Katie Glass, The Sunday Tomes, Gran Bretagna, Internazionale 28/6/2012, 28 giugno 2012
MATRICOLE IN FUGA
In Gran Bretagna le tasse universitarie hanno raggiunto livelli esorbitanti. E sono
sempre di più gli studenti che si laureano all’estero. Tra le destinazioni preferite c’è
Maastricht: rette ragionevoli, ambiente cosmopolita e birra a buon mercato–
In una delle città più antiche e più conservatrici dei Paesi Bassi, su una tranquilla strada lastricata di ciottoli e circondata da chiese e campanili, c’è un cartello stradale inemente decorato. Questa domenica qualcuno ci ha messo sopra un cono spartitraico. Le famiglie olandesi a passeggio, vestite in modo inappuntabile, guardano inorridite. Quello che è successo può voler dire solo una cosa: sono arrivati gli studenti dalla Gran Bretagna. Ma cosa li ha attirati proprio qui? Negli ultimi tempi le rette delle università britanniche (fatta eccezione per quelle scozzesi, che sono gratuite per chi ha la fortuna di essere scozzese) sono aumentate ino a novemila sterline all’anno (circa 11mila euro).
Quest’anno l’Ucas (l’uicio che raccoglie e smista le richieste di iscrizione alle università in Gran Bretagna) ha registrato un calo delle domande degli studenti britannici pari all’8,7 per cento rispetto al 2011.
Lo scorso anno 22mila studenti del Regno Unito hanno frequentato un corso di laurea all’estero. Molti hanno scelto gli Stati Uniti, il Sudafrica o l’Australia, dove si parla inglese e il tempo è bello. Ma qualcuno ha avuto un’idea migliore: in Europa, al prezzo di un volo low cost o di un viaggio in Eurostar, ci sono atenei che tengono interi corsi di laurea in inglese a prezzi abbordabili. Perché spendere 30mila sterline per un corso triennale quando ci si può laureare per molto meno nei Paesi Bassi? All’università di Maastricht, in particolare, gli studenti britannici sono sempre più numerosi. Dal 2009 al 2011 le iscrizioni sono più che raddoppiate, passando da 84 a 191. E quest’anno, stando alle previsioni, faranno domanda più di 400 ragazzi britannici. I professori sono entusiasti. “Ci piace il premier David Cameron”, dice Teun Dekker, vicepreside dell’università di Maastricht. “Sta facendo un ottimo lavoro per l’integrazione europea: aumentando le rette, spinge gli studenti a valutare tutte le alternative possibili”.
Uno dei primi studenti a scegliere la città olandese è stato Luc Delany, 30 anni, che nel 2005 ha preso una laurea triennale in lettere, con indirizzo in studi europei, e adesso lavora a Londra, dove si occupa delle strategie di Facebook per l’Europa. “È un vero apprendistato per il lavoro. Sicuramente molto più utile delle lezioni in Gran Bretagna, dove ci si può nascondere all’ultimo banco di un’aula a giocare ad Angry Birds”, spiega. “Maastricht è la novità del momento, ma è una delle migliori università in Europa da sempre”.
Paul O’Hagan ha 32 anni e si è laureato a Maastricht nel 2007 con un corso quinquennale.
Oggi si occupa di politiche pubbliche a Londra per l’organizzazione Business for New Europe. “Nei Paesi Bassi c’è un approccio più progressista alla didattica: è tutto meno teorico. Si lavora in gruppo, si discute. In Gran Bretagna si sa poco o nulla di Maastricht, ma a Bruxelles la sua università è molto conosciuta e rispettata”.
Una grande opportunità Maastricht ha un reticolo di strade acciottolate illuminate da vecchi lampioni, con le case afacciate direttamente sulla Mosa. Il centro è pieno di piccoli alberghi di lusso, gallerie d’arte, boutique e ristoranti eleganti.
Le facoltà sono sparse all’interno di ville, chiese e conventi rimessi a nuovo. I potenziali studenti in visita con i genitori si riconoscono molto facilmente. I ragazzi portano i capelli stile boy band, mentre i padri borbottano dei costi contenuti delle rette.
Callum Bramley è venuto a Maastricht con la famiglia. Hanno tutti l’aria smarrita.
L’idea di scegliere i Paesi Bassi è venuta al nonno del ragazzo, che ha visto un documentario in tv sull’università di Maastricht in cui si spiegava che i costi sono molto più bassi che in Gran Bretagna. “È una grande opportunità”, commenta il padre di Callum.
A Maastricht la retta annuale dell’università è di 1.700 euro. Il costo della vita è basso (250 euro al mese per un appartamento, quattro euro per una birra) e se uno studente accetta di lavorare per otto ore alla settimana, l’amministrazione locale olandese gli paga un sussidio di 265 euro al mese (in qualità di “residente non nativo economicamente produttivo”). Callum potrà laurearsi senza contrarre debiti. Sua madre Janet si augura che Maastricht “gli dia un vantaggio”. “Spero che Callum abbia spirito d’iniziativa”, dice, “e che impari un paio di lingue”. Quando gli chiedo se pensa di mettersi a studiare l’olandese, Callum mi risponde con aria nervosa: “Forse”.
Il presidente dell’università di Maastricht è Martin Paul, un imponente professore di farmacologia clinica. Gli chiedo perché uno studente straniero dovrebbe scegliere Maastricht. “Istruzione, istruzione e ancora istruzione”, esclama. “Dal primo giorno insegniamo agli studenti a risolvere i problemi e ad afrontare più situazioni alla volta”. All’università di Maastricht si usa la didattica chiamata “apprendimento per problemi”: le lezioni consistono in una serie di domande a cui gli studenti devono rispondere lavorando in gruppo. È così che oggi lavora la maggior parte delle aziende.
Non è un caso se Facebook e Google reclutano molti laureati dall’ateneo di Maastricht.
“L’istruzione che ricevi qui ti prepara per il mercato internazionale del lavoro”, spiega il professor Paul. Il 90 per cento dei laureati di Maastricht trova un impiego dignitoso entro sei mesi dalla laurea. “E un lavoro che ha che fare con quello che hanno studiato”, sottolinea Paul. “Non vanno certo a lavorare da McDonald’s o a fare i tassisti”.
A Maastricht si tengono lezioni in lingua inglese in dagli anni ottanta e attualmente si può scegliere tra dieci corsi di laurea interamente in inglese.
“Ma non mi ha ancora parlato delle rette”, chiedo al professore, che risponde accigliandosi: “Per noi le rette non sono importanti”.
Paul ci tiene a sottolineare che l’università di Maastricht è un’istituzione seria che cerca studenti seri. “Se qualcuno viene qui solo per le rette basse e non per tutto quello che ofriamo, è meglio che si rivolga altrove”, dice con aria severa. “Ci sono modi più facili per prendere una laurea”.
L’università di Maastricht, tuttavia, è al 109esimo posto nella classiica delle migliori 700 università del mondo, 108 posizioni più in basso di Cambridge. Per fare domanda basta la suicienza agli esami di maturità: un particolare che non è sfuggito a molti studenti britannici che stanno pensando di iscriversi a Maastricht. Scott Clothier ha 17 anni e viene da Bury, vicino Manchester.
È a Maastricht con il padre. Gli sarebbe piaciuto studiare economia aziendale alla Sheield Hallam University, ma per essere ammesso i suoi voti non erano suicienti.
Ammissione a parte, c’è però una specie di mantra che qui a Maastricht ripetono tutti: “Entrare è facile, il diicile è rimanere”.
Ci sono test ogni otto settimane, e alla ine del primo anno quasi un terzo degli studenti si perde per strada. “Ho l’impressione che bisognerà impegnarsi molto”, rilette Scott. Ma poi aggiunge: “Studiare a Maastricht migliorerà il mio curriculum.
È una cosa diversa: un’esperienza di vita che molti non fanno. La città mi piace e l’università è piccola e carina”.
“Si studia parecchio e ci si diverte anche molto”, dice Sam, uno studente del primo anno, di Warrington. Sembra un ragazzo del coro della chiesa. Non è venuto a studiare qui “per motivi economici”. “Non ci ho neanche pensato quando ho fatto domanda”, spiega. Sam ha scelto i Paesi Bassi perché apprezza l’approccio “intensivo e multidisciplinare” della didattica.
Dani Older è una studentessa di 22 anni e arriva da Winchester. Con lei visito il centro storico della città. Nel cuore del borgo c’è il Vrijthof, la splendida piazza centrale, con ai due angoli la basilica romanica di San Servazio e quella gotica di San Giovanni.
Ma a Dani, che studia arte, tutto questo non sembra interessare. “So che ci sono diverse storie interessanti sulla città, ma non ne so nulla”, dice scrollando le spalle e indicando con la mano alcuni palazzi. “Aspetto sempre che mi venga a trovare un parente così posso andarmene un po’ in giro”. Il suo olandese, ammette, è abbastanza limitato: sa dire soltanto alstublieft, dank u e twee bier (prego, grazie e due birre).
Tuttavia ci sono alcuni aspetti della cultura locale che gli studenti britannici imparano inevitabilmente in fretta. “Qui si può fumare erba”, ridacchia Charlie, che ha 17 anni. Grazie alle leggi olandesi sulla cannabis e alla vicinanza al conine con la Germania e il Belgio, Maastricht è stata sempre una destinazione molto popolare tra chi ama fumare. Anche se di recente è entrata in vigore una legge che trasforma i cofee shop in club a numero chiuso, a cui possono iscriversi solo i residenti, gli studenti britannici sanno a chi rivolgersi per trovare dell’erba. Nella sala di un cofee shop Charlie e i suoi amici stanno fumando. “Mi è venuta voglia di una fetta di space cake”, ridacchia, mentre un suo amico, diventato verde in faccia, esce a prendere una boccata d’aria. “Con l’aumento delle rette in Gran Bretagna Maastricht sta attirando un nuovo tipo di studenti, che pensano di poter venire qui solo per divertirsi”, ammette Dani.
Troppi stranieri Mentre su Maastricht cala il buio, le sale delle birrerie del centro sono illuminate dalla luce delle candele che si rilette nei boccali. Ma in questi posti di studenti britannici non c’è traccia. Vanno tutti a ubriacarsi nei pub irlandesi. A Maastricht vivono 120mila persone: 14.500 sono studenti.
Sembra che stasera siano tutti allo Shamrock. Nel locale si ascolta indie rock degli anni novanta e si serve birra calda su un bancone appiccicoso dove ragazzi e ragazze buttano giù shot di un drink chiamato Cocksucking cowboy. C’è un angolo fumatori e, al bagno, c’è una tazza riservata a chi deve vomitare. Al bancone James Hughes, 22 anni, ordina uno shot di Irish lag, che sembra un miscuglio di crème de menthe e vomito. Gli chiedo perché gli piace studiare nei Paesi Bassi. “Maastricht è una città eccitante”, grida per farsi sentire sopra la musica.
“È piena di studenti”.
Nei locali le piste da ballo pullulano di teenager che si dimenano al ritmo della techno europea. “I locali qui non sono un granché”, dice ridendo Jack Rees, che ha 19 anni, arriva da Swansea e indossa una maglietta dei Metallica. Ha cominciato il corso di arte lo scorso settembre. “Il trucco è che bisogna essere molto, molto ubriachi”. Secondo Jack, Maastricht attira soprattutto “i ragazzi ricchi del sud dell’Inghilterra che non hanno voti abbastanza alti per studiare dove vorrebbero, e pensano di venire qui a spassarsela per tre anni con i soldi di papà”.
Quando i locali chiudono, alle 4 o alle 5 del mattino, gli studenti si spostano in massa.
“Le feste private sono incredibili”, assicura Kristen, studentessa del Kent al primo anno di studi europei. “E anche gli squat sono fantastici: organizzano feste negli ediici abbandonati”. Mi avvicino al iume e scopro una serie di magazzini in disuso con luci stroboscopiche che brillano dalle inestre senza vetri. Nascoste nell’ombra, le auto sono stipate di ragazzini che si passano canne dietro ai inestrini pieni di fumo.
Fuori, un trio di studentesse in maschera sta cantando. A una delle tre , travestita da mucca, chiedo se Maastricht è un bel posto per essere studenti. “Maasssssstricht!”, risponde urlando. Lungo la strada una sua amica vestita da orso ruzzola a terra.
In città l’invasione degli studenti stranieri provoca reazioni contrastanti. Maastricht è sempre stata una destinazione turistica per persone ricche. “Gli studenti non ci servono”, si lamenta la proprietaria di un negozio di formaggi. “Ce ne sono troppi. E il governo stanzia perino dei fondi per farli venire”. Il 50 per cento degli studenti dell’università di Maastricht è straniero, e il governo prevede un contributo di seimila euro all’anno per ogni studente dell’Unione europea. Nel 2008 il quotidiano Het Financieele Dagblad ha calcolato che gli studenti stranieri costano ai contribuenti olandesi cento milioni di euro all’anno. Di recente il parlamentare socialista Jasper van Dijk ha sostenuto che la maggioranza degli studenti delle università dei Paesi Bassi dovrebbe essedklgjldkfjgre olandese, per evitare che i soldi dei contribuenti vadano a sovvenzionare le lauree degli stranieri.
Al momento, però, per molti britannici Maastricht rimane un’opportunità entusiasmante: è uno dei pochi posti ancora abbastanza economici per permettere ai ragazzi di studiare e fare un’esperienza spensierata.
Come era ai tempi in cui Cameron frequentava l’università. A guardarlo bene, quel cono spartitraico piazzato sull’insegna nel cuore della città sembra un vessillo di vittoria.