pubblico e in una riuscita interpretazione dell’architettura come "common ground", come base condivisa sia fisicamente che emotivamente dai cittadini che ne attraversano gli spazi comuni trovandovi un’inedita possibilità di sosta e di riparo. Certo un grattacielo non è proprio quello che di solito consideriamo una struttura pubblica. Anzi, spesso la identifichiamo con l’ennesima prova di forza in una gara alla conquista del cielo che attiene più alla dimostrazione di potenza finanziaria che alle aspirazioni degli abitanti. E infatti, Irvine Sellar – il tycoon che ha commissionato lo Shard – si è rivolto a Piano come a una seconda scelta, dopo che una prima proposta dello studio londinese Broadway Malyan era stata respinta dal Comune sulla base della sua palese estraneità al contesto e della sua insignificanza architettonica. Con l’aria rilassata di chi tende a non prendersi mai eccessivamente sul serio (alla giornalista della BBC che gli aveva dato appuntamento sul pinnacolo della torre si è presentato in T-shirt con una vistosa scritta rosa: «trust me: I am an architect»), il maestro genovese era il tipo giusto per vincere le diffidenze della City e tirare in porta il goal della vittoria. E infatti proprio il "rosso" Ken Livingston (sindaco di Londra allora in carica) è stato il suo più entusiasta supporter, convinto che il disegno di Piano potesse stabilire un precedente di quella qualità anche formale appropriata al rilancio di Londra come capitale del XXI secolo. Oggi, pensando ai nuovi grattacieli che stanno sorgendo più o meno di fronte a quello di Piano dall’altra parte del Tamigi, non sembra che l’ex sindaco abbia avuto ragione. Ma l’intenzione di creare nell’area di Southwark un punto d’attrazione per il rilancio della città oltre il fiume, è senza dubbio riuscita.
«Durante i lavori di scavo abbiamo trovato i resti di una villa romana» ha spiegato Piano al pubblico londinese venuto al Royal Institute of British Architects per assistere al talk show con Raizie Iqbal, mandata in onda in diretta dalla BBC: «È la prova materiale che tutta la storia della città è partita da qui e tutti sanno che il London Bridge è stato il primo ponte sul Tamigi».
Il 4 luglio l’inaugurazione ufficiale consegnerà ai londinesi il loro nuovo grattacielo, permettendo di verificare se le intenzioni di Piano siano solo soave marketing o innegabile realtà. Per dar forza alla sua idea dello Shard come vertical town (come l’ha definito al pubblico radiofonico della BBC), ha pensato infatti di creare proprio in cima una sorta di trasparente «camera con vista», dove chiunque può salire per sperimentare la più clamorosa veduta della città a 360 gradi. Oltre alla viewing gallery, un hotel a mezza strada romperà l’abituale monofunzionalità delle torri, consentendo alla struttura di uffici e appartamenti di assumere una certa porosità.
«Non è stato costruito così per capriccio o per caso – ha spiegato Piano, mimando con un tovagliolo la sogoma del grattacielo –, ma la sua forma piramidale segue il decrescente peso delle funzioni (uffici, hotel, appartamenti) e ricorda le guglie a spirali delle chiese di Londra costruite dall’architetto di St. Paul, Christopher Wren, come precisi segnali urbani nella ricostruzione della città dopo il grande incendio del 1666».
Naturalmente, neppure lo charme di Piano è riuscito nell’intento di sedare le proteste di chi, proprio in difesa dell’inconfondibile cupola di St. Paul, insiste nel dichiarare «fuori scala» lo Shard. A dire il vero la storia di Londra è sempre stata la cronaca di un’infinita serie di salti di scala, a partire dai suoi monumenti più antichi, come la Banqueting Hall di Inigo Jones che con la sua candida mole rinascimentale strideva volutamente con lo scuro profilo della città medievale. Lo stesso può dirsi, in tempi più recenti, con il Gherkin (cetriolo) di Foster nel cuore della City, detestato dal principe Carlo ma meta obbligata del nuovo turismo. Se il Gherkin è inaccessibile ai cittadini per ragioni di sicurezza, lo Shard dovrebbe al contrario funzionare da grande calamita, soprattutto ora che Londra si apre ad accogliere milioni di visitatori per le Olimpiadi.