Andrea Laffranchi, Corriere della Sera 22/06/2012, 22 giugno 2012
IL RITORNO DI CATERINA - «S
ono un po’ tesa…». E chi non lo sarebbe? Caterina Caselli torna su un palco dopo più di 40 anni. Salvo ritorni «minori» — un Sanremo nel 1990 o la rivisitazione della sua «Insieme a te non ci sto più» per il film Arrivederci, amore ciao del 2006 — l’ex casco d’oro, oggi manager e talent scout che ha scoperto artisti come Bocelli, Elisa e Negramaro, si era ritirata dalla scena musicale nel 1975. Ma già da qualche anno, complice il matrimonio e la nascita del figlio Filippo (40enne oggi alla guida della casa discografica di famiglia), aveva deciso di non fare più spettacoli live.
Ritornerà a cantare lunedì. L’occasione è il Concerto per l’Emilia, lo show benefico in favore delle popolazioni terremotate, messo in piedi da Beppe Carletti dei Nomadi che lunedì al Dall’Ara di Bologna riunirà tutte le star local (tranne Vasco): Ligabue, Pausini, Zucchero, Guccini, Morandi, Nomadi, Cremonini, Carboni, Nek, Bersani, Stadio, Belli, Modena City Ramblers e Cisco, Griminelli e Mingardi.
Chi l’ha convinta al grande passo?
«Carletti mi ha invitata dicendomi che gli sarebbe bastata la mia presenza. Gli ho detto "vengo e canto" e nel momento stesso ho pensato "ma che ho detto?". È stata una scelta dettata dal cuore».
Ripensamenti?
«Sono del segno dell’Ariete e mi sono lasciata trasportare. Era una scelta irrinunciabile, mi sarei sentita una traditrice se fossi tornata indietro. I primi passi della mia vita li ho mossi lì. Anche quelli canori: da dilettante ho suonato in tutti quei paesini».
Lei è nata a Modena ed è cresciuta a Sassuolo. Ha ancora legami con la sua terra?
«Mia mamma vive ancora a Modena: dopo il sisma sono riuscita a farla venire a Milano solo tre giorni poi è tornata a casa. Anche mia sorella e i miei nipoti vivono lì. Una delle mie amiche più care sta a Sassuolo. Conosco medici che sono impegnati 22 ore al giorno per assistere la popolazione. Insomma, sento di appartenere a quella gente. Potrei parlare in dialetto, anche perché fino a che non sono andata alle elementari ho sentito più quello dell’italiano».
La scelta è fatta. Paura?
«Non sarò da sola, salirò sul palco con il mio vecchio amico Francesco Guccini e in caso di necessità so che il suo sguardo mi sarà utile».
Cosa canterete?
«Quando ho deciso che avrei partecipato l’ho chiamato e gli ho proposto di fare "Per fare un uomo", una sua canzone che ho cantato anche io negli anni Sessanta. "Perbacco" ha risposto lui. La faremo nella versione originale con la frase "per fare un bimbo un’ora d’amore". All’epoca venne censurata con "l’illusione di un’ora d’amore"».
Se qualcosa andasse storto si difenderà dietro un «Nessuno mi può giudicare»?
(ride e cita un altro dei suoi successi) «Forse meglio chiedere "Perdono"».
Si ricorda il suo ultimo concerto?
«Mi ricordo una sera a Bologna nel 1969. Tanta gente. E altre tappe con trasferimenti in auto da Milano a Cosenza e ritorno. I tour non erano organizzati. Arrivava una richiesta e si partiva. Ma non ho la percezione esatta dell’ultima volta».
Non fu un ritiro pianificato?
«Non ricordo di aver detto: questo è il mio ultimo concerto. Ma da tempo sognavo di vivere un periodo diverso, con altre e precise priorità. Mi ero innamorata e nel 1970 mi sono sposata (con il discografico Piero Sugar ndr)».
Da allora non le sono mancati il rapporto con il pubblico e l’emozione del palco?
«Un po’ sì, ma la fortuna mi è venuta in aiuto. Rimanendo a lavorare nel mondo della musica mi sono dedicata agli altri artisti. E mi è rimasto il desiderio di fare, ho cercato di dare agli altri quello che avrei voluto per me. Ci ho messo passione e, senza volerlo, ho trovato una compensazione. Ho avuto altre soddisfazioni, ma certamente l’emozione liberatoria ed entusiasmante del palco non l’ho più avuta».
E che emozioni ci saranno questa volta?
«Come si fa a saperlo? C’è un gap di oltre 40 anni… Lo capirò dopo».
Restiamo nel passato. Ha scordato l’ultimo concerto, ma il primo?
«Avevo 14 anni, ero grassa e vestita di rosso. Era uno spettacolo al teatro parrocchiale di Fiorano organizzato dal maestro Ivo Callegari, il mio insegnante di canto, con la sua orchestra e tutti noi allievi».
Un flash?
«Ero una scatenata. Cantai "Il tuo bacio è come un rock" e "Tintarella di luna". Ricordo i ragazzi che facevano roteare in aria le giacche. Ma di quegli esordi ricordo molti dettagli: le balere, le madri che accompagnavano le figlie, si facevano quattro balli e poi c’era il riposo e poi altri quattro, i ragazzi ci venivano a chiedere i lenti…».
Torniamo al concerto di lunedì. Come si sta preparando?
«Non sono allenata. E le corde vocali, come i muscoli dei calciatori, deve essere preparata. Faccio vocalizzi. Non sarà una passeggiata».
E se le tornasse la voglia di cantare?
«E chi lo sa. Di sicuro tornerei a prendere lezioni».
Andrea Laffranchi