Andrea Zambrano, il Giornale 19/6/2012, 19 giugno 2012
Le armi dei partigiani tornano a uccidere. Le badanti - Una pistola e un destino. Dal Terzo Reich al più italico delitto d’onore il passo è breve
Le armi dei partigiani tornano a uccidere. Le badanti - Una pistola e un destino. Dal Terzo Reich al più italico delitto d’onore il passo è breve. Gli ingredienti per farne una fiction ci sono tutti: la gelosia che fa uccidere una russa, Alena Tyutyunikova, una pistola in dotazione all’ esercito nazista che negli anni ha assunto la forma «mitica» dell’arma per antonomasia della guerriglia partigiana prima e dell’eversione brigatista poi e che finisce nelle mani di un insospettabile 71enne, Alessandro Rizzi. Quando Rizzi venerdì scorso ha freddato con quella semiatomatica la sua badante e un fornitore di un bar di Campegine, Fabio Artoni, colpevole, solo nella sua testa, di aver avuto una relazione con lei, nessuno immaginava che la vicenda avrebbe assunto i contorni di un thriller con radici nella Wehrmacht. Il caso sembrava chiuso: la passione che aveva spinto Rizzi a sostenere la badante finanziariamente e gli sfottò degli amici al bar. Così prima ha ucciso lei, poi ha aspettato al bar il «rivale» e lo ha freddato gambiazzando poi un passante. Arrestato, ha vuotato il sacco e si è vendicato degli sfottò del suo amico, Silvano Ruozi, presidente del circolo Arci Tricolore. Come? Spifferando ai carabinieri di aver avuto l’arma da lui. Così quando i militari della compagnia di Reggio hanno fatto irruzione a casa sua hanno trovato una vera e propria Santa Barbara, tra cui la P38. Ma la pistola non poteva essere quella. C’è infatti un’altra «P38 Walther» che Rizzi ha invece avuto da un coetaneo sul quale adesso si indaga. Strano destino quello delle P38 sotterrate al termine della guerra civile. La pistola, Ruozi ha detto di averla trovata negli anni ’60 mentre costruiva un argine. La P38 era l’arma dell’ elite nazista, poi usata per eliminare gli oppositori politici dai gappisti, la falange dei partigiani incaricati del «lavoro sporco», delle uccisioni misteriose dal ’ 43 al 46 . Questi, le requisivano alle Ss catturate o uccise. Quando la guerra civile cessò, vennero nascoste qua e là nei campi e nelle cantine, buone per un imminente riutilizzo in vista della rivoluzione comunista. Invece rimasero sottoterra, almeno fino a quando un partigiano misterioso, non ne donò una a Prospero Gallinari, uno dei fondatori delle Brigate Rosse e poi carceriere di Aldo Moro, con l’ormai epico monito, che rinfocolò il mito: «Ora serve a voi». Intanto, mentre il consigliere regionale-Pdl Fabio Filippi si chiede con quale facilità un comunista sia riuscito ad avere quelle armi e auspica che si faccia chiarezza perché «di compagni che sbagliano ce ne sono stati troppi », torna alla memoria un episodio di qualche anno fa, a Fabbrico. Qui, in una casa colonica nella quale avevano abitato anche i famigliari di Vicenzo Bertolini, ex segretario del Pci reggiano negli anni caldi del terrore rosso, venne trovata una Santa Barbara riconducibile alla lotta partigiana. Bertolini, che non ne sapeva nulla si ritenne quasi offeso, lui, comunista riformista isolato dal partito per le sue posizioni. Ma intanto la mitologia cresceva alimentando una sorta di collezionismo sotterraneo. Così come è cresciuta l’ambiguità sulla sorte di quelle armi che ogni tanto rispuntano per tornare a uccidere anche quando se ne può disporre di altre. Rizzi infatti aveva altre due pistole. Ma per il suo delitto, ha scelto il «simbolo».