VARIE 23/6/2012, 23 giugno 2012
APPUNTI PER GAZZETTA. FORMIGONI INDAGATO
REPUBBLICA.IT
ROMA - Il governatore della Lombardia Roberto Formigoni sarebbe indagato per corruzione e finanziamento illecito nell’inchiesta della Procura di Milano sui 70 milioni di euro che il polo privato della sanità Fondazione Maugeri ha pagato negli anni al consulente-mediatore Pierangelo Daccò. La notizia sul Corriere della Sera di questa mattina, e fonti investigative hanno confermato. Ma il presidente della regione Lombradia nega: "Notizia falsa, non ne so nulla. E in ogni caso non mi dimetterei. Sono sereno".
Le ipotesi di reato sarebbero due: corruzione per la somma dei benefit, come le vacanze pagate dal faccendiere Pierangelo Daccò - già in carcere dal 15 novembre sia per l’inchiesta sul caso San Raffaele sia per quella che riguarda la Maugeri -, e finanziamento illecito per oltre mezzo milione di euro relativi alle elezioni regionali 2010.
Il finanziamento elettorale illecito, ha precisato il quotidiano di via Solferino poi confermato da fonti vicino alla Procura milanese, sarebbe provenuto da un’azienda sanitaria privata in vista della campagna di Formigoni per le Regionali lombarde. L’ipotesi di reato di corruzione farebbe invece riferimento ai molteplici benefit di ingente valore patrimoniale - vacanze, soggiorni, utilizzo di yacht, cene di pubbliche relazioni a margine del Meeting di Rimini, termini della vendita di una villa in Sardegna a un coinquilino di Formigoni nella comunità laicale dei Memores Domini - messi a disposizione del governatore dal mediatore Pierangelo Daccò.
Ma Formigoni che si è sempre detto estraneo alla vicenda, continua a mantenere la sua posizione. La notizia "è falsa" e "mi attendo subito una smentita chiara e definitiva" da parte del Corriere della Sera", sia sul sito che "domani adeguatamente in prima pagina".
In ogni caso nessuna idea di dimissioni da parte sua: "Se indagato comunque non mi dimetto", ha ribadito a margine di una conferenza stampa che era già in programma per oggi alle 11. "Non ho nessuna notizia di questa indagine nei miei confronti e siccome conosco la correttezza della Procura di Milano escludo che abbia avviato un’indagine su di me senza informarmi e quindi il Corriere della Sera ha pubblicato una notizia falsa", ha anche scritto su Twitter (FOTO 4).
"Ho sempre detto sin dall’inizio tutta la verità - ha aggiunto Formigoni -, ho passato alcuni weekend sulla barca di Simone e ho fatto due vacanze ai Caraibi pagate di tasca mia". "Daccò non ha avuto alcun favore dai rapporto di conoscenza che ha con me - ha continuato Formigoni - non un euro di denaro pubblico è stato disperso e Regione Lombardia ha un sistema sanitario efficiente e pulito".
"In ogni caso - ha aggiunto - resto nella più assoluta serenità e tranquillità d’animo così come lo sono sempre". Poi, il governatore ha spiegato che se le accuse "fossero vere, raggiungerei la condizione di alcuni presidenti di Regioni, del mio e di altri schieramenti, che sono oggetto di indagini. Nessuno di loro si è dimesso per essere stato raggiunto da un’informazione di garanzia. Anzi, c’è un grande sindaco del sud che è sotto processo a Roma per reati gravi. Correttamente, aggiungo. Non mi dimetto e non mi dimetterò perché nulla è stato avviato contro di me", ha spiegato senza però rispondere a tutte le domande che gli venivano fatte durante la conferenza stampa (VIDEO 5).
Formigoni ha anche presentato in procura a Milano, un’istanza nei confronti di alcuni giornalisti di Repubblica e del Fatto Quotidiano (VIDEO 6) per alcuni articoli pubblicati sugli interrogatori secretati di Pierangelo Daccò. Si tratta di ampi stralci dei colloqui tra il mediatore e i magistrati. Formigoni ha sottolineato che i due giornali sono "testate di regime" e li ha definiti rispettivamente ’La Pravda’ e ’Izvestia’. Poi, rivolgendosi ai giornalisti presenti alla conferenza stampa, tra cui uno degli autori degli articoli contestati, Formigoni ha spiegato di nutrire "qualche dubbio su quanto avete scritto" e "se la procura darà anche a me gli interrogatori di Pierangelo Daccò che avete illegittimamente ottenuto - ha aggiunto - sarà interessante confrontare le copie. Voi scrivete che certe cose le ha dette lui, ma io su questo ho qualche dubbio", ha aggiunto il governatore lombardo.
Alla base delle accuse mosse dalla Procura di Milano al presidente della Lombardia, ci sono anche alcune delibere varate dalla Giunta regionale nel corso degli anni "nell’interesse" della Fondazione Maugeri. In particolare, da quanto è filtrato, i pm milanesi sono arrivati a ipotizzare nei confronti del governatore la corruzione anche analizzando una serie di provvedimenti "complessi" che hanno ritoccato al rialzo i drg e che hanno riguardato alcune strutture sanitarie tra le quali rientrava l’ente con sede a Pavia. Per gli inquirenti, questo è il sospetto, tali delibere di Giunta sulla maggiorazione dei rimborsi sarebbero state la contropartita dei benefit di lusso, come i viaggi esotici e le vacanze su mega yacht, e di "altre utilità" pagate dal faccendiere Pierangelo Daccò, come da lui stesso a messo a verbale, a Formigoni e al suo entourage.
Questi provvedimenti approvati dalla Giunta Formigoni hanno cominciato a essere affrontati negli ultimi interrogatori e, in particolare, da quanto si è saputo, in quelli resi da Costantino Passerino, l’ex direttore amministrativo della Fondazione arrestato lo scorso 13 aprile assieme, tra gli altri, all’ex assessore regionale (nei primi anni ’90) Antonio Simone, amico personale del governatore come Pierangelo Daccò che, secondo le indagini della procura di Milano, nel corso di una decina d’anni avrebbe ricevuto dalla fondazione Maugeri circa 70 milioni di euro per la sua attività di pr in Regione Lombardia.
(23 giugno 2012)
IL PEZZO DI FERRARELLA-GUASTELLA STAMATTINA SUL CORRIERE
MILANO — Illecito finanziamento elettorale di oltre mezzo milione di euro nel 2010 da una azienda sanitaria privata in vista della campagna di Roberto Formigoni per le Regionali lombarde, e corruzione per la somma dei molteplici benefit di ingente valore patrimoniale (vacanze, soggiorni, utilizzo di yacht, cene di pubbliche relazioni a margine del Meeting di Rimini, termini della vendita di una villa in Sardegna a un coinquilino di Formigoni nella comunità laicale dei Memores Domini) messi a disposizione del governatore lombardo dal mediatore Pierangelo Daccò: sono le due ipotesi di reato per le quali il presidente pdl della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, è indagato a Milano nell’inchiesta sui 70 milioni pagati negli anni a Daccò dalla Fondazione Maugeri per il suo ruolo di «facilitatore» nei rapporti tra questo importante polo privato della sanità italiana (con base a Pavia) e i meandri amministrativi del Pirellone.
«Apriporte in Regione»
È in questi meandri che si esprimeva la peculiare professionalità di Daccò nell’«aprire le porte in Regione Lombardia» e, anche «sfruttando la mia conoscenza personale con Formigoni per accreditarmi presso i miei clienti», muovere «nell’ente pubblico le leve della discrezionalità» cruciali per il riconoscimento agli ospedali delle «funzioni non coperte da tariffe predefinite», cioè del capitolo (pari al 7% del bilancio della sanità per quasi 1 miliardo l’anno) parametrato su attività d’eccellenza e di ricerca in aggiunta ai normali rimborsi delle prestazioni erogate ai pazienti.
Nell’inchiesta, gemmata da quella sul dissesto finanziario del San Raffaele di don Verzè dopo il suicidio nel luglio 2011 del vicepresidente Mario Cal, sono sinora state arrestate (per reati che a vario titolo vanno dall’appropriazione indebita al riciclaggio all’associazione a delinquere) sette persone, tra le quali due amici personali di Formigoni: Daccò, che è in cella dal 15 novembre scorso, e dal 13 aprile un ex assessore regionale democristiano (negli anni 90) poi riconvertitosi in imprenditore immobiliare e consulente nella sanità, il ciellino Antonio Simone.
Nuove contestazioni
Le due inedite contestazioni sono affiorate ora nell’ultimo giro di interrogatori, quando ad almeno quattro degli arrestati è stato via via comunicato che la Procura sta procedendo anche per i nuovi reati di corruzione e di finanziamento illecito. E contrariamente alle suggestioni determinate nei giorni scorsi dalla segretazione dei verbali ordinata dalla Procura, i pochi elementi disponibili fanno pensare che, alla base degli addebiti, vi sia qualcosa di diverso dalla circolata leggenda metropolitana di ammissioni da parte di Daccò e Simone. L’avvocato del mediatore, Giampiero Biancolella, che pur non vuole entrare nel merito dei fatti appunto perché gli ultimi due interrogatori di Daccò sono stati segretati, un solo aspetto ritiene ad esempio di rilevare: «Per quelle che sono le dichiarazioni di Daccò, il reato di corruzione non esiste, però vorrei che a questo punto, dopo oltre 7 mesi di carcere, i pm affrontassero una volta per tutte questo nodo. Se ritengono di possedere elementi per inquadrare nel reato di corruzione i comportamenti che Daccò ha avuto verso l’amico Formigoni, allora chiedano il rinvio a giudizio: ma escano dallo stallo di questa custodia cautelare incongrua e anomala, che neppure nel momento più acuto di Tangentopoli registrava un protrarsi così lungo». «Quello che ha avvicinato Simone a Daccò è stato il fatto che Daccò avesse clienti nella sanità del mondo cattolico», prospetta l’avvocato Giuseppe Lucibello, che dell’interrogatorio del suo assistito tre giorni fa si limita a osservare che «Simone ha spiegato, e anzi ha rivendicato, il proprio ruolo di promotore culturale e grande esperto della legislazione della sanità nel settore del no-profit».
Ancora di recente il presidente della giunta ha ribadito di considerare se stesso e la Regione estranei ad accertamenti giudiziari che a suo avviso riguardano «solo rapporti tra privati» come la Fondazione Maugeri e i consulenti Daccò-Simone, ha asserito che «non un euro di soldi pubblici è stato dissipato», e ha affermato che «Daccò non ha tratto qualche indebito vantaggio da Regione Lombardia per il fatto di conoscermi».
«Neppure un usciere»
All’inizio di questa vicenda Formigoni ha spiegato di aver solo fatto con Daccò «vacanze di gruppo» ai Caraibi, anche se tra «agende da controllare» e «ricevute buttate» dei ventilati rimborsi. In un secondo tempo ha precisato che «non c’era stato bisogno di alcun conguaglio» con l’amico generoso. E infine da ultimo ha detto di aver «potuto accumulare risparmi per un milione di euro che ho prestato a un amico» (Alberto Perego) «per acquistare una casetta in Sardegna», cioè la villa venduta per 3 milioni a Perego da Daccò due settimane prima del suo arresto. «Nessuno di Regione Lombardia è sottoposto a indagine, non un assessore e neppure un usciere», aveva spesso rimarcato Formigoni, anche se in questa inchiesta era stata già indagata per l’ipotesi di riciclaggio la ex dirigente regionale nell’unità organizzativa di Programmazione sanitaria, Alessandra Massei. In un’altra e diversa indagine la settimana scorsa è stato perquisito e indagato per l’ipotesi di associazione a delinquere e di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente il direttore generale dell’assessorato regionale alla Sanità, Carlo Lucchina, al quale Formigoni sabato ha voluto rendere «onore» ed esprimere «solidarietà».
Luigi Ferrarella
lferrarella@corriere.it
CRONOLOGIA
• Nell’estate 2011, dopo il suicidio del vicepresidente Mario Cal, parte l’inchiesta sul dissesto del San Raffaele, e il 15 novembre viene arrestato per concorso nel crac il mediatore Pierangelo Daccò
• Il 13 aprile altri arresti aprono il capitolo dei 70 milioni di euro che la privata Fondazione Maugeri ha dato negli anni a Daccò per indefinite consulenze volte ad agevolare i rapporti finanziari tra il polo privato e la Regione
• Tra i sinora sette arrestati c’è l’imprenditore ciellino Antonio Simone (foto in alto), come Daccò amico personale di Formigoni. Ora anche il governatore è indagato: per lui ipotesi di corruzione e finanziamento illecito