Paolo Siepi, ItaliaOggi 20/6/2012, 20 giugno 2012
PERISCOPIO
«A sua disposizione!». Il pg della Cassazione, membro di diritto del Csm, massima autorità della Pubblica Accusa in Italia, scatta sull’attenti come un soldatino di piombo dinanzi a Nicola Mancino, privato cittadino, che lo chiama «guagliò», gli dà del tu e continua a tempestare lui e il consigliere giuridico del Capo di Stato perché quei rompiscatole dei pm di Palermo, Ingroia e Di Matteo (e anche quello di Caltanissetta Nico Gozzo, che viene da Palermo, dunque è infetto) si ostinano a cercare la verità sulla trattativa stato-mafia, avvenuta quando lui era ministro dell’interno. Dunque, naturalmente a sua insaputa. Marco Travaglio. Il Fatto.
Nella giunta milanese Pisapia c’è solo una star. È Bruno Tabacci, un assessore al bilancio che conosce il fatto suo. Paolo Pillitteri. Corsera.
Bisogna tenere in piedi lo stato sociale, abolire le lobby, gli egoismi organizzati. Senza altruismo si muore. Anche 20 mila sindacalisti sono un po’ troppi. Per non parlare del nemico, la burocrazia. Va aggredita con una doppia task force. Una, strategica, che semplifichi le norme. E una tattica, di avvocati, che aiuti le vittime. Oscar Farinetti, patron di Eataly. la Stampa.
L’Italia è un paese senza carattere, ma pieno di fantasia. Una fantasia che si traduce in quella inesauribile arte di arrangiarsi che è la versione levantina e bizantina del pragmatismo anglosassone. Roberto Gervaso: Italiani, pecore anarchiche. Mondadori.
I massacri di massa nell’Europa dell’Est fra il 1933 e il 1945 cominciarono con una carestia organizzata da Stalin in Ucraina che fece 3 milioni di vittime. Di tutti gli orrori di quel tempo, quello dell’Ucraina è il meno conosciuto perché su di esso è calata una coltre di silenzio. Si vedono delle madri supplicare i loro figli di mangiarle perché non soccombano a loro volta. E tutto avviene sotto gli occhi impassibili dei commissari sovietici che affamavano scientemente gli ucraini. Timothy Snyder: Terres de sangue. L’Europe entre Hitler et Stalin. Gallimard.
Se fossimo sinceri ammetteremmo che uno dei più grandi fallimenti del nostro tempo è che abbiamo perso il senso e il gusto del lavoro come espressione allegra del nostro io. Aldo Trento. Tempi.
Forse il terremoto che quasi ogni notte scuote il mio letto mi sta spingendo verso la conservazione dell’esistente, ma certo torna buono l’antico precetto per cui basta un attimo per distruggere e non basta un vita per ricostruire. Umberto Silva. Il Foglio.
È facile mentire quando suonano le orchestrine. Persino il francese gli usciva fluido e spedito. Tutto era falso e dolcissimo, come al cinema, come nella nostra epoca. E, guarda caso, c’era addirittura una terrazza, una luna da cartellone turistico, il mare col raggio d’argento e la sua brava vela in controluce che traversava il raggio, proprio in quell’istante. Luciano Salce: Cattivi soggetti. Rizzoli.
La pace era il mio traguardo, ma non il mio idolo. Accettavo la guerra come un mezzo per giungere alla pace. Marguerite Yourcenar: Memorie di Adriano. Einaudi.
L’Olghina doveva preparare tavola e pietanze, poi fuori dalle balle. Giunto l’ultimo degli ospiti, spariva dalla vista, lasciando marito e soci ai loro affari. Sino alla primavera del 1928, la donna non aveva mai manifestato interesse alcuno per le ragioni di quegli incontri, né tanto meno per gli invitati, tutti, ai suoi occhi, vecchi e noiosi babbioni. Andrea Vitali: Galeotto fu il collier. Garzanti.
Suo padre era morto tre anni prima, avvelenato da cibi guasti nella discarica di Nonantola; sua madre, catturata a Campogalliano, ormai vecchia e quasi cieca, era finita nella camera a gas; suo fratello era annegato durante una rapinosa piena del Secchia. E così lui era rimasto solo a vagare nella pianura, in cerca di cibo e di una femmina che sapeva di non trovare. Era l’ultimo lupo della pianura, il sopravvissuto di una genìa che si era tramandata l’astuzia di fingersi cane, aveva rinunciato alla gerarchia che voleva il capobranco quale unica guida e aveva quasi disimparato a ululare. Giuseppe Pederiali. Padania felix. Diabasis.
Madre, assistente, consigliera, filtro tra Dalì e il mondo, Gaia lo proteggeva da qualsiasi cosa potesse turbarlo e minacciare la sua creatività. Ma aveva anche un bisogno estremo di essere protetta da lui. Che l’ha sempre difesa, esaltata, accudita. Gaia era Dalì e Dalì era Gaia. Antoni Pixot, il venerdì.