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 2012  giugno 25 Lunedì calendario

FIORENZA SARZANINI SUL CORRIERE

ROMA — Ha sempre sostenuto di non essersi occupato della gestione finanziaria del partito «perché a questo avevamo delegato il tesoriere». E invece sarebbero proprio i documenti consegnati due giorni fa da Luigi Lusi ai magistrati romani a smentire la tesi di Francesco Rutelli. Tra le carte depositate durante l’interrogatorio che si è svolto sabato pomeriggio nel carcere di Rebibbia ci sono infatti due lettere, una a mano e una al computer, scritte proprio da Rutelli. Ed entrambe riguardano la destinazione dei rimborsi elettorali ottenuti dalla Margherita dopo lo scioglimento e la fusione con i Ds nel Partito democratico avvenuta nel 2007. Non solo. Altri appunti si riferiscono alle somme versate a diversi esponenti del partito, in particolare Enzo Bianco e Matteo Renzi. «E le indicazioni — ha sostenuto Lusi — arrivavano dal segretario con il quale avevo un confronto costante, anche se spesso riuscivamo a parlarci per non più di dieci minuti». Subito dopo ribadisce che «lui era perfettamente a conoscenza degli investimenti immobiliari, tanto da suggerirmi la creazione di una società estera». Versione smentita da Rutelli che su questo ha già depositato una querela.
Le «disposizioni»
nel 2009
Il confronto a distanza dunque non è terminato, anzi, promette scintille. Perché da questa mattina cominceranno le verifiche affidate alla Guardia di Finanza e al termine è possibile che Rutelli, ma anche Enzo Bianco e altri leader del partito vengano nuovamente interrogati dal procuratore aggiunto Alberto Caperna e dal suo sostituto Stefano Pesci, i titolari dell’indagine avviata nel dicembre dello scorso anno su alcune operazioni bancarie sospette che hanno consentito di scoprire un ammanco di oltre 25 milioni. Soldi che Lusi è accusato di aver rubato insieme alla moglie, ad altri familiari e a due commercialisti.
Nell’appunto scritto a mano, che Lusi colloca nel 2009 ma senza poter specificare la data precisa, Rutelli parlerebbe della destinazione di un milione e mezzo di euro, di cui almeno 600 mila per la sua corrente. Soldi che il tesoriere avrebbe dovuto gestire. Poi rimprovererebbe Lusi per aver restituito al Parlamento europeo alcuni fondi destinati al Pd di Bruxelles di cui il senatore amministrava le finanze. Anche nell’altra lettera, scritta al computer e datata 10 novembre 2009 si parla di denaro, ma su quale sia l’uso che ne deve essere fatto bisognerà adesso effettuare alcuni accertamenti perché, come sottolineano gli inquirenti, «si tratta di comunicazioni molto sintetiche e non esplicite, dunque si dovrà capire dove sono effettivamente finite le somme».
Molto più dettagliate sono le mail che Lusi spediva a Rutelli, anch’esse consegnate durante l’interrogatorio di fronte al giudice Simonetta D’Alessandro che ha ordinato l’arresto del tesoriere e ha ottenuto il via libera all’esecuzione dall’aula di Palazzo Madama con un voto che non ha precedenti visto che mai prima d’ora era stata autorizzata la cattura di un senatore. In tutto agli atti sono state allegate una decina di pagine nelle quali il tesoriere fa presente che i «soldi saranno destinati a singole persone» e questo, ha affermato rispondendo alle domande del giudice, «dopo aver preso la decisione di spartire il denaro dei rimborsi per evitare che dopo la fusione finissero nelle casse del Pd». In particolare c’è una mail nella quale Lusi avrebbe proposto di far confluire i fondi sui conti di «associazioni e fondazioni» cosa che effettivamente è poi avvenuta, almeno in parte. Ed è proprio quando affronta l’argomento relativo a questa presunta spartizione che Lusi cita Bianco e Renzi.
La società
per case e ville
Secondo il tesoriere la scelta di spartirsi i finanziamenti tra le correnti dei rutelliani e dei popolari risale al 2007. Un mese fa, durante la sua audizione di fronte alla Giunta del Senato, aveva sostenuto che anche gli investimenti immobiliari rientravano in questa politica di divisione e che lui era di fatto il «fiduciario» dell’operazione. Ieri ha aggiunto nuovi dettagli, e anche su questo bisognerà adesso cercare eventuali riscontri. Perché Lusi sostiene che quegli acquisti di appartamenti e ville furono «fatti per conto dei rutelliani e decisi ben prima dello scioglimento della Margherita».
La tesi del senatore — che è accusato di aver rubato circa 25 milioni di euro al partito una parte dei quali utilizzati proprio per comprare lussuose proprietà al centro di Roma e in campagna, ma anche per ristrutturare appartamenti che già possedeva in Abruzzo — è che «fu Rutelli ad autorizzare quegli acquisiti consigliandomi anche di utilizzare una società estera, visto che mia moglie è canadese». L’interessato ha smentito parlando di «bufale pronunciate da un ladro», ma ora Lusi aggiunge un nuovo dettaglio: «Accadde prima del 2007», dunque quando la Margherita era ancora un partito autonomo e Rutelli era vicepresidente del Consiglio con il governo guidato a Romano Prodi. L’ennesima bordata in una guerra che appare senza fine.
Fiorenza Sarzanini

CARLO BONINI SU REPUBBLICA
ROMA
— «Francesco alzava il volume del televisore perché le nostre conversazioni non fossero distinguibili e poi, a bassa voce, mi diceva cosa dovevo fare. E se per caso provavo a porre qualche problema mi liquidava regolarmente con un “arrangiati”». Già, sostiene il senatore Luigi Lusi che da quando le cose cambiarono — correva l’anno 2007 — e il «patto di spartizione 60/40 tra i maggiorenti della Margherita» divenne unica ragione sociale di un partito che aveva cessato di esistere, Francesco Rutelli «fosse ossessionato». «Era convinto che qualcuno lo potesse ascoltare, intercettare — racconta nel suo interrogatorio fiume di sabato —. Mi convocava
ad horas
in qualcuno dei suoi uffici. Ripeteva che non aveva tempo. E le nostre comunicazioni non duravano mai più di dieci minuti. Mi trattava bruscamente». Come un volgare spicciafaccende, insomma. Anche se il fardello di cui aveva deciso di caricarlo non era indifferente.
«TUA MOGLIE È CANADESE, NO?»
La storia degli immobili, ad esempio, «è da Francesco che partì», racconta l’ex tesoriere. Siamo nel 2007, appunto, e sono gli ultimi mesi del secondo governo Prodi. Rutelli è ministro per i Beni Culturali e convoca il suo tesoriere. «Il televisore era acceso a forte volume, come al solito, e Francesco mi rappresentò la necessità di investire parte della liquidità della Margherita in immobili. A quel punto io obiettai che se li avessimo intestati a una società fiduciaria italiana, questa sarebbe stata facilmente tracciabile e altrettanto facilmente si sarebbe potuto risalire ai suoi effettivi beneficiari. E fu allora che, guardandomi, mi disse: “Sbaglio o tua moglie è canadese?” ». La “Luigia ltd.”, la scatola societaria offshore destinata a fare da holding delle partecipazioni immobiliari, nascerebbe dunque quel giorno. «Per volontà e indicazione» di Rutelli. Il senatore non ha prove da offrire. Su quell’asserito mandato fiduciario è la sua parola contro quella dell’ex segretario politico. Diverso, il discorso sulla «spartizione delle risorse». Perché qui il racconto si fa circostanziato.
DUE E-MAIL DI 20 PAGINE
«Nel novembre del 2009 — spiega Lusi ai pm — incontrai Rutelli per sollevare quello che ritenevo fosse un problema. Ero convinto che fosse rischioso, nella spartizione delle risorse del partito, ormai sciolto da 2 anni,
assegnare i finanziamenti ai singoli ex capi-corrente. E che per questo fosse necessario mascherare la cosa convogliando il denaro su associazioni e fondazioni indicate dai reali beneficiari dei fondi». Rutelli, a quanto pare, concorda. E Lusi, come sostiene gli capitava spesso, tornato nel suo ufficio mette per iscritto e articola le istruzioni appena ricevute per sottoporle nuovamente al suo “fiduciante”. Del resto, il tipo è pignolo e, forse, già allora, ritiene che fidarsi sia bene, ma non fidarsi sia meglio. Ai pm, l’ex tesoriere consegna dunque due sue e-mail inviate a Rutelli. Entrambe con la data di quel novembre 2009. Entrambe assai lunghe (10 pagine ciascuna). Entrambe con l’indicazione “concordata” che, da quel momento,
il denaro impiegato in ragione del “patto 60/40” sarebbe stato convogliato, appunto, su associazioni e fondazioni (per Rutelli, il “Centro Futuro sostenibile” e l’associazione “Cento città”). Entrambe con accenti personali («Non capisco perché tu mi tratti in questo modo», si lamenta) soprattutto lì dove l’allora tesoriere si difende dall’accusa che Rutelli gli ha privatamente mosso di aver «restituito per paura» fondi europei affluiti alla defunta Margherita a titolo di rimborsi per il Partito democratico europeo.
LA NOTA AUTOGRAFA “FR”
Lusi non è in grado di fornire alcuna indicazione sull’uso, legittimo o meno, che del denaro uscito dalla cassa veniva fatto dai “maggiorenti” del partito. Ma «è
inoppugnabile», chiosa, «che Rutelli fosse non solo al corrente di quel patto, ma mi fornisse indicazioni sulla base di quello schema». E la prova — svela, consegnando il documento ai magistrati che lo interrogano — è in un appunto autografo di Rutelli, siglato a fondo pagina “
FR”
in cui l’ex segretario politico definisce l’architettura della spartizione. L’appunto non ha data. Ma — spiega Lusi ai pm — risale allo stesso periodo di una nota battuta a macchina che porta la data del 10 novembre 2009. Anche questa attribuibile a Rutelli.
I CONTRIBUTI A RENZI
Nella nota, si affronta la divisione di 1 milione e mezzo di liquidità che Lusi viene sollecitato a prelevare dalla cassa. Seicentomila devono andare a Rutelli e il resto agli altri capi-corrente. Tra loro, Matteo Renzi, sindaco di Firenze, in quota “Rutelliani”. Con i pm Lusi insiste che è certo che Renzi quel denaro lo abbia ricevuto («nonostante le sue smentite ») . E per dimostrarlo produce durante l’interrogatorio uno dei capitoli di bilancio in cui quella somma indicata dalla nota di Rutelli — 1 milione e mezzo — appare contabilizzata nella sua grandezza unitaria. Prima cioè che, contabilmente, ne venisse dissimulata la spartizione.
IL TORMENTO DELLE VITTIME
Fin qui, il racconto del senatore. Cui Rutelli affida la risposta in una lunga nota. «Luigi Lusi — si legge — sa di poter diffamare e mentire: le sue palesi menzogne saranno comunque amplificate. Il suo percorso di uomo libero si è fermato. Ma quanto a lungo durerà il tormento delle sue vittime? Lusi non è credibile? La verità — conclude Rutelli — finisce comunque schiacciata sotto le menzogne del calunniatore».