ILARIA MARIA SALA, La Stampa 22/6/2012, 22 giugno 2012
Perché il Dalai Lama fa paura? - È stato «dietrofront»: niente cittadinanza onoraria di Milano al Dalai Lama
Perché il Dalai Lama fa paura? - È stato «dietrofront»: niente cittadinanza onoraria di Milano al Dalai Lama. Le pressioni cinesi hanno prevalso e il Consiglio comunale ha preferito desistere. Ma che cosa vuole dire Dalai Lama? Il termine viene reso più o meno con «insegnante oceanico», dal termine mongolo per «mare», Dalai. Lama, parola tibetana, significa monaco insegnante. Il titolo Dalai Lama venne usato per la prima volta nel 1578 da Altan Khan, sovrano della Mongolia che si era convertito al Buddhismo tibetano dal XIII secolo, e indica la reincarnazione. L’attuale Dalai Lama ne è la 14ª reincarnazione. E’ il nome della massima carica spirituale della setta dei Gelupka, la principale setta del Buddhismo tibetano, anche chiamato Lamaismo o Buddhismo tantrico. Quindi qual è il suo vero nome? Il 14° Dalai Lama è Lhamo Dondrub, poi chiamato Tenzin Gyatso, nato nel 1935 nell’Amdo (oggi parte della regione cinese del Qinghai) e identificato come reincarnazione di Avalokiteshvara due anni dopo, per quanto abbia assunto in pieno il suo ruolo nel 1950, a quindici anni. Perché non vive in Tibet? Il Tibet è uno di quei luoghi che sono rimasti schiacciati dal sistema degli stati-nazione, e dopo essere stato per secoli un Paese isolato, si è ritrovato ingarbugliato nella spartizione della regione himalayana fra interessi coloniali europei (in particolare britannici), volontà di sovranità cinese (l’ultima dinastia cinese considerava il Tibet un suo protettorato) e quasi totale indifferenza di tutti gli altri. Nel 1947 i passaporti tibetani erano riconosciuti come validi in Europa. Ma dopo l’espulsione di tutti i cinesi dal Tibet nel 1949, poco prima della vittoria dell’Esercito di Liberazione del Popolo guidato da Mao Zedong contro i nazionalisti di Chiang Kai-shek, la decisione di conquistare il Tibet venne presa da Pechino. L’anno dopo 40 mila soldati cinesi arrivarono sull’altipiano, e l’esercito tibetano non fu in grado di difendere il Tibet. Seguirono nove anni di progressiva invasione e di soppressione armata di ogni tentativo di rivolta tibetana. Nel 1959 le cose si misero talmente male da convincere il Dalai Lama a fuggire in India, dove l’allora Primo Ministro Nehru diede asilo a lui e al suo seguito. Da allora, il Dalai Lama non ha più potuto tornare in Tibet. E allora dove risiede? A Dharamsala, nell’Uttar Pradesh, un’ex stazione di collina coloniale chiamata anche la piccola Lhasa, dato che è abitata da migliaia di tibetani fuggiti dalla Cina negli ultimi cinquant’anni anni o nati in India. E lì c’è anche la sede del governo tibetano in esilio e numerosi monasteri tibetani. Dunque il Dalai Lama è una figura politica? Dallo scorso anno il Dalai Lama ha rinunciato a tutte le cariche politiche ufficiali, dopo aver promosso l’idea che venisse eletto un Primo Ministro tibetano tramite suffragio universale fra la comunità in esilio. E’ stato eletto Lobsang Sangay, avvocato tibetano nato in esilio in India, divenuto il Kalon Tripa, la massima carica politica tibetana. Il Dalai Lama vuole ora essere solo una figura spirituale, per quanto questo sia in contraddizione con i suoi frequenti viaggi all’estero nel corso dei quali incontra di frequente capi di stato e altre cariche politiche internazionali. La Cina come lo vede? Pechino di solito copre la figura del Dalai Lama di insulti, chiamandolo «lupo in vestiti da monaco». Tutti i tentativi di dialogo fatti finora, come le mediazioni portate avanti da numerosi Paesi terzi, si sono concluse con un nulla di fatto. Secondo gli osservatori Pechino spera che, con la morte del Dalai Lama, il problema tibetano sarà pressoché risolto perché la comunità tibetana in esilio non potrà contare su un altro leader così carismatico. E il resto del mondo invece? Nel 1989 il Dalai Lama ha ottenuto il Premio Nobel per la Pace, per i suoi anni di lotta non-violenta al fine di ottenere l’autonomia che, in teoria almeno, Pechino ha promesso al Tibet. Alcuni fanno notare che fino al 1971 la Cia sponsorizzò un piano di guerriglia anticinese, di cui il Dalai Lama era a conoscenza, e che dunque per questo non è sempre stato pacifista. Ciò nonostante, grazie alla sua influenza, le ribellioni violente contro la Cina sono state tenute sotto controllo: non tutti pensano che questo potrà essere mantenuto dopo la sua scomparsa. Cosa riserva il futuro? Il Dalai Lama ha affermato che la sua reincarnazione potrà avvenire anche fuori dalla Cina, e sta valutando la possibilità di selezionarla da vivo. Il governo cinese, per quanto ufficialmente laico, ha già detto di non voler sentir parlare di quest’ipotesi e di voler selezionare dei quadri del Partito Comunista che presiederanno all’identificazione del nuovo Dalai Lama, come già avvenuto con il Panchen Lama, la seconda massima carica spirituale tibetana e il maestro tradizionale del Dalai Lama. Il bambino selezionato come reincarnazione del Panchen Lama è sparito nel 1995, all’età di sei anni, e subito dopo Pechino ha nominato un suo Panchen Lama educato dal Partito, non riconosciuto dal Dalai Lama.