Cristina Sivieri Tagliabue, Sette 22/6/2012, 22 giugno 2012
I MESTIERI NORMALI CHE NESSUNO VUOLE PIÙ
Non è l’arrotino né l’ammazza salmoni. Non è il pulitore di sigmoidoscopio né l’allevatore di larve. Non è il venditore di bandiere per tifosi né l’assaggiatore di vermi, non è il telefonista (o la telefonista) a luci rosse né il controllo qualità delle siringhe. Non è per fare questi mestieri, annoverati tra i “Cento lavori orrendi” dal giornalista inglese Dan Kieran e perseguitati da amabili chiacchiere su Internet, che non si trova personale in Italia.
Nel Belpaese bamboccione in cui il 43% dei giovani trova lavoro grazie alla famiglia, sono i mestieri a volte più comuni e semplici a non trovare un numero sufficiente di persone disposte a svolgerli.
Le professioni maledettamente normali sono vacanti perché in pochi le esercitano, perché c’è concorrenza e le imprese si rubano i candidati, perché mancano le strutture formative, perché bisogna prima fare esperienza. Ma come si fa a fare esperienza se non c’è nessuno che te la fa fare?
Le cifre. Strano ma vero, ci mancano il commesso, il contabile o il cameriere. Si cercano segretari ed elettricisti, personale addetto alla gestione dei magazzini e muratori di mattone e di pietra. Si fa la corte a cuochi e camerieri, addetti all’accoglienza e all’assistenza clienti. Si farebbero carte false nel mondo dei servizi e degli addetti alla pulizia, ma mancano anche parrucchieri, estetisti, e baristi.
Secondo un’indagine di Unioncamere elaborata dal Gruppo di Studio Datagiovani, nel primo semestre di quest’anno i posti vacanti per i ragazzi sotto i 30 anni erano più di 124mila. Certo meno dello scorso anno, in cui nello stesso arco temporale i posti disponibili erano 140mila, ma comunque un numero elevato.
Che non sono i ruoli dei capi perché troppo giovani capi non si può essere. Ma sono comunque figure che richiedono ingegneri e architetti, tecnici marketing e vendite, professioni nel mondo della sicurezza e anche conduttori d’impianti. Professioni, tutte, nell’ambito del commercio, dell’industria e dei servizi alle imprese in cui la domanda non incontra l’offerta. In cui la ruota gira al contrario rispetto al generale quadro drammatico della disoccupazione: i posti di lavoro ci sarebbero, ma manca la voglia, o le capacità, per occuparli.
In una prospettiva sfasata come questa è facile incontrare imprenditori come Jacopo Silva, amministratore delegato delle aziende del gruppo di famiglia, in perenne ricerca di personale. «Ci si ruba i carrozzieri gli uni con gli altri. E non si trovano mai. A meno di offrire remunerazioni più alte rispetto al mercato», spiega il “giovane” 39enne veneto. «Noi ci occupiamo di vendita e di riparazione d’auto e c’è una scuola a Padova che prepara futuri meccanici. Pensi che dobbiamo prenotare un anno prima il profilo del ragazzo di cui abbiamo bisogno, perché l’anno del diploma sarebbe troppo tardi».
Il contratto nazionale del commercio prevede 14 mensilità e un netto mensile di 1.200 euro, giusto per cominciare. «Ma si può arrivare fino a 1.600-1.700 euro in pochi anni, se sei bravo», spiega Silva. «La questione è un’altra. Questi lavori vengono sempre descritti o immaginati senza mai rendere loro i meriti che hanno: oltre a una discreta possibilità di guadagno offrono anche stimoli e soddisfazioni, e il vantaggio di svolgersi solitamente in ambienti umanamente ricchi e piacevoli, dove non ci sono particolari ragioni di stress, ma relazioni umane da coltivare e che, non di rado, sfociano in vere amicizie. Ma se i ragazzi individuano questo mestiere come un’attività sminuente e di soli sacrifici, è impossibile che lo prendano in considerazione. Eppure il carrozziere non è un mestiere di fatica. Bisogna solo saperlo fare».
Le scelte. A creare idee distorte nella visione dei mestieri il contributo della tv è notevole: ci sono soltanto ispettori privati, carabinieri, poliziotti, giornalisti, avvocati, magistrati e professori. «Oggi l’importante per i ragazzi è sì trovare un lavoro, ma soprattutto mantenere uno status», spiega Paola Profeta, professoressa associata di Scienza delle finanze all’Università Bocconi. «E allora meglio a casa mantenuti dai genitori che non guadagnare qualche soldo con un lavoro stagionale, magari rimboccandosi le maniche e facendo i camerieri».
E invece «nel Paese fanalino di coda d’Europa per il livello di studi», continua Paola Profeta, «in cui i laureati sono soltanto il 15% della popolazione, si potrebbero prendere in esame senza drammi anche mestieri umili, almeno per periodi temporanei. E poi, valorizzare i percorsi più tecnici. In Germania, per fare un esempio, ci sono scuole di alta formazione anche per l’artigianato. Che in Italia mancano».
Secondo Michele Pasqualotto, responsabile di Datagiovani, il problema è «il disorientamento dei giovani e delle loro famiglie di fronte a un percorso d’istruzione. La realtà è che pochi sanno che lavori ci sono là fuori, e ancora meno quali siano gli studi con le maggiori probabilità occupazionali».
E allora, tutti all’università. Ma quegli italiani che hanno fatto il liceo e non sono poi arrivati alla laurea perché hanno abbandonato gli studi che fine fanno? «Reinventarsi non è semplice perché il mercato è sempre più qualificato», spiega un giovane che cerca giovani, Marco Marlia, 33 anni, di Kerios Group, «anche se conosco un paio di sviluppatori il cui percorso è nato così. Io sono sempre alla ricerca di talenti, che non dipendono da quanto hai studiato, sia chiaro, ma dalla bravura e da quanto lavori. Su Internet, in particolare, credo che una persona in gamba possa rendere anche 10 volte di più di una persona normalmente brava. Lo stipendio entry level di uno sviluppatore è di 1.200 euro al mese per 14 mensilità. Poi abbiamo i bonus e gli obiettivi trimestrali. Non è un lavoro “umile”, è un lavoro tecnico. Ma… a trovarli!».
Stessa solfa per un’altra impresa poco Internet e molto green: «Ecosafe ha 14 dipendenti ma è in crescita», racconta Franco Arborio, amministratore delegato. «Cerchiamo addetti alla qualità del prodotto, alla gestione ambientale e alla sicurezza: bisogna aver studiato in modo specifico per ricoprire questi ruoli che partono dai 1.000 euro al mese e arrivano fino a 1.600. Persone preziose, che cerchiamo col lumicino».
Cristina Sivieri Tagliabue