Sergio Romano, Corriere della Sera 22/6/2012, 22 giugno 2012
Alle elezioni greche, paragonabili per contesto a quelle italiane del 1948 (allora erano gli aiuti del piano Marshall a far la differenza, oggi i miliardi della Bce), è andato a votare circa il 60% dell’elettorato
Alle elezioni greche, paragonabili per contesto a quelle italiane del 1948 (allora erano gli aiuti del piano Marshall a far la differenza, oggi i miliardi della Bce), è andato a votare circa il 60% dell’elettorato. Di questi neppure il 30% ha votato per il partito moderato europeista e il 13% per quello socialista, non proprio definibile euro-entusiasta. Solo grazie al premio di maggioranza, un effetto alla legge truffa del ’53 (solo che in Italia all’atto pratico non ve ne fu bisogno), il sistema ha retto, altrimenti l’effetto domino dal ritorno alla Dracma sarebbe stato più che probabile. Insomma, c’è molto da riflettere e poco da incensare, speriamo che chi di dovere ne prenda atto e non faccia passare sonori fischi per fiaschi pieni. Marco Lombardi lombardimarco77@libero.it Caro Lombardi, N uova Democrazia, il partito di Antonis Samaras, ha vinto le elezioni con una esigua maggioranza. Ma non più esigua di quella con cui François Hollande ha vinto le elezioni presidenziali in Francia e il partito socialista francese ha conquistato la maggioranza all’Assemblea nazionale poche settimane dopo. In un articolo apparso negli scorsi giorni (Il Sole 24 ore del 17 giugno), uno studioso di sistemi politici ed elettorali, Roberto D’Alimonte, ha ricordato che i voti ricevuti da Hollande nel primo turno delle presidenziali rappresentavano il 29% dei consensi e che anche il Ps francese, come il Pd italiano, ha una base elettorale pari grosso modo al 30% degli elettori (29,35% nel primo turno delle legislative francesi). Le percentuali sono diverse al secondo turno, ma il ritorno alle urne serve a semplificare il quadro politico costringendo gli elettori a fare una scelta fra i candidati che restano in campo; e crea in tal modo maggioranze più nette e più adatte ad assicurare il governo del Paese. Personalmente preferisco il sistema elettorale a due turni perché questo processo di semplificazione è affidato agli elettori. Ma si potrebbe sostenere che tra il premio di maggioranza voluto da De Gasperi con la «legge truffa» e il secondo turno esista una sorta di parentela. Entrambi servono a rimpinguare il vincitore per permettergli di governare. Occorre naturalmente che la correzione, quando non è affidata al secondo voto degli elettori, venga fatta con misura e discrezione. La legge di De Gasperi rispondeva a questo criterio. Quella con cui abbiamo votato nelle ultime elezioni presenta un doppio inconveniente: priva gli elettori del diritto di scegliere il candidato preferito ed esagera grossolanamente il risultato del voto. Per tornare al caso greco, ha vinto, è vero, una esigua maggioranza. Ma gli altri (gli oppositori dell’euro) sono pur sempre minoranza e non hanno il diritto d’imporre al Paese le loro scelte. Questa è democrazia. I greci l’hanno inventata e faranno bene ad osservarne le regole. PS. Il risultato delle elezioni del 18 aprile non fu deciso dal piano Marshall. Molti italiani votarono per la Dc, anche quando avrebbero preferito dare il loro voto a un altro partito, perché era scoppiata la guerra fredda e occorreva fare una scelta di campo. Scelsero di stare in quello delle democrazie occidentali e fecero la scelta giusta.