Caterina Soffici, il Fatto Quotidiano 22/6/2012, 22 giugno 2012
JULIAN ASSANGE IL “PIFFERAIO” ABBANDONATO
Londra
Dove è finito l’esercito di Assange? Solo tre anni fa l’hacker australiano sembrava l’uomo più potente del mondo. Copertine, articoli, interviste. Era il guru osannato come l’unico baluardo contro i poteri forti, l’unico capace di bypassare la censura dei media tradizionali, svelare segreti insvelabili, gli altarini dei governi, i retroscena delle guerre e degli affari sporchi. Al suo seguito sembrava ci fossero truppe infinite di filantropi populisti, sognatori libertari, pattuglie di agguerriti anarchici e una rete di hacker che si giuravano pronti a premere il tasto e inondare la rete di documenti scottanti se solo qualcuno avesse osato toccare il loro beniamino. Tutti quanti insieme al Robin Hodd della notizia per aiutarlo a rivelare la verità.
Il meccanismo si è inceppato. Del rutilante vascello è sopravvissuta una sconnessa zattera di attivisti che lanciano slogan per la libertà di informazione ed espongono striscioni davanti alla cancellata dell’ambasciata ecuadoregna di Londra. A tanto è ridotto il principe dei file: rifugiato nella sede diplomatica dell’Ecuador, appeso alla decisione del presidente Correa se accettare o meno la sua richiesta di asilo politico. Nessun altro si muove per difenderlo.
L’esercito non c’è mai stato? L’esercito se l’è data a gambe? Chi lo sa. Forse era solo un bluff per garantirsi l’immunità. Forse le truppe si sono prese strizza, vista la fine di Bradley Manning, l’unico finito nelle maglie della giustizia. Presunta fonte dei documenti più scottanti di Wikileaks sulla guerra in Iraq, Afghanistan e Guantanamo, il giovane soldato americano è da due anni sotto chiave in una prigione del Maryland in attesa del processo. Il militare rischia 52 anni all’ergastolo se le accuse di tradimento verranno provate.
COLPIRE un Manning per educarne cento. Forse è questo il caso, o forse gli altri cento non esistevano neppure. Di fatto Assange da condottiero è tornato ad esser un fuggitivo. A vent’anni scappava dalla madrepatria accusato di pirateria. Oggi scappa dalla richiesta di estradizione per violenza sessuale. Secondo i sostenitori è una macchinazione americana per arrestarlo, sbatterlo in cella e buttare la chiave per sempre. Non di vera e proprio stupro si tratta, ma di rapporti sessuali non protretti seppure consenzienti. Assange si è rifiutato di usare il preservativo con due donne svedesi e questo, secondo la legge svedese, è perseguibile. Lo vogliono interrogare per capire come sono andati i fatti. Assange si è detto disponibile a farlo sul suolo britannico, perché teme che l’estradizione sia manovrata dagli Usa. La battaglia tra avvocati dura da due anni e il 14 giugno Assange ha perso il secondo ricorso alla Corte Suprema di Londra e anche un eventuale ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non avrebbe bloccato l’estradizione, prevista tra il 29 giugno e il 9 luglio.
L’inizio della disfatta di Assange si può far risalire all’agosto 2010, quando il tenebroso Julian viene ospitato in casa da una delle due donne che ora lo accusano di violenza. Appena due settimane prima Wikileaks aveva rilasciato i documenti sulla guerra in Afghanistan. Il 20 novembre parte un mandato di arresto internazionale attraverso l’Interpol. Lui intanto è approdato in Inghilterra, dove spera che il sistema giuridico posso più facilmente tutelarlo Il 7 dicembre 2010 si consegna alla polizia. Nel frattempo, ossia il 28 novembre, Wikileaks rilascia in internet i famosi 251.287 cablo della diplomazione Usa.
È l’ultima grossa fuoriuscita. Da allora il flusso si è prosciugato. Gli attivisti più o meno dileguati. Dopo qualche settimana dall’arresto Assange è stato rilasciato su cauzione, messo agli arresti domiciliari con un braccialetto elettronico. Fino all’altra sera era ospite di Vaughan Smith che ha deciso di proteggerlo per dimostrare che la Gran Bretagna è ancora il paese della libertà e della tolleranza. Ha ospitato l’australiano nella sua tenuta di Ellingham Hall dopo avergli dato casa e tribuna al Frontline Club, per giornalisti duri e puri. Ora anche lui pare avergli voltato le spalle.