VIìincenzo Borgomeo, www.repubblica.it 21/6/2012, 21 giugno 2012
Scoppia, di nuovo il "caso Termini Imerese" e l’imprenditore molisano, Massimo Di Risio, che ha per primo, nel 2006, lanciato sul mercato un Suv italiano assemblando componenti da tutto il mondo, soprattutto cinesi è sotto accusa ma il suo progetto di sfruttare la fabbrica siciliana per realizzare in loco auto di origine asiatica va avanti, come ci spiega direttamente
Scoppia, di nuovo il "caso Termini Imerese" e l’imprenditore molisano, Massimo Di Risio, che ha per primo, nel 2006, lanciato sul mercato un Suv italiano assemblando componenti da tutto il mondo, soprattutto cinesi è sotto accusa ma il suo progetto di sfruttare la fabbrica siciliana per realizzare in loco auto di origine asiatica va avanti, come ci spiega direttamente. Di Risio, che succede? "Me lo chiedo anche io. Questo è un Paese dover fare impresa è molto difficile. Dico solo che noi non ci passiamo basare sulle dichiarazioni di un sindacalista, ci dobbiamo basare sui documenti ufficiali, come quello del ministero che ci teneva in gara pur lasciando la possibilità di provare o di tentare altre strade. E quindi noi sulla scorta di quel documento abbiamo continuato le trattative". A che punto sono ora? "Vanno avanti bene e, soprattutto, nell’ultimo periodo si sono intensificate, sia con Chery che è nostro partner di sempre, sia con un’azienda turca, che da anni opera nel mondo dell’auto, molto solida. Si discute per il loro ingresso nel capitale ma con una quota di minoranza. Devo dire che entrambe le aziende hanno fatto manifestazioni di interesse significative e che la conclusione della trattativa è vicina". Da quello che si legge non sembrerebbe... "Noi continuiamo il nostro lavoro e andiamo avanti. Ma da un anno e mezzo veniamo massacrati quotidianamente, su tutti i fronti, e non capiamo perché e chi possa avere interesse a distruggerci. Sinceramente mi chiedo il perché di tutto questo. Noi stiamo semplicemente cercando di spostare la produzione dalla Cina all’Italia ma da quando abbiamo deciso di realizzare questo progetto abbiamo perso la tranquillità. Insomma questa è diventata un’operazione veramente difficile, proprio per la difficoltà dei rapporti". Con il governo? "No, con tutti coloro che ci girano intorno, dalla stampa, dai sindacalisti, dai politici che a fini elettorali strumentalizzano questa trattativa. Io dico solo che su una vicenda del genere, su Termini Imerese dovremmo avere tutti gli stessi interessi. Credo che questa non sia solo un’operazione che riguarda la Dr Motor ma tutto il Paese. Credo proprio che non sia corretto parlare di questa vicenda a fini elettorali". E sull’inizio della produzione. Si può parlare di date? "Si è parlato da sempre di un forte dissenso finanziario della DR Motor, del fatto che noi non abbiamo i soldi per questo progetto. In realtà da uno studio e da un’analisi finanziaria di un’azienda esterna è stato provato che noi abbiamo bisogno di appena 15 milioni per ristabilire l’equilibrio finanziario dell’azienda e per concludere l’operazione. E poi guardi, detto con estrema chiarezza, noi fin da subito abbiamo detto di non avere grandi risorse finanziare, abbiamo dichiarato solo di avere una grande organizzazione, modelli pronti per essere prodotti e una strategia possibile". Ora quali sono i prossimi passi? "Noi andiamo per la nostra strada". Non cambia nulla? "Assolutamente no. I cinesi ci guardano, la Chery sta per venire a visitare ufficialmente gli stabilimenti e lo stesso discorso per i turchi, i tempi per concludere ci sono". Sul piatto il Governo dice che c’è un accordo di programma che garantisce 350 milioni di investimenti pubblici nell’area industriale, ma non è escluso un ulteriore sforzo finanziario sul modello Serbia. E’ vero? "Non lo so perché sono investimenti che non ci riguardano direttamente. Sono investimenti che riguardano tutta l’area. Ci interessano di riflesso perché si parla di rifare il porto, i trasporti, ma non abbiamo un interesse diretto su quei finanziamenti, assolutamente no. Le agevolazioni sono nell’ordine di 50 milioni, ma a fronte di un investimento di 170 milioni per Termini Imerese. Quello che conta invece è il fatto che c’è un’acquisizione dello stabilimento a 1 euro. Ma questo è un discorso relativo, conta solo per chi ci fa auto lì dentro. Chi produce altro comprerebbe solo le mura, è diverso". Il ministero offrirà lo stabilimento a 17 costruttori. Che ne pensa? "Dico che nessuno oltre noi può essere interessato a Termini Imerese perché perché tutte le marche hanno problemi di sovrapproduzione. Tutti hanno stabilimenti che producono troppo. Che interesse può avere Bmw, Mercedes, Opel o Ford ad aprire una nuova fabbrica in Europa? Nessuno". E voi? "Noi siamo l’unico caso di produttore di auto che non ha uno stabilimento ma che fa fare la produzione a terzi. E quindi oltre alla Dr questo stabilimento non può interessare a nessun altro. Certo è che se la Bmw o un qualsiasi colosso dell’auto dovesse essere interessato allo stabilimento di Termini Imerese noi faremmo ovviamente subito un passo indietro. Ma non credo che qualche costruttore si farà avanti. Sono solo meravigliato da tutto questo caos, dopo tanti mesi di lavoro, dopo tanti accordi, ad un passo dalla conclusione scoppia il caso. Io non la vedo così difficile l’operazione. Mi sembra più facile percorre questa strada tutti insieme, collaborando che scontrandoci su ogni cosa".