Roberto Mania, Affari & Finanza 25/6/2012, 25 giugno 2012
Cdp braccio armato del governo come sarà l’Iri del terzo millennio – Abbiamo una banca. E forse anche una nuova, piccola, Iri
Cdp braccio armato del governo come sarà l’Iri del terzo millennio – Abbiamo una banca. E forse anche una nuova, piccola, Iri. Cassa Depositi e Prestiti fa tanti mestieri, sempre di più. È divenuta il perno, non solo un sostegno, delle politiche pubbliche per lo sviluppo, pensate prima dall’antimercatista Giulio Tremonti, che ha posto le premesse per la trasformazione della Cassa, e attuate da Mario Monti e da Corrado Passera. Il liberal Mario Monti e l’ex “banchiere di sistema” Corrado Passera sono entrambi drammaticamente a corto di liquidità. E qui c’è la prima traccia fondamentale per capire la metamorfosi della Cassa di Via Goito, nata nel 1850, sul modello della francese Caisse de Dépots et Consignations, semplicemente per raccogliere il risparmio postale. Ora fa di più: un po’ tampona il debito, un po’ dà ossigeno a tassi ragionevoli, nella stagione delle impennate dello spread, alle medie imprese del made in Italy, un po’ finanzia le infrastrutture, e un po’ è il braccio operativo di qualche accenno di politica industriale e immobiliare di medio periodo. Continuando comunque a fare il suo antico mestiere: raccogliere il risparmio postale (sono 24 milioni i titolari di libretti e buoni postali per un totale di raccolta di 220 miliardi di euro) e prestarlo agli enti locali con mutui a saggi agevolati (90 i miliardi di stock erogati, più o meno un flusso nuovo di sei ogni anno). Perché i soldi di Cdp sono privati e non pubblici. Vanno remunerati con gli interessi. Non è un dettaglio. New deal, dunque, della Cassa, società per azioni per il 70 per cento dello Stato e per il restante 30 delle Fondazioni di origine bancaria. Così sono 10 i miliardi che arriveranno nelle casse pubbliche dalla cessione da parte dello Stato a Cdp delle quote di partecipazioni in Snam, Fintecna, Sace e Simest, stabilita dal governo Monti. Si ridurrà il debito pagando una parte dei crediti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione. La Cassa, attraverso il suo Fondo Strategico (Fsi), poi, rileverà il 15 per cento di Avio che Finmeccanica ha deciso di cedere per dare un po’ di sollievo ai suoi di conti, chiusi nel 2011 con un rosso di 2,3 miliardi, ma anche per bloccare le pericolose mire espansionistiche straniere in questo caso dei concorrenti Safran e General Electric. La Cdp entrerà nel sistema delle utility locali anche per promuovere nuovi merger; sta giocando, inoltre, un ruolo decisivo nella partita sulla banda larga tra Telecom e Metroweb (di cui è azionista) e in tutte le opere infrastrutturali; presta soldi alle piccole imprese attraverso un Fondo appositamente istituito frutto di un processo concertativo vecchio stampo con l’Abi e le associazioni imprenditoriali; ha acquistato, infine, sempre per via dell’Fsi, il 18,7 per cento di Kedrion, azienda specializzata nella produzione, commercializzazione e distribuzione di farmaci plasmaderivati. Tutto questo fa la nuova Cassa. Che, proprio per tutto questo, fa storcere il naso ai liberisti italiani come Nicola Rossi e Andrea Mingardi dell’Istituto Bruno Leoni: «Disinnescare - hanno scritto sulla Stampa - quella bomba ad orologeria che è ormai la Cassa Depositi e Prestiti, una concentrazione di “potere economico” come non se ne vedevano dai tempi dell’Iri». Non piace nemmeno ai puristi di stanza a New York il nuovo corso della Cdp. Se n’è fatto interprete - non poteva che essere così - il Wall Street Journal in un articolo sulla sua edizione online dal titolo più che significativo: «La cura miracolosa fuori bilancio di Roma». Svolgimento: «Le vecchie abitudini sono vecchie a morire. Molti dei problemi economici dell’Europa possono trovare radici nella lunga storia del Continente nel protezionismo e nella cronica ed eccessiva interferenza dello Stato nelle maggiori imprese e industrie. La soluzione, almeno in Italia, sembra essere la stessa». Non convince affatto il Wsj il passaggio di Fintecna, Sace e Simest dal perimetro statale a quello “privato” di Cdp: «Questa - hanno scritto - è una strada conveniente per mantenere gli asset in mano pubblica senza farli apparire in bilancio. Roma può aver ragione nel dire che Cdp sta svolgendo un ruolo simile alla Caisse des Depots et Consignations francese o alla Kfw tedesca. Ma il passaggio dalla tasca destra alla tasca sinistra appartiene a un’altra era». Che Cdp non sia altro che un pezzo dello Stato lo pensano pure le agenzie di rating, da Moody’s a Standard and Poors, che nei loro report non distinguono affatto nelle valutazioni di affidabilità. Sarà anche anomalo e inedito il nuovo corso della Cassa, guidata dal tandem Franco Bassanini-Giovanni Gorno Tempini, ma c’è qualcosa che risponda ai parametri della normalità nella Grande Crisi che attraversa un bel pezzo del mondo da ormai quattro anni? Era immaginabile che gli Stati Uniti impiegassero i dollari federali per salvare le banche e anche le industrie automobilistiche? Questo ed altro è accaduto nella Grande Crisi. L’eccezionalità spiega il mutamento della Cassa con i suoi 500 dipendenti contro i 12 mila del gigante teutonico di Kfw. D’altra parte - per affrontare uno dei temi - le difficoltà di accesso al credito delle imprese è reale. Nessuna banca ormai, anche, ma non solo, per colpa dei rigidissimi parametri di Basilea III, concede finanziamenti a medio e lungo termine, che vadano oltre i cinque, sette anni. Cdp può farlo. Cdp lo fa fino a 20 anni grazie alle garanzie dello Stato. La Cassa trasforma in questo modo il risparmio a breve (com’è tipicamente il risparmio postale) in investimenti o finanziamenti di lungo termine. Finanziamenti che servono a realizzare infrastrutture (tra le altre, la terza corsia della Torino-Milano, la terza corsia della Bologna-Rimini). Finanziamenti a cui ricorrono le piccole e medie imprese: al “Plafond Pmi”, istituito due anni fa con una dotazione ora arrivata a 10 miliardi, hanno fatto ricorso 52 mila imprese. Questo è una parte del nostro capitalismo che probabilmente non avrebbe retto l’impatto con il “double dip”. E le 300 circa che sono andate da Gorno Tempini a dire di essere interessante a una partecipazione del Fondo Strategico dimostrano che ci sono ancora segni di vitalità nel nostro apparato industriale, che l’imprenditoria diffusa non ha ancora gettato la spugna. Sì, forse è interventismo statale. Non lo fanno pure Parigi e Berlino? Il Fondo Strategico non nasce su imitazione del gemello francese? Fincantieri avrebbe potuto vincere la commessa da 1,2 miliardi per due transatlantici della Carnival senza l’apporto finanziario di Cdp con le garanzie assicurative della Sace, che non a caso è entrata nel nuovo perimetro della Cassa? I cantieri di Amburgo non avevano forse il sostegno della Kfw che opera esattamente come una banca? Certo il ricordo dell’ultima stagione dell’Iri non è dei migliori. L’intreccio perverso tra politica e affari ha portato alla nostra interminabile Tangentopoli. Ma la Cdp non dovrebbe essere né la Gepi perché non può intervenire per salvare aziende decotte (le regole per gli interventi del Fondo Strategico lo impediscono) né, tecnicamente, assomigliare all’Iri visto che non può acquisire quote di controllo di imprese e nemmeno nominare i manager. Insomma i paletti sono stati messi. La differenza possono farla gli uomini: quelli al governo e quelli alla guida della Cassa. Roberto Mania