Lorenzo Mottola, Libero 20/6/2012, 20 giugno 2012
LA «FIGLIA DI» CHE NON SA NULLA DI TV
Si chiama Benedetta, ma per tutti è soprattutto la figlia di Walter Tobagi, il giornalista del «Corriere della Sera» assassinato nel 1980 dalla «brigata 28 marzo». La signorina, a soli 35 anni, rischia di finire là dove centinaia di persone hanno lavorato una vita per arrivare: il Cda della Rai. A fare il suo nome sono state alcune note associazioni non certo lontane dal centrosinistra. Ovviamente con l’avallo Pier Luigi Bersani, che si è detto «orgoglioso» di poterla sostenere. La ragione: «È il punto di partenza perché politica e impegno civico migliorino il Paese». Un Paese ideale, nel quale per ora più che il merito si premia l’orientamento politico. Visto che in realtà, come spiegava ieri un esponente Pd, «non mi sembra la Tobagi che abbia esperienze specifiche, sia come amministratrice che come esperta televisiva». In poche parole, il compito più arduo svolto finora da Benedetta per la tv italiana è stato usare un telecomando. O almeno questo è quello che denuncia il suo non troppo corposo curriculum. Nata a Milano nel 1977, si è laureata in filosofia. Ha scritto un libro (su suo padre) e fino a oggi ha co-condotto una trasmissione radiofonica che va in onda su Radio2 praticamente all’alba. Altre esperienze: per qualche mese della sua vita avrebbe partecipato alla realizzazione di qualche documentario sconosciuto ai più. Poi si segnala un dottorato in storia presso il dipartimento di italianistica dello University College di Londra («sono ancora una Phd student», ha precisato), cui sono seguite le attività di associazioni e centri di documentazione dedicati al terrorismo e alle mafie. «Si tratta di un’indipendente», dicono i suoi. Una posizione difficile da sostenere, se si considera che ha scelto di presentarsi sul palco dal quale Giuliano Pisapia ha pronunciato il primo discorso da sindaco dopo la vittoria contro Letizia Moratti alle comunali 2012. «È una paladina della legalità », ripetono a sinistra. Caratteristica che fa sorridere, se si guardano le sue poche esperienze politiche. Benedetta, infatti, non ha tessere in tasca, ma è stata candidata alle provinciali milanesi nella lista del grande protagonista dello scandalo Sesto: Filippo Penati. «Non mi sarei schierata con lui se avessi sentito un tipo di idealità diverso», diceva all’epoca. Un’affermazione che - oltre alla scarsa esperienza - fa sorgere anche qualche sospetto sul suo intuito. Altre frasi celebri raccolte nel corso della sua avventura con Penati: «Sono rimasta molto colpita dalla idealità del progetto: ridare smalto alla capitale morale del Paese». Ha scelto il candidato giusto. E ancora: «Se dovessi essere eletta terrei fede al mio impegno. Sono una persona all’antica. Se dovessi ricevere la fiducia degli elettori mi impegnerei fino all’ultimo». In realtà la Tobagi si dimetterà dopo poco più di un anno per potersi «dedicare allo studio». Il tutto a 33 anni suonati. Ed evidentemente si è trattato di una ripassatina veloce, visto che a distanza di un anno già si già sente pronta per mettersi alla testa di un’azienda mostruosamente complessa coma la Rai. D’altra parte, ha detto lei, «prima di dire sì ci ho pensato molto, ma se si è arrivati a questa decisione di rottura è perché viviamo un momento particolare. E quindi mi è sembrato giusto accettare». Serviva una scossa, serviva qualcuno che di tv non capisse nulla. Un’affermazione che molti anche nel Partito Democratico non sembrano affatto condividere: «Non comprendo», ha detto ieri il suo ex compagno di banco in Consiglio provinciale Roberto Caputo, «ho conosciuto Benedetta Tobagi, la ho apprezzata come scrittrice e come giornalista. Non mi sembra che abbia però esperienze specifiche sia come amministratrice che come esperta televisiva». Mai neanche parlato di televisione. Ora guiderà quella di Stato. E per capire in che modo possa assolvere al compito resta solo qualche frasetta buona per ogni stagione come «io mi sono posta nella posizione di chi è contraria a ogni forma di censura ». Difficilmente si troverebbe qualcuno pronto a sostenere il contrario. Soprattutto a 35 anni. L’opera più nota, comunque, resta il suo primo e unico libro, «Come mi batte forte il tuo cuore», dedicato alla memoria del padre, grazie al quale ha incassato una valanga di premi, tra cui il Premio Estense, il Premio Sciascia, il Premio Capalbio, il Premio Brignetti Isola d’Elba e il Premio Napoli 2010 per la sezione "Letteratura italiana" e il Premio Libraio di Padova. Per la sua (per la verità non troppo prolifica) attività giornalistica ha vinto il Premiolino, edizione 2011. La motivazione: «Firma nuova e giovane, è il segno di un giornalismo d’impegno e credibilità che continua a tener alto il valore della comunicazione scritta». Una giovane promessa. Tanto basta per arrivare nel Cda Rai. Se sei di sinistra.