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 2012  giugno 23 Sabato calendario

L’oasi tropicale in mezzo alla Svizzera - Fa caldo, caldissimo e l’umidità rallenta tutti i movimenti

L’oasi tropicale in mezzo alla Svizzera - Fa caldo, caldissimo e l’umidità rallenta tutti i movimenti. Se alzi gli occhi verso il cielo spuntano banane, papaya, manghi. E ci sono altri frutti tropicali che crescono rigogliosi tra fiori dai colori intensi e tra gli alberi dalle foglie immense che fai fatica a spostare con la mano. È un’oasi, ma intorno non c’è il deserto, ci sono alte montagne con le cime ancora innevate. Alle spalle c’è il massiccio del Lötschberg. Per otto anni il ventre di quella montagna è stato mangiato da talpe meccaniche che hanno scavato 34,6 chilometri di quella che è, ancora per poco, la galleria ferroviaria più lunga del mondo. Con la terra è venuta fuori anche una sorgente d’acqua calda e per salvare le trote, che da secoli si riproducono nel fiume Kendar, un ingegnere/pescatore ha trovato il modo di raffreddare quell’acqua usandola prima per allevare storioni e poi per riscaldare la serra tropicale. Il risultato? Dal giugno del 2007 treni merci e passeggeri corrono veloci sotto la montagna e dal 2009, con un investimento di 30 milioni di franchi svizzeri, è nata quest’oasi che non solo ha permesso di salvare le trote ma che è anche è diventata una fonte di ricchezza per Frutigen. Questo paese di 6638 abitanti nel cantone di Berna è ora meta di decine di migliaia di turisti (centomila l’anno scorso) e produttore della frutta tropicale delle Alpi Bernesi (commercializzata dalla Coop) e del caviale svizzero, venduto a caro prezzo nella Confederazione. L’ingegnere/pescatore è Peter Hufschmied è sua l’idea di utilizzare la geotermia per trasformare l’acqua calda della montagna. Il progetto dell’impianto è suo: le Coop svizzere (azionisti di maggioranza) e la società Bkw hanno reso un business l’operazione di salvataggio delle trote. Marcel Baillods, il direttore della serra, racconta che vengono prodotte tra le due e tre tonnellate di banane l’anno. Papaya, mango e altri frutti esotici danno la stessa quantità di frutti che prima riforniscono il ristorante della serra e poi finiscono sugli scaffali dei supermercati. Lì si mangia anche il puro caviale svizzero che viene prodotto dalle uova dei 30 mila storioni allevati localmente. Otto Koger è il capo delle guide e racconta con passione la storia dello storione e del caviale, della migrazione (forzata) dalla Siberia alla Svizzera e ti spiega che «alla fine il nostro allevamento permette di contribuire a salvare le popolazioni di storione dell’estinzione». E qui si sono inventati un marchio (Oona) per commercializzare quei trecento chili di piccole palline nere che vengono vendute a 1400 euro per 250 grammi. Frutigen è in grado di mettere in campo un’offerta turistica che tiene insieme montagna, alimentazione esotica da agricoltura sostenibile ed energia rinnovabile. Per visitare il complesso della serra si pagano 20 franchi svizzeri (10 i ragazzi): il via vai di bus e auto private è impressionante. Tanto che la società Tropenhaus Frutigen sta pensando di raddoppiare la popolazione di storioni allevati e di portarli a 60 mila. Ma non basta: la Tropenhaus Frutigen sta lavorando anche per ottenere un’eco-certificazione per i propri prodotti «esotici» made in Svizzera nati da procedimenti sostenibili. «Alla base di tutto racconta Koger c’è la geotermia e questo modello di sfruttamento dell’acqua calda può essere esportato, in tutto o in parte, anche in altre realtà dove si stanno realizzando galleria sotto la montagna».