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 2012  giugno 21 Giovedì calendario

LA FRANCIA CERCA DIECI MILIARDI PER IL BUDGET 2012

In Francia sta per arrivare la stangata fiscale. Dopo i provvedimenti popolari e simbolici del primo mese di presidenza Hollande, destinati anche a conquistare la maggioranza assoluta alla Camera, il Governo sta infatti preparando le misure, più concrete e decisamente meno popolari, necessarie a far tornare i conti del piano di risanamento dei conti pubblici: 4,5% di deficit quest’anno e 3% l’anno prossimo.
Il programma del presidente socialista con più poteri di sempre prevede 29 miliardi di nuove tasse, 18 dei quali a carico delle imprese e 11 dei contribuenti (in larga parte quelli a reddito più elevato). Con decisioni che verranno distribuite tra la legge di revisione del budget 2012, a luglio, e la Finanziaria 2013, in settembre.
Ma l’economia sta andando male, peggio del previsto, quindi le entrate diminuiscono, quindi servono altri soldi: 10 miliardi quest’anno (lo ha ufficialmente ammesso per la prima volta ieri il ministro dei Rapporti con il Parlamento) e oltre 40 il prossimo. Sempre che nel frattempo l’Europa non decida di allentare la morsa dell’austerità e allungare i tempi di rientro del deficit e del debito.
Come sarà distribuito questo ulteriore sforzo non è ancora chiaro, ma è evidente che saranno ancora una volta chiamati alla cassa i cittadini più agiati e le aziende, in particolare le medio-grandi.
Uno scenario che ha scatenato la reazione del Medef, la Confindustria francese. Proprio nel giorno in cui l’Insée, l’Istat d’Oltralpe, ha comunicato che la redditività delle imprese è tornata ai livelli della metà degli anni 80 e la rilevazione di Ernst&Young ha sancito la retrocessione della Francia dal secondo al terzo posto (scalzata ovviamente dalla Germania) nella classifica degli investimenti diretti esteri nei Paesi europei, la presidentessa Laurence Parisot ha apertamente accusato il Governo di essere «completamente scollegato dalla realtà in cui vivono le imprese», le quali hanno sempre più l’impressione di essere vittime «di uno strangolamento programmato». In una Francia che, con il 34%, già detiene il primato europeo del tasso d’imposizione sulle società.
A far traboccare il vaso è stato l’annuncio di un prelievo straordinario alla fonte del 3% sui dividendi e l’acquisto di azioni proprie. Un’idea geniale, ha osservato la Parisot, per allontanare gli investitori privati, fonte principale di finanziamento delle aziende. Per i quali il dividendo equivale alla remunerazione del rischio, quando non serve semplicemente a ripagare i prestiti bancari.
Il nuovo balzello, che dovrebbe garantire un introito a regime di circa 1 miliardo (300 milioni già nel 2012), si aggiunge a una lunga lista di misure che il Medef ritiene, più o meno direttamente, anti-business: l’allineamento della tassazione dei redditi da capitale (oggi forfettaria al 21%) a quella dei redditi da lavoro; il superprelievo straordinario (non ancora quantificato) sugli utili delle banche e dei grandi gruppi energetici; l’aumento del salario minimo; la tassa sulle transazioni finanziarie; l’aumento dei contributi previdenziali per finanziare l’allargamento della platea che avrà diritto alla pensione a 60 anni; la fine della defiscalizzazione del lavoro straordinario (che era un modo per ovviare all’impatto della disastrosa legge sulle 35 ore); il ripristino mascherato dell’autorizzazione al varo dei piani di ristrutturazione con riduzione di personale e addirittura l’idea di una cessione forzosa degli impianti di cui viene decisa la chiusura. Ma anche l’imposizione al 75% dei redditi superiori al milione di euro, una nuova aliquota del 45% (oggi la più alta è del 41%) per quelli sopra i 150mila euro, l’aumento della patrimoniale, il drastico peggioramento del trattamento fiscale di successioni e donazioni.