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 2012  giugno 24 Domenica calendario

PM 10. LA GUERRA DIFFICILE ALLE POLVERI SOTTILI

È più pericoloso dell’alcol, secondo una ricerca di Lancet. È il primo fattore di rischio d’attacco cardiaco e precede in graduatoria perfino la cocaina e le altre droghe, incalza Tim Nawrot dell’università belga di Hasselt. È una delle maggiori emergenze di sanità pubblica a livello europeo, aggiunge l’epidemiologa Sylvia Medina, dell’Istituto francese di vigilanza sanitaria. No, non si tratta di un ritorno di fiamma dell’encefalopatia spongiforme bovina (mucca pazza), né del profilarsi di una pandemia di influenza aviaria o di una infezione di peste suina, ma di una spada di Damocle alla quale i cittadini dei Paesi sviluppati, e non solo loro, sono esposti in maniera quotidiana, anche nelle stagioni durante le quali il gioco delle correnti d’aria tiene bassi i limiti di guardia e non costringe i sindaci ad adottare provvedimenti che hanno un effetto di facciata ma scarsa o nulla utilità pratica, come il blocco della circolazione dei veicoli a motore. Parliamo dell’inquinamento dell’aria, della diffusione delle cosiddette polveri sottili, quel PM 10 (particelle di polvere o fumo il cui diametro non è superiore a 10 micron, dieci millesimi di millimetro) la cui incidenza vale da sola a dare la misura del livello di progresso, di civiltà e di vivibilità di un Paese: una media annuale di 9,4 microgrammi per metro cubo d’aria a Stoccolma, 16,6 a Strasburgo, 24 a Lubiana, 30 ad Atene, 39 a Bucarest. E l’Italia? 47 a Torino, 44 a Napoli e Milano, 35 a Roma. L’aria delle città europee si trova in una condizione invidiabile rispetto a quella di Ahvaz, Iran, che sembra detenere la maglia nera mondiale con un carico medio annuo di 372 microgrammi. Ulaan Bator, in Mongolia, la segue a ruota. L’Organizzazione mondiale della sanità sostiene che il PM 10 sarebbe responsabile dello 0,5 per cento dei decessi complessivi, ma il dato è estremamente controverso, e raccomanda che non siano superati i 20 microgrammi: limite oltre il quale insorgono con facilità patologie quali asma e bronchite croniche, affezioni polmonari in genere, affezioni cardiache. I corpuscoli microscopici inalati si fissano nei canali polmonari e da lì seguendo il torrente ematico raggiungono il cuore dove sedimentano compromettendone la funzionalità in maniera spesso permanente, così che una delle conseguenze dell’esposizione prolungata alle polveri sottili è la perdita di speranza di vita. Per una persona di 30 anni può essere di 2,2 mesi nelle situazioni di aria più salubre e fino a 22,1 mesi (quasi due anni) nelle aree di più pesante inquinamento. Per Roma, per esempio, il PM 10 ’taglia’ di 12,1 mesi la speranza di vita, un anno sacrificato allo smog. I dati vengono da una ricerca europea condotta per tre anni da una sessantina di studiosi che hanno monitorato 25 città di 12 paesi nell’ambito del cosiddetto programma Aphekom. Vita più breve, esistenza segnata dalla malattia, oneri sociali ed economici enormi: lo smog costa agli europei quasi 32 miliardi all’anno per spese mediche, ricoveri ospedalieri, giornate lavorative perdute, mancato reddito. «L’interesse a ridurre i livelli medi di esposizione è dunque reale, l’obiettivo non è eludibile», sottolinea Olivier Chanel, del Consiglio nazionale delle ricerche francese. Solo che la battaglia per difendere una accettabile salubrità dell’aria non è facile. Le polveri sottili sono generate sì dagli scappamenti dei motori, da tutti i processi di combustione, dagli impianti di riscaldamento, dagli inceneritori, dalle centrali elettriche, dall’usura dei pneumatici, dei freni e dell’asfalto delle strade, ma anche dalle attività produttive legate all’industria e all’agricoltura. Altre fonti di grandissimo impatto e difficilmente controllabili sono l’erosione naturale del suolo, gli incendi boschivi, l’attività vulcanica, la dispersione dei pollini, e perfino il sale marino. Un ventaglio di sorgenti talmente vasto che mostra come sia velleitario contare di risolvere il problema spegnendo i motori per qualche giorno. «L’inquinamento da particelle fini, da polveri sottili, non si abbassa», ammettono i ricercatori di Aphekom. L’UE, sotto la spinta dei nuovi membri dei Paesi dell’Est, che partono da una posizione più svantaggiata, ha fissato un valore limite medio annuo di 25 microgrammi per metro cubo d’aria per il 2015, soglia che nel 2020 potrebbe essere resa più restrittiva, ma sarà dura. Contano anche le condizioni generali della meteorologia e perfino quelle geografiche e altimetriche. Poi bisognerà vedere fino a che punto i politici vorranno assumere decisioni drastiche nella sola prospettiva di contenere la riduzione (teorica) della prospettiva di vita dei cittadini. A Milano il bonus europeo di 35 giorni (la dotazione annua di possibili sforamenti del limite massimo di 50 microgrammi di PM 10 per metro cubo d’aria) viene regolarmente bruciato, e non c’è blocco del traffico, ecopass o Area C (accesso a pagamento) che tenga. In molte aree europee quella delle polveri sembra una battaglia contro i mulini a vento, e non per scarsa determinazione dell’uomo. Una ventina di anni fa, quando queste problematiche cominciavano a diventare pressanti, la professoressa Dixie Lee, ricercatrice americana presente a uno dei seminari estivi di Antonino Zichichi ad Erice, stupiva tutti con una ricetta semplicissima: «Piantate alberi». Che sia soluzione troppo banale?