Rita Querzé, Sette 22/6/2012, 22 giugno 2012
MILANO, CITTÀ ACCHIAPPA TALENTI
Ci sono anche sorprese positive, con la crisi. Milano, per esempio, si sta scoprendo una città che sa combattere. Deposti gli arnesi arrugginiti della retorica celebrativa sulla “locomotiva lombarda”, si moltiplicano le proposte, le idee e anche le iniziative concrete per difendere la storica leadership del territorio in materia di lavoro e innovazione.
Milano vuole restare la città dei talenti. In Italia (e questo non è così difficile, visto che il resto del Paese ha spesso problemi maggiori). Ma soprattutto in Europa. Perché nel capoluogo lombardo tutti sanno che la vera sfida è uscire dalla crisi tenendo il passo delle aree metropolitane più sviluppate del continente.
Una proposta è uscita durante le assise annuali di Assolombarda, la più importante associazione territoriale di Confindustria. Il presidente, Alberto Meomartini, ha indicato una strada per favorire le assunzioni dei giovani. «Con la riforma delle pensioni molti dovranno stare più a lungo al lavoro. Le imprese, di conseguenza, sono costrette a rimandare l’ingresso di neodiplomati e neolaureati», fa il punto della situazione Meomartini. «Tra i nostri associati ci sono multinazionali disponibili a concedere il part-time ai senior che optano per un’uscita soft e nello stesso tempo ad assumere per ciascun veterano a mezzo servizio un giovane al primo impiego».
Unico punto debole: chi paga il 50 per cento dei contributi che viene a mancare ai senior part time? «Chiediamo al governo un intervento in questo senso», risponde Meomartini. «Si tratterebbe di risorse contenute. Impiegate per un ottimo ritorno».
Il progetto potrebbe riguardare diverse centinaia di assunzioni, forse migliaia. Tra le multinazionali interessate, Ibm, 3M, Bayer e gruppo Campari. Il sindacato non si mette di traverso, tutt’altro. «Fatto salvo che la scelta per il part time dovrebbe essere volontaria e non obbligata, come del resto già precisato da Assolombarda, mi pare una strada da tentare», commenta Onorio Rosati, a capo della Camera del Lavoro della metropoli.
Mondo alla rovescia. La Cgil al fianco degli industriali? Non è il mondo alla rovescia? A Milano succede. Il cosiddetto “rito ambrosiano” tiene da anni. E adesso che bisogna trovare il modo di uscire insieme dal guado pare diventato ancora più solido.
Il ruolo dell’amministrazione. Il Comune ci mette del suo. Palazzo Marino ha promosso un “tavolo per lo sviluppo” dove la municipalità si confronta con tutte le rappresentanze delle forze economiche territoriali, dalla potente categoria dei commercianti passando per artigiani, industriali e sindacato.
Tutti questi attori hanno chiaro un punto chiave: bisogna convincere Roma che non si può lasciare andare alla deriva la più grande eccellenza territoriale italiana in materia di lavoro. «Qui non si tratta di fare regali a Milano ma di avere la consapevolezza che un territorio forte, in grado di stare al passo con le parti più sviluppate del continente, fa da traino per tutto il resto del Paese», dicono i rappresentanti del mondo produttivo con una sola voce.
La richiesta che si leva verso Roma è anche un’altra. E viene da Palazzo Marino, la sede dell’amministrazione di centrosinistra guidata da Giuliano Pisapia: «Come Comune abbiamo stanziato 400 mila euro per agevolare le imprese dei talenti che tornano a Milano dopo essersi trasferiti all’estero», racconta l’assessore al Lavoro, Cristina Tajani. «Ma non basta, servono sgravi fiscali per le nuove aziende ad alto contenuto tecnologico».
Anche in questo caso l’appello è bipartisan. «Se non seminiamo oggi nuove imprese domani non avremo frutti da raccogliere in termini di ricchezza e occupazione», rincara Carlo Masseroli, capogruppo del Pdl nel consiglio comunale milanese. «Sia chiaro, però, che una volta dati gli sgravi la pubblica amministrazione deve togliersi dalle scatole. E non porre vincoli alla libera iniziativa».
Ma Milano non guarda solo a Roma e ai provvedimenti per lo sviluppo. Si fa largo anche un’idea di coordinamento delle iniziative che sul territorio cercano di aiutare le nuove imprese. I cosiddetti “incubatori”.
«Un ruolo importante potrebbe essere svolto dal Comune», incita Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica sociale all’Università Cattolica e presidente di I-talents, associazione che si batte per agevolare il ritorno dei talenti in città. «Serve un grosso progetto che sia anche un segnale simbolico per i cittadini».
Cittadella della tecnologia. Per quanto riguarda i settori dell’eccellenza futura, è lo stesso sindacato a individuare alcune potenzialità. «Non sarebbe campata per aria una cittadella delle telecomunicazioni nelle aree lasciate libere dopo la fine dell’Expo 2015», auspica Onorio Rosati, a capo della Cgil milanese. «La città della Salute che sta per nascere può favorire un polo della ricerca. Poi, verso Sesto San Giovanni, promette bene il distretto della Green Economy».
In tutto questo fermento, in questa elaborazione di proposte e di idee, un nodo resta lontano dall’essere sciolto. Parliamo delle retribuzioni di molti dei talenti che fanno grande Milano. «La finanza e le società di consulenza continuano a pagare decentemente i giovani. Ma nella pubblicità, nell’editoria, nel design anche i più promettenti faticano a ricavare di che mantenersi, pur lavorando dodici ore al giorno», fa notare Eleonora Voltolina della Repubblica degli stagisti.
Non stanno meglio i lavoratori autonomi. «La riforma del lavoro aumenta i versamenti contributivi a nostro carico», aggiunge Anna Soru di Acta, associazione dei consulenti del terziario avanzato, che a Milano sono numerosissimi. «Così si uccide chi cerca di inventarsi un lavoro».