C. Zec., Corriere della Sera 25/6/2012, 25 giugno 2012
IL CAIRO —
Al di là del nome, Mohammed Morsi, e della appartenenza politica, i Fratelli musulmani e il loro partito Libertà e giustizia di cui fino a ieri era capo, il nuovo raìs dell’Egitto è quasi sconosciuto nel mondo. E anche in patria, in passato, non era certo considerato un grande della politica. Poco carismatico, timido e noioso quanto conservatore, Morsi non ha mai amato i riflettori. Alla presidenza è stato candidato suo malgrado: lui, si dice, avrebbe al massimo puntato a diventare premier. Ma dopo la squalifica dalla corsa del miliardario Khayrat Al Shater, stratega dei Fratelli nonché mentore dello stesso Morsi, i vertici hanno scelto lui. E lui ha accettato, per lealtà. Guadagnatosi il poco prestigioso soprannome di «isbìnt», ruota di scorta, Morsi è stato oggetto di scherno tanto che ai suoi comizi i detrattori si presentavano con vecchi pneumatici. Ma è andato avanti, forte del sostegno della poderosa macchina da guerra della Fratellanza.
Nato in un villaggio del Delta quasi 61 anni fa, ingegnere laureato all’Università del Cairo, un dottorato in California, Morsi negli Usa ha lavorato per la Nasa sugli shuttle e qui sono nati (prendendo la cittadinanza) due dei suoi cinque figli. Tornato in patria, ha insegnato all’Università e nel 2000 è entrato in Parlamento guidando i deputati della Fratellanza. Nel 2005 non è stato rieletto, anzi è finito in carcere per le proteste anti-regime. La sua carriera nel movimento è stata comunque in continua ascesa: «ministro degli Esteri», portavoce, membro del potentissimo «politburo», capo del Partito. All’inizio della Rivoluzione è tornato in galera, la stessa dove stava Mubarak fino alla sua recente «morte».
Da aspirante raìs Morsi ha presentato un «progetto di rinascimento» ispirato all’Islam ma «rappresentativo dell’intero Egitto», ha promesso tra l’altro «rapporti più equilibrati» con gli Stati Uniti. Si è avvicinato a molti moderati anche laici, nella comune lotta contro Shafiq. Ed è diventato meno impacciato, dicono gli egiziani. Ma resta un politico anomalo, dallo stile «semplice» all’Ahmadinejad. La moglie poi, è l’antitesi della «first lady», epiteto che Najla Ali peraltro rifiuta. Presa in giro per il suo look, un lungo scialle grigio in testa e zero make-up, la signora Morsi ha dichiarato che non vorrebbe «vivere nel palazzo presidenziale ma restare tra la gente». Nonostante le battute, a molti (e non solo islamici) sembra piacere più della «regale» Suzanne Mubarak.
C. Zec.