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 2012  giugno 19 Martedì calendario

Sei italiani su dieci non risparmiano più - Anche le formiche nel loro pic­colo si incartano. Non ce la fanno più

Sei italiani su dieci non risparmiano più - Anche le formiche nel loro pic­colo si incartano. Non ce la fanno più. La crisi sta imponendo una ra­pida mutazione genetica nella mappacomportamentaledegliita­liani. Un tempo avevamo incasto­nati nel dna i cromosomi del rispar­mio: adesso, senza mai esserci tra­sformati in cicale, siamo incapaci di accantonare una parte delle no­stre risorse finanziarie. E non per colpa nostra. Un altro bel timbro nero, dopo quello di Bankitalia, Censis e Istat, certifica quanto già sapevamo: le famiglie sono ormai costrette a pensare e ad agire per sottrazione, altro che impilare le monetine come zio Paperone. Un dato per tutti: ben il 61,3% dei con­sumatori non mette più nulla da parte, dice uno studio di Intesa SanPaolo che colloca al minimo storico il risparmio nel 2012. È una percentuale da allarme rosso, ma anche la logica conse­guen­za dell’ulteriore calo del pote­re d’acquisto di circa duemila euro subìta quest’anno a causa dei rin­cari energetici e del valzer di stan­gate fiscali (Imu, Iva e addizionali regionali). Considerando anche l’accresciuta pressione fiscale sui lavoratori dipendenti e la stasi or­maidecennaledeglistipendi( qua­si il 55% del campione considera in­sufficiente il proprio reddito), è fa­cile intuire perché tra il 2011 e il 2012 siano calate dell’8,5%le perso­ne ancora in grado di salvare qual­che euro dai bilanci domestici. In­somma, una generale situazione di sofferenza particolarmente ac­centuata tra i ventenni ( il 70% circa i non risparmiatori), i residenti del Sud (67,5%) e chi ha un reddito mensile inferiore ai 1.600 euro. Chi può, allunga le mani sul tesoretto accumulato, intaccandolo per pa­gare il mutuo, le rate dell’auto o fo­r­se per non arrivare a fine mese con il carrello della spesa vuoto. Il fenomeno è inquietante, al pa­ri della mancanza di certezza futu­ra. «Il tema dominante della ricer­ca è il disorientamento delle fami­glie e la loro difficoltà nel guardare al futuro - conferma Gregorio De Felice, capo economista di Intesa SanPaolo- insieme al rigore, occor­re accelerare su riforme ed equità. Equità nella distribuzione dei sa­crifici ed equità tra le generazioni. È necessario favorire un ritorno di fiducia». Già, ma come? Finora, gli squilibri generazionali, in partico­lare l’impossibilità di buona parte dei giovani a trovare un posto e dunque a progettare un futuro, so­no stati risolti con il ruolo di presta­tore di ultima istanza, per usare una locuzione á la page , svolto da padri e madri. Si risparmia infatti per aiutare i fi­gli, pagare loro gli studi o lasciare un’eredità.Quasi il 20%degli italia­ni ha questo obiettivo, mentre crol­la ( dal 25,7% del 2004 al 5,5%) la per­centuale di quanti accantonano per comprarsi la casa. Alla perdita di appealing delmattonepuòesse­re data una triplice lettura: la pri­ma è che la maggioranza degli ita­liani ormai possiede un immobile; la seconda è che i prezzi degli ap­partamenti ( e il relativo mutuo) so­no considerati troppo onerosi; la terza è che non si è ancora creato un nuovo mercato, quello costitui­to da giovani coppie o da single in grado di fare a meno del paracadu­te famigliare. E chi pensa alla pensione? S’in­tristisce: crisi e riforma previden­ziale fanno scendere dal 26 al 20,5% il saldo sulle aspettative di sufficienza e insufficienza delle en­trate al momento di lasciare il lavo­ro. NienteBahamas: possiamoper­metterci solo i giardinetti.