Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 23/06/2012, 23 giugno 2012
QUEL PRETE ANTICAMORRA E LA PROCESSIONE DA ABOLIRE
«Giù le mani dai Gigli di Nola!», hanno tuonato il vescovo, il sindaco e le confraternite. Il problema delle infiltrazioni malavitose nelle feste religiose napoletane sollevato dalla denuncia di un prete anticamorra, però, esiste davvero. Lo conferma il prefetto. E sul tema, tra i cristiani e non solo, si è acceso da giorni un dibattito incandescente.
L’uso strumentale delle processioni, in realtà, è un tema non nuovo. La storia della mafia, della ’ndrangheta, della camorra, è ricca di storie brutte. Basti ricordare che a Riesi (Caltanissetta) quanti portavano la grande statua di gesso della Madonna si fermavano puntuali per un omaggio sotto il poggiolo del boss Francesco Di Cristina. O che alla festa di San Giuseppe della siracusana Augusta, per decenni, il più bello dei «vastuni ’i san Giuseppe», gli enormi torroni simbolo della sagra religiosa, veniva comprato fino al giorno dell’arresto da Giuseppe «Joe» Conforte. Il re della prostituzione del Nevada che con le sue 102 ragazze patinate e il lusso del celeberrimo «Mustang Ranch» incassava mezzo milione di dollari al mese e arrivò a quotarsi in Borsa. Perfino la festa di San Gennaro a New York, inquinatissima, costrinse anni fa Rudolph Giuliani a intervenire con mano pesante: ripulitura o annullamento.
E come dimenticare la «pax mafiosa» siglata dentro la ’ndrangheta in un summit dopo la processione al santuario della Madonna di Polsi un mese dopo la strage di Duisburg? Leggere i libri di Isaia Sales «I preti e i mafiosi» o quello di Vincenzo Ceruso «Le sagrestie di Cosa nostra» aiuta a capire quanto lo stravolgimento di certi riti sia funzionale al sistema mafioso. Al punto che in una intervista a Rita Mattei, un «pentito» si racconta: «Io e mia moglie siamo religiosi. Mi hanno insegnato che la mafia è nata per amministrare la giustizia. Quindi, nessuna contraddizione. Anzi, sa che ora, davanti a Cristo, mi sento un traditore? Quando ero un assassino andavo in chiesa con animo tranquillo. Ora che sono un pentito no, non prego serenamente».
Per venire all’area campana, due episodi dicono tutto. Il primo è la scena del boss del quartiere Barra Angelo Cuccaro, ripreso in un video dell’Espresso, mentre su una Rolls Royce bianca segue la statua della Madonna alla Festa dei Gigli del suo feudo fendendo la folla che lo acclama. Il secondo la decisione di Luigi Bobbio, sindaco pdl di Castellammare di Stabia, di abbandonare mesi fa (togliendosi platealmente la fascia) la processione di San Catello perché, per il secondo anno consecutivo, nonostante le sue proteste del 2011 e i suoi accordi con il vescovo, il corteo aveva fatto una sosta alla Cappella di Santa Fara per un saluto al vecchio boss Renato Raffone, che abita lì accanto.
In questo contesto, che aveva già spinto Luigi De Magistris a fissare regole severe (a partire dall’assoluta trasparenza nei finanziamenti dei «fedeli») per la festa di Barra e Luigi Bobbio a chiedere la fedina penale dei «portatori» di San Catello, è arrivata giorni fa sul blog «iconfronti.it» una denuncia di Aniello Manganiello, il prete che, prima d’essere rimosso, era parroco a Scampia e da quella esperienza ha tratto con Andrea Manzi il libro «Gesù è più forte della camorra».
Parole durissime: «Organizziamo una raccolta di firme per chiedere l’abolizione della festa dei Gigli di Nola. Sarebbe una scelta di civiltà per esprimere un forte contrasto alla camorra e alla illegalità. Sarebbe, inoltre, una scelta di libertà, di affrancamento dalla piovra camorrista e la comunità cristiana potrebbe finalmente vivere, una volta scacciata la camorra dal tempio, questa festa in maniera autentica e vera».
Un solo «Giglio», quella specie di obelischi che vengono portati in giro per la città, proseguiva il prete, «costa anche 100 mila euro e rappresenta soltanto un’ostentazione pagana e rabbiosa della forza consumistica di una lobby o di una corporazione economica. Su questa sottocultura nascono e si gonfiano gli affari che la camorra coltiva per un intero anno e che consentono guadagni enormi». Insomma, «quello di Nola è un appuntamento annuale che non ha assolutamente più nulla di religioso. La grande quantità di denaro che circola è l’unica motivazione alla base di un rito che definire pagano è un provvidenziale eufemismo per quanti lo hanno indecorosamente snaturato». Non bastasse, ecco altre accuse intorno alla «infiltrazione camorrista anche nelle associazioni che si definiscono religiose e che sono prevalentemente intitolate alla Vergine Maria, venerata come Madonna dell’Arco. Penso ai battenti o ai fujenti che, in ogni lunedì dell’Angelo, partono da Napoli e arrivano presso il santuario della Madonna, a Sant’Anastasia». Certo, spiegava, guai a fare di ogni erba un fascio: «Non tutte le associazioni “religiose” sono state conquistate e gestite dalla camorra». Tuttavia…
Non l’avesse mai scritto! Immediata risposta del sindaco Geremia Biancardi: «Invito don Aniello Manganiello a recarsi alla Procura antimafia per denunciare fatti, persone e circostanze che evidentemente ignorano il Comune, la Curia vescovile, la Procura, i carabinieri, la polizia e la Guardia di Finanza». E istantanea nota del vescovo di Nola Beniamino Depalma: non esiste «una Chiesa di frontiera come non possono esistere preti anticamorra: la Chiesa, con i suoi preti e i suoi laici, non alza barricate, allarga le braccia per accogliere tutti, anche i camorristi…». Parole così esposte a venir male interpretate da spingere il prelato a tornarci su: «Non nego che purtroppo questa nostra terra sia inquinata da logiche di malaffare che possono contaminare anche i luoghi in cui viene vissuta la religiosità: ma non posso condividere…».
La festa al centro di tante polemiche è domani. Ma forse è il caso che il dibattito, al di là di certe reazioni permalose, vada avanti anche dopo. Lo ha spiegato, nel pieno della polemica, proprio il prefetto di Napoli Andrea de Martino: «Alcuni festeggiamenti religiosi che avvengono in Campania sono stati mortificati dalla presenza della camorra e questo non deve più accadere». Ha parlato di Barra, Castellamare di Stabia, Nola, Ponticelli… Fare chiarezza è interesse dei napoletani, è interesse dello Stato, è interesse della Chiesa.
Gian Antonio Stella