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 2012  giugno 28 Giovedì calendario

DUE VOTI PER SALVARE L’EURO

Alla vigilia delle elezioni del 17 giugno Atene è esplosa di gioia. La nazionale greca si è qualificata inaspettatamente ai quarti di finale degli europei di calcio dove, con squisito simbolismo, affronterà la Germania.
L’aspetto più importante delle elezioni, invece, è proprio il fatto che il voto ha sventato uno scontro diretto tra Grecia e Germania.
Una chiara vittoria di Syriza, la coalizione della sinistra radicale, avrebbe quasi sicuramente provocato una crisi, portando all’annullamento degli interventi di salvataggio a favore della Grecia. Con una coalizione di centro, invece, Atene potrebbe stringere un accordo che le permetta di restare nell’euro e di tirare avanti con un programma di austerità modificato. La versione economica della partita Grecia-Germania, quindi, andrà ai tempi supplementari, nella speranza che si concluda con un pareggio che salvi la faccia a entrambe le squadre.
Una tregua per i problemi della Grecia non significa però che l’Europa sia fuori dai guai. Al contrario, è evidente che Atene non è più il cuore del problema. Il destino della moneta unica sarà deciso dalla Spagna e, soprattutto, dall’Italia.
L’Europa, pertanto, dovrebbe sfruttare questa breve tregua per rivedere il suo intero approccio alla crisi dell’euro. Al momento il dibattito è fermo. I politici, soprattutto quelli tedeschi, sono esortati a prendere decisioni drastiche che favoriscano l’unione bancaria, fiscale e politica con l’obiettivo di salvare la moneta unica. La loro risposta, giustamente, è che non esistono le condizioni politiche e diplomatiche per fare un passo del genere. Ma nel frattempo si trovano davanti a una crisi finanziaria paneuropea che minaccia di pesare sempre di più sui loro bilanci nazionali. Se l’Europa non può risolvere questo problema realizzando in tempi brevi l’unione politica, dovrà pensare molto più seriamente a come tornare alle monete nazionali.
Per ora, comunque, i leader politici del continente sono ancora concentrati nel tentativo di rimandare il terribile momento in cui dovranno affrontare il problema.
Questo atteggiamento significa che un crollo dell’euro provocato dalla Grecia è sempre stato improbabile. In pratica sarebbe potuto succedere solo per scelta volontaria, visto che l’Unione europea ha abbastanza soldi per mantenere Atene nella moneta unica. Se invece la Spagna e l’Italia non riusciranno a finanziarsi sui mercati, potrebbe essere impossibile mettere insieme un fondo di salvataggio adeguato. A quel punto, la fine dell’euro diventerebbe più probabile. Per questo l’evento più significativo per la crisi dell’euro non sono state le elezioni greche, ma il fallito tentativo di salvare le banche spagnole.
Gli europei pensavano di aver concesso più di quanto si aspettavano i mercati, tirando fuori cento miliardi di euro. Ma dopo l’annuncio del salvataggio il rendimento dei titoli di stato spagnoli è addirittura salito.
Sembra che gli investitori siano arrivati alla conclusione che, se la Spagna non può ottenere direttamente il credito necessario per salvare le sue banche, è pericolosamente vicina a perdere del tutto l’accesso ai mercati. Questo rende più probabile l’eventualità che Madrid possa aver bisogno di un salvataggio. L’intervento costerebbe almeno 500 miliardi di euro, una cifra che brucerebbe tutte le difese economiche costruite dall’Unione europea per contenere la crisi.
E che ne sarebbe dell’Italia? Per ora il deficit pubblico italiano costituisce una piccola percentuale del suo pil, molto più bassa di quella della Gran Bretagna, per esempio. Ma il debito pubblico complessivo del paese ha appena raggiunto la cifra record di 1.900 miliardi di euro ed è ben al di sopra del 120 per cento del pil. Quest’anno l’Italia dovrà prendere in prestito centinaia di miliardi dai mercati solo per rifinanziare il suo debito.
Credito dai mercati Se la situazione precipitasse, il Fondo monetario internazionale e l’Unione europea potrebbero non essere in grado di sborsare l’enorme somma di denaro necessaria per salvare l’Italia, il paese con il terzo debito pubblico più alto al mondo. Di conseguenza, il Fondo monetario è convinto da tempo che sia indispensabile fare in modo che l’Italia continui a ottenere credito dai mercati.
Ma dal momento che il costo degli interessi sui titoli di stato sta aumentando, ci stiamo pericolosamente avvicinando al Atene, 15 giugno 2012. Antonis Samaras, il leader di Nuova democrazia momento in cui anche Roma scoprirà che non può più accedere al mercato.
In Germania c’è chi pensa ancora che l’uscita della Grecia sarebbe salutare per il resto dell’Europa, perché farebbe chiaramente capire agli altri paesi che esistono alternative peggiori all’austerità. Nel mondo della finanza qualcuno sostiene che ormai gli efetti diretti di un’uscita della Grecia sarebbero limitati, perché le banche hanno avuto il tempo di ridimensionare i loro rapporti con Atene. Ma secondo gli analisti più cauti, gli effetti indiretti di questa uscita sarebbero comunque enormi. Se gli investitori vedessero che un paese può davvero abbandonare l’euro, inevitabilmente rivaluterebbero il rischio in altri paesi dell’eurozona, intensificando le pressioni su Italia e Spagna.
Per questo motivo le autorità europee dovrebbero essere contente che il risultato delle elezioni greche renda meno probabile uno scontro diretto. Affrettando la resa dei conti, l’Unione europea potrebbe anticipare il momento in cui la situazione di Spagna e Italia diventerà irrecuperabile.
Anche se siete convinti, come lo sono io, che prima o poi l’euro dovrà essere smantellato o usato in una zona più ristretta, sarebbe un errore provocare la crisi definitiva oggi, perché c’è qualche vago segnale che gli organismi europei stiano per trovare il modo meno dannoso per mettere fine all’esperimento della moneta unica. La vecchia frase di Barack Obama a proposito della guerra in Iraq potrebbe anche servire come motto per i tentativi dell’Europa di risolvere il problema dell’euro: “Dobbiamo essere cauti nell’uscirne, dato che siamo stati così incauti da entrarci”.