Franco Bechis, Libero 20/6/2012, 20 giugno 2012
PASSERA SFIDA I PARTITI E METTE NEI GUAI I TECNICI
La parola è dal sen sfuggita, cercando disperatamente di riacchiapparla quando era troppo tardi. Per Corrado Passera i poli politici dell’attuale parlamento, che in gran parte sostengono con fatica e ferite il governo di Mario Monti sono «un po’repellenti». E probabilmente rischiano di esserlo anche le alleanze che da mesi si stanno studiando per le prossime elezioni. Una gaffe clamorosa, che rischia di creare un problema interno non da poco al povero premier, impegnato all’estero nel G20. Se ne è accorto lo stesso gaffeur mentre stava scivolando. Tanto che ha provato a raddrizzarla, dicendo che era tutta colpa della attuale legge elettorale, il Porcellum, che costringe a stare insieme a tutti i costi per battere l’avversario. LA GAFFE Il complimento-gaffe non proprio carino ai suoi azionisti (il Passera banchiere non l’avrebbe fatto) è sfuggito ieri mattina al ministro durante una diretta a Radio Anch’io. È stato il direttore di Radio Rai, Antonio Preziosi, a provare a chiedere al ministro qualcosa del suo futuro politico. Lui si è schermito, recitando la litania del governo tecnico super partes, poi quando Preziosi è riandato all’attacco prendendola più da lontano e solleticando il ministro sulle nuove formazioni moderate che sembrano stare a cuore anche del mondo cattolico (quelli di Todi), Passera è scivolato: «Proprio io non devo parlare di queste cose. Poi che i numeri dicano che c’è un a vasta area di italiani che vogliono partecipare di più e che vogliono trovare i modi per farlo, credo che sia un fatto oggettivo. Che ci sia una legge elettorale che non aiuta, perché costringe a dei raggruppamenti forzosi ed eterogenei, che quindi sono un po’ repellenti dal punto di vista...» . Appena pronunciata quella parola, Passera si è reso subito conto della gaffe, e dei guai che avrebbe potuto procurare a lui e all’esecutivo in Parlamento, dove l’aria da qualche settimana è visibilmente cambiata. Così il ministro ha provato a correggere il tiro: «Repellenti non è la parola giusta, per cui la ritiro subito, se no diventa il titolo della cosa... Voglio dire nel senso che non incoraggiano, perché se c’è troppa eterogeneità in una coalizione, diventa difficile poi vederla come una destinazione politica». Pur non volendone parlare quando richiesto, Passera con questa battuta sfuggita ha dato il primo vero segnale di un suo desiderio di scendere in campo politico, sia pure augurandosi che prima cambino le regole del gioco (la legge elettorale). Nella diretta il ministro ha per altro riconosciuto la caduta verticale dei consensi dell’esecutivo: «Noi sappiamo che quel che abbiamo dovuto fare e che continueremo a fare non crea facile consenso. Sappiamo anche che questi mesi sono i più difficili. Perché c’è tutto l’effetto dei dieci anni di non crescita, delle due crisi finanziarie, c’è l’effetto delle iniziative e delle misure che abbiamo dovuto prendere per salvare finanziariamente il paese alcuni mesi fa e che adesso mordono nella carne viva. Adesso è il momento di maggiore difficoltà, c’è il vento contro». IL CARICO FISCALE NON SCENDE Secondo Passera, Monti fin qui ha fatto «miracoli», ma ora non si può più seguire quella prima linea dell’emergenza. Fra le telefonate in diretta ne è arrivata una che chiedeva al ministro una patrimoniale del 5% sui ricconi di Italia, che secondo lui non avrebbero sentito nemmeno la mannaia del fisco. Passera è stato chiaro: «L’ammontare del peso fiscale è molto elevato e non vedo spazio per ulteriori interventi», anche se non sono possibili nemmeno in questo momento di finanza pubblica alleggerimenti fiscali. Il ministro ha ribadito che con la spending review si sta cercando di evitare un aumento delle tasse su cui è già scattato il timer: quello dell’Iva previsto in parte dal primo settembre e in parte dal prossimo primo di ottobre. Passera ha anche rivisto nella trasmissione le cifre un po’ generose con cui aveva presentato il suo ddl sullo sviluppo a palazzo Chigi la scorsa settimana. I titoli dei giornali indicavano tutti un valore di 80 miliardi di euro. Secondo il ministro a sbagliare non è stato lui, ma i giornalisti (non è nuova). Lui non si riferiva infatti alle risorse messe in campo dal governo, ma a quelle che alcuni provvedimenti avrebbero potuto generare (con soldi privati, quindi). E ieri ha limato di molto la previsione, ridotta ora a 30-40 miliardi di euro. In gran parte attesi dalle opere pubbliche e dai project bond. Fra le opere per altro il ministro ha chiarito che non ci sarà il ponte sullo stretto di Messina.