Marco Ferrando, Il Sole 24 Ore 24/6/2012, 24 giugno 2012
I FONDI SOVRANI COMPRANO L’EUROPA IN SALDO
In Europa i prezzi sono da saldo e chi ha la fortuna di trovarsi con le tasche piene, compra. E i protagonisti dello shopping, in questo momento, sono sempre più spesso i fondi sovrani: nel 2011, con 237 operazioni per un valore di 80,9 miliardi di dollari, si è quasi raddoppiato il volume dell’anno prima, quando le 202 acquisizioni avevano movimentato in totale 47,1 miliardi.
Più dei flussi, però, merita di essere evidenziata la direzione in cui si muovono; è qui, infatti, che emerge come sia l’Europa – ma non l’Italia – a trovarsi sempre più spesso nel mirino dei grandi compratori internazionali: se nel 2010 il Vecchio continente aveva attirato 25 acquisizioni dai fondi dei Paesi emergenti per 9,2 miliardi di dollari, l’anno scorso i deal sono stati 43 (+72%) e l’ammontare è più che raddoppiato a quota 22 miliardi, di cui 17,3 investiti dai fondi mediorientali. In pratica, proprio mentre i grandi investitori internazionali cominciano a fare marcia indietro dai titoli del debito sovrano, sulle partecipazioni azionarie il pedale resta sull’acceleratore.
I nuovi equilibri
I fondi sovrani rappresentano i salvadanai dei Paesi a surplus di bilancio, per questo sono uno specchio fedele di come cambiano gli equilibri economici, valutari e politici nello scacchiere mondiale. E il rapporto 2011 del Sovereign Investment Lab del Centro Baffi della Bocconi, domani al centro di un convegno a Milano, mostra un Occidente sempre più in difficoltà. La fotografia evidenzia infatti che «quando i fondi delle economie mature occidentali acquisiscono partecipazioni "domestiche" si tratta per lo più di operazioni difensive, mentre dentro all’attivismo dei veicoli arabi e asiatici c’è anche l’intenzione di investire per diversificare i portafogli, anche se si tratta di operazioni a medio-lungo periodo per ora avare di soddisfazioni», spiega Bernardo Bortolotti, docente all’Università di Torino e direttore del Sovereign Investment Lab.
Chi gioca in difesa...
Dunque l’Europa gioca in difesa e i Paesi emergenti in attacco. La dimostrazione sta in cima alla classifica delle principali operazioni chiuse nel 2011: entrambe portano la firma del National pension reserve fund irlandese, che in due tranche ha investito sul gruppo Allied Irish Banks, per un totale di 12 miliardi e mezzo di dollari. Un salvataggio in piena regola, un vero e proprio bailout all’europea che ricorda quelli a favore delle banche americane di tre anni fa, in occasione del quale «Dublino si è trovata costretta a trasformare in corsa un fondo pensione in un fondo strategico», fa notare Bortolotti.
... e chi sceglie l’attacco
Ben diverso il modo di agire dei fondi dei Paesi emergenti. Forti dei surplus generati dal petrolio ai massimi storici e da una bilancia commerciale favorita dall’euro forte, i maxi-salvadanai dei Paesi arabi, di Cina e Singapore stanno iniziando a diversificare i settori d’intervento. In vetta alle preferenze restano sempre le banche, che hanno attirato un quarto degli investimenti oltreconfine, ma cresce il peso delle utility (24%) e del real estate (20,8%), a conferma del fatto che i fondi sovrani, quando si muovono, cercano partecipazioni rilevanti anche dal punto di vista industriale e - conseguentemente - politico. È qui che si inseriscono, ad esempio, i cinque miliardi di dollari spesi dal fondo sovrano di Abu Dhabi nella compagnia petrolifera spagnola Cepsa, o i 3,2 miliardi del fondo sovrano cinese per la partecipazione nella francese Gdf. Segnali di fiducia nei gruppi europei? «Fino a un certo punto – sottolinea Bortolotti –. Di norma, infatti, i fondi sovrani privilegiano i gruppi europei con una forte esposizione commerciale sui Paesi emergenti».
Il sud Europa
Tra i target del 2011, oltre a Cepsa e Gdf, spiccano Iberdrola e Credit Suisse (in cui è entrato il fondo del Qatar), ma anche la squadra di formula uno di Mercedes, dove il fondo Aabar ha rafforzato al 40% la sua quota. Ecco perché, conti alla mano, l’Europa nel 2011 è riuscita ad attrarre 21,9 miliardi dall’estero. Di questi, 8,4 hanno preso la via della Spagna e 3,7 della Francia. La Germania si è dovuta accontentare di 650 milioni, l’Italia dei 100 milioni di euro del fondo libico per il 2% di Finmeccanica.