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 2012  giugno 24 Domenica calendario

START, LA VERA E TRAGICA FUGA PER LA VITTORIA


Entrando all’Olimpiyskiy Stadium di Kiev, il sontuoso e moderno impianto - sede l’1 lu­glio della finale di Euro 2012 - non si può che pensare, con dolore, che qui avrebbero tan­to meritato di esibirsi i ragazzi della mitica Start. Una squadra leggendaria, vittima a tur­no dei due totalitarismi, quello nazista pri­ma, quello comunista sovietico poi.
Kiev affamata e assediata dal nemico tede­sco, il 22 giugno 1941, giorno in cui la Dina­mo Kiev doveva inaugurare il nuovo Stadio della Repubblica, l’odierno Olimpiiyskiy, venne bombardata e in settembre le truppe della Wehrmacht occuparono la capitale u­craina. Per ristabilire uno scampolo di nor­malità apparente, fu deciso dagli ufficiali te­deschi di organizzare un mini-campionato di calcio. Sul fronte ucraino, le risorse tecni­che erano ridotte a zero, per via della ’dia­spora’ del blocco della Dinamo, pratica­mente disperso. Il caso però, volle che il pa­nettiere di origine ceca, ma di lingua tede­sca - quindi non inviso alle SS - il moravo Jo­sif Kordik, incontrasse per la strada il portiere della Dinamo, il ’carismatico’ Trusevich.
Diviso da moglie e figlia, rifugiate a Odessa, dopo che lo avevano rinchiuso nel campo di prigionia di Darnica, Trusevich vagava da giorni alla ricerca di cibo e per scampare al­la deportazione sicura nei lager tedeschi. Co­me l’ebreo Schindler di Cracovia, il buon for­naio Kordik follemente innamorato del cal­cio, decise, insieme a Trusevich, di stilare u­na lista, per rintracciare tutti gli altri gioca­tori della Dinamo nascosti negli scantinati della città. Uno dopo l’altro, si presentaro­no alla panetteria che divenne la nuova se­de della ’squadra dei clandestini’.
All’appello rispose subito il calciatore-alle­natore, il vecchio Svyridovski che trascinò con sé l’ex socio della difesa Tjutcev e il ra­pido e piccolo Klimenko. Venne rintraccia­to anche Korotich, una vita da mediano. Con gli assist di Honcarenko, sarebbe stato un gioco da ragazzi mandare in gol lo smalizia­to tandem Kuzmenko-Mahynia , che dove­vano affiancare il redivivo ex capocanno­niere del ’39, Komarov. Per completare la ro­sa, e lasciando da parte la storica rivalità, si unirono agli assi della Dinamo anche i tre calciatori della Lokomotiv: Balakhin, Sukha­rev e Melnik. ’Patron’ Kordik portò le sue stelle ritrovate nel magazzino del panificio e mostrò loro le casacche rosse e la maglia nera per il portiere Trusevich, battezzando ufficialmente la nuo­va squadra: la FC Start. Un nuovo inizio dav­vero, con la Start chiamata a difendersi dal­le altre cinque compagini nemiche: 4 for­mate dalle truppe tedesche e i loro alleati ungheresi e romeni e poi la formazione dei collaborazionisti ucraini, la Ruch. Quest’ul­tima, al debutto subì la prima lezione di cal­cio dalla Start: 7-2 per la squadra dei sogni che gli avversari schernivano chiamandola “dei panettieri” e tentarono subito di boi­cottarla. I collaborazionisti fecero in modo che non giocasse più nello stadio della Re­pubblica, così Kordik chiese ed ottenne di poter usufruire di un impianto più piccolo, lo Zenit, l’attuale stadio Start. In quella tana, uno dopo l’altro caddero tutti gli avversari, con punteggi da cappotto, fino all’11-0 rifi­lato alla squadra dei romeni.
Tutta Kiev ormai trepidava per le imprese e­roiche di questa formazione che mise in for­te crisi la propaganda degli invasori. L’uni­ca risposta possibile dei tedeschi, fu appel­larsi alla famigerata Flakelf, l’11 composto dai migliori calciatori di Germania, soldati di stanza in Ucraina. Il 6 agosto la prima sfi­da che doveva riportare la supremazia tede­sca, anche in campo, si chiuse con una pas­seggiata della Start, 5-1. L’ennesimo oltrag­gioso affronto andava sanato con una rivin­cita immediata. Il 9 agosto del ’42 si rigiocò così quella che è passata alla storia come la “partita della morte”.
La ricostruzione hollywoodiana di John Hu­ston con il suo ’Fuga per la vittoria’ ispira­ta a questa partita, è assai distante dal vero match disputato dai martiri del calcio u­craino. L’arbitro, un tedesco, prima del fi­schio d’inizio entrò negli spogliatoi della Start e raccomandò: «Quando arriverete a metà campo, ricordatevi di gridare con tut­to il fiato che avete in gola, Heil Hitler». I ra­gazzi della Start, poco dopo risposero con un reazionario: «Fitzcult Hurà!».
Sull’andamento di quel match esistono al­meno una decina di versioni, e tutte diver­se. Ciò che è certo, è che il Flakelf passò in vantaggio e fece di tutto per piegare la Start che alla fine si impose ancora, 5-3. I nazisti andarono su tutte le furie, specie per il 6° gol mai segnato. Quello di Klimenko che dopo aver dribblato anche il portiere si fermò sul­la riga di porta, osservò, sprezzante, la tri­buna degli alti ufficiali tedeschi e invece di buttarla in rete spazzò il pallone il più lon­tano possibile. Fu l’ultimo atto di libertà di una squadra che da lì a pochi giorni venne completamente ra­strellata e la maggior parte dei suoi giocato­ri finirono fucilati e nelle fosse comuni. So­lo tre di loro, Goncharenko, Tyutchev e il vec­chio Sviridosvski, si misero in salvo, scap­pando dal campo di lavoro vicino Kiev. Ma della mitica Start per anni non fecero paro­la, perchè dopo il boia nazista anche lo sta­linismo era ancora disposto a perseguitarli, con l’accusa di diserzione.
Per il popolo, e non solo per i tifosi ucraini, quella squadra resta un esempio di resi­stenza civile, la cui memoria rivive nei libri celebrativi e in quel monumento dedicato ai caduti del pallone, allo stadio Lobanovskyj, la casa della Dinamo Kiev.