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 2012  giugno 25 Lunedì calendario

Peccato che non siamo più negli Anni 80 quando tre ragazzi livornesi e un giovane artista «neosituazionista» s’inventarono quasi contemporaneamente la beffa dei falsi Modigliani, gettando alcune sculture fatte da loro nei canali di Livorno

Peccato che non siamo più negli Anni 80 quando tre ragazzi livornesi e un giovane artista «neosituazionista» s’inventarono quasi contemporaneamente la beffa dei falsi Modigliani, gettando alcune sculture fatte da loro nei canali di Livorno. Sarebbe divertente se qualcuno s’inventasse una cosa simile nel vecchio convento di Sant’Orsola a Firenze dove si stanno buttando soldi a palate per ritrovare le spoglie di Lisa Gherardini del Giocondo che pare sia stata la modella utilizzata da Leonardo per il celeberrimo ritratto conservato al Louvre. Sarebbe curioso si ritrovasse uno scheletro capace di accendere le dispute dei tecnici sulla sua autenticità, per scoprire poi che si tratta dell’opera di qualche buontempone che strizzando l’occhio al celebre Carosello Ferrero sul teschio ha inciso: «E che c’ho scritto Gioconda?». Lo scherzo servirebbe a far riflettere sulla contraddizione di un Paese in cui non si trovano i soldi per tenere aperti i musei, ma si riescono a gettar via centinaia di migliaia di euro (li mette, chissà perché, la Provincia di Firenze) per cercare le ossa della Gioconda. Peraltro con il rischio di emulazione: fra un po’ ci sarà chi vorrà riesumare la Fornarina di Raffaello o la Primavera del Botticelli. D’altronde siamo in un Paese in cui il ministro per i Beni culturali, Lorenzo Ornaghi, sembra la riesumazione di Ponzio Pilato: sugli scavi della Gioconda come su quelli alla ricerca della Battaglia di Anghiari non si pronuncia, dicendo che spetta decidere alle Sovrintendenze. Si è lavato le mani della surreale vicenda della biblioteca dei Girolamini di Napoli (il direttore De Caro indagato per peculato dopo la scomparsa di preziosi incunaboli) prima chiudendo tutti e due gli occhi e poi sostenendo che la nomina di De Caro non era dipesa da lui. Dei musei d’arte contemporanea (in crisi in tutto il Paese) non si preoccupa, salvo bizzarramente commissariare per quattro mesi il Maxxi. E non si decide a nominare il curatore del padiglione italiano alla Biennale di Venezia 2013 benché manchi meno di un anno all’inaugurazione. E «che c’ho scritto giocondo?» potrebbero chiedersi a questo punto gli italiani. Purtroppo, a differenza del celebre Carosello, scarseggiano i giganti buoni cui rivolgersi per mettere a posto le cose.