Carlo Bonini, la Repubblica 21/6/2012, 21 giugno 2012
“SE SA QUALCOSA PARLI” I PM A CACCIA DI PROVE SUI SOLDI DELLA MARGHERITA
ROMA — Se hanno un senso le ultime parole che ha pronunciato da libero — «Quando ho parlato, non mi hanno creduto. Ma volendo, c’è ancora molto ancora da dire e da approfondire» — la storia di Luigi Lusi, ragionevolmente, potrebbe non finire qui. E da oggi, primo giorno ipoteticamente utile per l’interrogatorio di garanzia in carcere del gip Simonetta D’Alessandro, l’inchiesta che lo ha travolto potrebbe prendere un ennesimo giro e non chiudersi necessariamente entro la fine di luglio, come pure la Procura di Roma aveva sin qui ragionevolmente stimato. In discussione, infatti, non sono tanto i numeri dell’appropriazione indebita che viene contestata all’ex tesoriere della Margherita. Una tombola oggi attestata tra i 25 e i 28 milioni di euro, che pure potrebbe salire ancora non appena la Guardia di Finanza e la Banca d’Italia avranno
completato il lavoro di tracciamento delle centinaia di “assegni liberi” (vale a dire con beneficiario in bianco) staccati nel quinquennio 2007-2011 e il Canada deciderà se rispondere o meno alle rogatorie avanzate sui conti della “Luigia ltd”, la scatola utilizzata da Lusi per convogliare il denaro succhiato dalle casse del Partito. In discussione, potrebbe tornare quel «contesto di spese opache » del Partito nuovamente evocato nel dibattito di ieri in Senato e documentato dall’archivio consegnato al procuratore aggiunto Alberto Caperna e al sostituto Stefano Pesci il 23 maggio scorso da Francesca Fiore, l’ex segretaria del tesoriere. In quel file “excel” — ha argomentato in queste ultime settimane il senatore — sarebbe la “prova” o quantomeno “l’indizio” del patto di spartizione tra capi- corrente delle risorse del partito e la loro destinazione non sempre “politicamente apprezzabile”. Dalle multe saldate a Fioroni,
alle spese telefoniche di Francesco Rutelli, al saldo delle fatture della società catanese “M&S Congressi” su indicazione di Bianco.
Insomma, da oggi l’inchiesta su Lusi potrebbe diventare un’indagine a più ampio spettro sull’uso che dei suoi fondi ha fatto la Margherita. «Ma questo dipende solo da lui», chiosa una qualificata fonte inquirente. «Gli accertamenti su quell’archivio elettronico — aggiunge — sono stati immediatamente disposti e sin qui, francamente, non sono emersi profili di rilevanza penale. Il punto, dunque, resta quello che venne già affrontato senza risultato nel suo secondo interrogatorio: Lusi è in grado di indicare nomi e circostanze precise che configurino altre appropriazioni indebite? E’ in grado di indicare distrazioni di denaro dalle casse del partito per usi che con la politica non hanno nulla a che vedere? Fin qui non lo ha fatto. Ma se è cambiato qualcosa lo capiremo presto».
Detta altrimenti, il discrimine che la Procura si è dato, la bussola con cui orientare i nuovi interrogatori cui Lusi sarà sottoposto, questa volta da detenuto, resta quello per cui «un’inchiesta penale deve accertare reati e non può diventare una ricognizione di scelte che restano nella piena discrezionalità della politica» e buone semmai per una commissione parlamentare di inchiesta. La Procura non sembra insomma intenzionata a fare il lavoro che la Politica sin qui ha rinunciato a fare: dare conto di ciò che pur essendo penalmente lecito è politicamente censurabile.
Un fatto è certo: l’ingresso in carcere di Lusi è l’ultima chiamata per scoprire se il «discreto silenzio » di questi 5 mesi che ancora ieri ha voluto evocare nell’aula del Senato, nasconda un bluff, una ennesima generica indicazione sulle «distorsioni del Sistema» o qualcos’altro.