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 2012  giugno 28 Giovedì calendario

ADDIO ALLE OSTRICHE DEL PACIFICO

Ogni anno i combustibili fossili sprigionano nell’atmosfera 35 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Uno degli effetti di queste emissioni è il cambiamento della composizione chimica degli oceani che diventano sempre più acidi. Un nuovo studio, che si è concentrato sulle acque della costa occidentale degli Stati Uniti, rivela che nei prossimi quarant’anni l’aumento dell’acidità potrebbe avere gravi conseguenze sull’intero ecosistema – uno dei più eterogenei al mondo – con ripercussioni sui milioni di persone che lavorano nel settore della pesca commerciale.
Circa un terzo dell’anidride carbonica immessa nell’atmosfera finisce nello strato supericiale dell’oceano, dove reagisce con l’acqua creando acido carbonico e sprigionando ioni di idrogeno con carica positiva che ne fanno aumentare l’acidità. Dall’era preindustriale l’acidità del mare è aumentata del 30 per cento. Per il 2100 si prevede che potrebbe aumentare di un altro 150 per cento.
La diminuzione del pH dell’acqua marina riduce la quantità di ioni carbonati, che molti animali marini usano per costruirsi il guscio e lo scheletro combinandoli con il calcio per creare il carbonato di calcio. La minore disponibilità di carbonato fa a sua volta ridurre il cosiddetto punto di saturazione dell’aragonite, che è una forma di carbonato di calcio facilmente solubile usata da organismi come le larve dell’ostrica per fabbricarsi la conchiglia. Se il punto di saturazione dell’aragonite scende al di sotto di un valore pari a uno, dando vita alla sottosaturazione, tutti i gusci di carbonato di calcio si sciolgono. I problemi, però, emergono anche prima. Se il punto di saturazione dell’aragonite scende al di sotto di 1,5 le larve dell’ostrica non riescono a recuperare abbastanza aragonite per costruirsi la conchiglia nei primi giorni di vita e muoiono rapidamente.
Questi cambiamenti sono particolarmente preoccupanti in alcune regioni, come quelle lungo gran parte della costa ovest degli Stati Uniti, dove i venti soiano verso il largo facendo salire in supericie l’acqua profonda già ricca di anidride carbonica dissolta prodotta dai microbi che si cibano di alghe decomposte e di altre materie organiche.
La corrente Gli oceanograi, però, non avevano ancora ben chiaro come l’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera interagisse con l’acqua che risale naturalmente. Per lo studio, quindi, l’équipe di Nicolas Gruber, un biogeochimico marino del Politecnico federale di Zurigo, ha analizzato cosa potrebbe succedere nella regione di risalita nota come corrente californiana servendosi di un modello computerizzato che mette in relazione quello che succede nell’atmosfera e nell’acqua. Poiché il modello si concentra- L’aumento dell’anidride carbonica rende gli oceani sempre più acidi. Con gravi conseguenze per gli animali a guscio e per interi ecosistemi.
Il caso della California Robert F. Service, Science, Stati Uniti CHIara DattoLa va sulla corrente californiana, Gruber e i colleghi sono riusciti a ottenere un livello di dettaglio 400 volte superiore a quella dei modelli tradizionali. Il team svizzero ha vagliato diverse ipotesi di emissioni di anidride carbonica nei prossimi quarant’anni collegandole all’anidride carbonica prodotta nel mare con la respirazione.
L’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera farà rapidamente aumentare la quantità di acque sottosaturate nei primi sessanta metri dell’oceano, dove vivono quasi tutti gli organismi. Nell’era preindustriale in quello strato d’acqua le condizioni di sottosaturazione di fatto non esistevano.
oggi, sostiene Gruber, ci sono ogni tanto, tra il 2 e il 4 per cento dell’anno. E nel 2050 le acque di supericie della corrente californiana saranno sottosaturate per la metà dell’anno. La saturazione dell’aragonite potrebbe scendere sotto 1,5 per buona parte dell’anno condannando le ostriche del Pacifico (che alimentano un’industria da 110 milioni di dollari all’anno) e altri organismi con il guscio sensibili ai cambiamenti dell’acidità dell’oceano. Un’altra specie a rischio è quella dei molluschi chiamati pteropodi, una fonte di cibo vitale per i giovani salmoni.