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 2012  giugno 21 Giovedì calendario

BEPPE GRILLO È MORTO: 400 ANNI FA


«Grillo è morto. I partiti sono morti». Ma Grillo, a differenza dei partiti, non lo dice. Lui «fa paura, perché non ha paura». E solo rigonfio di buon senso. Il buon senso dei contadini, che li ha portati al macello. Il suo movimento «sembra la nave dei folli»; euforico come euforica è una delle due facce della depressione.
L’altra faccia si specchia, invece, «nella tristezza dei partiti». Umberto Silva, psicanalista, legge così, a ItaliaOggi, le rughe sul volto del paese. Per uscirne? Una sola via: la collera dell’individuo. E il repulisti totale nei partiti.
Domanda. I partiti stanno morendo, uccisi da un tecnocrate?
Risposta. Che i partiti siano sempre moribondi non è una novità. È il loro statuto, diciamo. La Dc non era esattamente viva; sembrava una statua della cara signora Ermenegilda. Ma è proprio perché sono morti, che diventano eterni.
D. E Grillo?
R. Grillo, che non è un partito, non è vivo neanche lui. È solo vivace, ma non vivo. A differenza dei partiti, lui nasconde la sua morte. Quindi, è peggio dei partiti. Perché deve strillare, farsi vedere. In realtà, Grillo è morto 400 anni fa, nella battaglia di Frankenhausen, che vide i contadini sollevati da Thomas Müntzer combattere contro i cavalieri. Il teologo Müntzer, un pastore protestante tedesco, che sfotteva la chiesa cattolica, chiamandola sacco di letame, sfotteva le tradizioni. Voleva cambiare tutto e finì col mandare i contadini al macello.
D. Ma il crollo dei consensi riguarda i partiti. Il Pdl rischia la liquefazione. Il Terzo polo è stato sciolto dal suo profeta, Casini. Il Pd, era atteso al trionfo, ma traccheggia sul 20%. La Lega raccoglie i cocci.
R. Ciò che penalizza i partiti è il voto di protesta. A volte sono mere dichiarazioni, che non si riverberano nei sondaggi. Il nodo è: vincerà il buon senso, che altri chiamano paura. O vincerà la paura, che altri chiamano buon senso?
D. Grillo è paura o buon senso?
R. Grillo fa paura per il troppo buon senso. Quando parla ne è pieno. Sembra il buon senso contadino. E non c’è niente di più inquietante dell’eccesso di buon senso.
D. Perché?
R. Perché, con un colpetto, si pensa di risolvere tutto. Non si coglie la complessità. Quello che frega anche la Lega. Ma, forse, frega ancor più Grillo, perché la Lega usa la diplomazia. Grillo, invece, come ogni capo popolo vive in un senso di onnipotenza. Per lui tutto è possibile. Ma Dostoevskij diceva «se tutto è possibile, niente è possibile».
D. Non la fa neanche ridere?
R. Grillo non è un comico. Non ha niente di comico. Mi ricorda le teste mozze dei pirati appese ai pennoni delle navi. Il suo movimento sembra la nave dei folli.
D. E se vince le elezioni?
R. Non gli do credito. Quando arriviamo alle elezioni Grillo sparisce. Perché vincerà la paura o il buon senso. E Grillo, essendo solo buon senso senza paura, arriva dritto al delirio di onnipotenza, che porta solo al disastro.
D. Si andrà a votare in primavera?
R. Sarebbe stolto. Sarebbe meglio procrastinare, in modo che i deliri evaporino.
D. Nessun partito vuole compromettersi troppo con le scelte rigoriste di Monti.
R. Già, ma per riposizionarsi, bisogna che evaporino i deliri. Ci vuole tempo; se l’elettore è ancora in preda al delirio non vota.
D. Casini ha definito «reato» le critiche Pdl a Monti. Indebolirebbero, dice, l’azione del governo prima di un vertice Ue. Un partito legittimato dal voto commette reato se critica un governo nominato. Non è un paradosso?
R. La parola reato è molto usata e la gente non sa se commette un reato quando lo fa o quando lo attribuisce. È un circolo vizioso. Non si capisce chi fa il reato: chi accusa o chi è accusato? Probabilmente nessuno dei due. Una persona severa direbbe entrambi; ma, dicendolo, probabilmente commette anch’egli un reato.
D. Così non si allontana la gente dai partiti?
R. La distanza tra partiti e popolo è già enorme. L’antipolitica è gonfia; ma non essendo piena di qualcosa, sappiamo che può sgonfiarsi in un attimo. Come capita a gran parte dei capipopolo.
D. Siamo in uno scenario prefascista?
R. No. Mussolini è stato un capopopolo duraturo. L’unico, credo, in Italia dal medioevo in poi. Ma aveva una base sociale agguerritissima, fatta di agrari e di letterati. Ovvero, aveva i soldi e le armi. Grillo, invece, non ha base sociale. Il suo è solo un voto di protesta.
D. Anche i sindacati vivono una crisi di sovranità.
R. È un bene che valori e credenze, a cui per troppo tempo si è prestata fede cieca, vengano mutati. Se non aboliti. E un bene che si creino altri punti di riferimento. Le battaglie della Fornero sono sacrosante. E lei le conduce con grande eroismo. Anche a rischio fisico e personale. Ci sono stati eroi che hanno pagato un certo tipo di politica. Li conosciamo. Contro di lei ci sono resistenze di ogni tipo. Ci sono non valori, ma diritti acquisiti. I diritti, però, non sono eterni. Sono comodità, che imbevono roccaforti, come il pubblico impiego.
D. E lo spread che tiranneggia i governi?
R. È giusto che uno stato sprecone decida del suo destino. Se decide di sottomettersi alle pressioni di altri stati, certo non sarà dignitoso, ma potrà imparare come si fa a governare. È una sorta di tutoraggio.
D. E come reagisce a tutto ciò un popolo?
R. In due modi: può cogliere l’occasione per gestire le proprie risorse. O può inalberarsi. Anche questa seconda reazione è interessante, se non è fine a se stessa, ma l’inizio di un cambiamento.
D. C’è il rischio terrorismo?
R. L’antipolitica attuale non mi preoccupa. I Grillini sono gente per bene. Gli anarchici non sembra aprano ancora questa fase. Sarà dunque importante come si riposizioneranno i partiti nel 2013. È fondamentale che si rinnovino. Totalmente. Che sorga un desiderio, che passi questa depressione generale. Vede, la depressione si manifesta in due forme: la tristezza e l’euforia. I partiti sono nella tristezza, gli antipartiti sono nell’euforia. Sono entrambe forme di depressione.
D. In cosa spera?
R. Nella sfera del privato, nell’individuo e nei suoi interessi. Nell’orgoglio. Perfino nella collera. Sono la benzina per la ripresa. Per uscirne fuori.