Antonio Signorini, il Giornale 19/6/2012, 19 giugno 2012
L’ultima trovata dei professori: vogliono rubarci persino le ferie - Le ferie, già compromesse dalla crisi, potrebbero essere rovinate da un numero
L’ultima trovata dei professori: vogliono rubarci persino le ferie - Le ferie, già compromesse dalla crisi, potrebbero essere rovinate da un numero. O meglio da una frazione, cioè dal rapporto tra un numeratore che è il deficit e un denominatore che rappresenta il Pil, la somma del valore di tutte le attività economiche del Paese, dagli stipendi agli scambi. L’impegno dell’Italia con l’Ue è di portare il rapporto deficit Pil vicino allo zero nel giro di uno o due anni, ma dalle parti dell’esecutivo è spuntata anche l’idea di farlo agendo sul denominatore, cioè facendo aumentare il Pil. Attenzione, non favorendo la crescita con qualche magia keynesiana, come si augura un bel pezzo di maggioranza, e neppure premendo sull’acceleratore della produttività, vero problema irrisolto dell’Italia. L’idea è di togliere una settimana di ferie agli italiani che lavorano. La battuta è scappata ieri al sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo. «Nel brevissimo periodo, per aumentare la produttività del Paese - ha spiegato - lo choc può avvenire dall’aumento dell’input di lavoro, senza variazioni di costo; lavoriamo mediamente 9 mesi l’anno e credo che ormai questo tempo sia troppo breve». Secondo Polillo, «avremmo un impatto sul Pil immediato di circa un punto». Non è la prima volta che l’idea salta fuori. Negli anni Settanta, mentre la politica iniziava a minare le fondamenta dello Stato innescando la miccia del debito pubblico e metteva il costo del lavoro in un binario che avrebbe di lì a poco trasformato l’Italia in uno dei paesi meno competitivi dell’occidente, si iniziarono ad abolire le festività. Ci ha provato anche l’ultimo governo con Giulio Tremonti, in modo forse più semplice, concentrando alcune feste civili come il 25 aprile e il primo maggio nelle domeniche prossime alla ricorrenza. Polillo spera di risolvere tagliando le ferie di una settimana. Il sottosegretario che è un economista di valore, ha precisato che questa misura avrebbe senso nel brevissimo tempo. Tradotto, significa che la settimana rubata a spiaggia e ombrellone sarebbe solo una toppa sul buco, una tassa per compensare il vero male antico dell’Italia che è una produttività bassissima. Un’ora del nostro lavoro vale meno di quella di un tedesco o di un francese. Negli ultimi anni la nostra produttività è calata ulteriormente, mentre nel resto d’Europa è cresciuta. E in questo contesto aggiungere una settimana di lavoro serve a poco. Il sottosegretario rilancia: «Se per i lavoratori dipendenti tre mesi di ferie l’anno in media vi sembran pochi». Ma i suoi appelli cadono di fronte all’obiezione che, questo governo non ha i titoli per chiedere più produttività. Idea «confusa e non geniale » per la Cgil. Per Rosi Bindi, con il boom di disoccupati «non è la soluzione».Va al vero nodo la Cisl: «Se Polillo vuole fare qualcosa per far ripartire la produttività, faccia ripristinare la detassazione degli accordi aziendali e territoriali », auspica il segretario confederale Luigi Sbarra. Il fatto è che è stato l’esecutivo Monti a imporre una stretta alle misure per favorire la produttività introdotte dal ministro Sacconi. Lavorare più ore senza stimolare la produttività sintetizzava ieri un sindacalista «è come premere sull’acceleratore quando la macchina piantata nel fango». La rinuncia a una settimana di ferie peraltro, osservava ieri il Pd Armando Cirillo, penalizzerebbe il Turismo. Ma c’è un’altra obiezione, meno immediata, ma molto attuale. Se più Pil serve per fare crescere il denominatore e quindi per fare calare il valore del famoso rapporto con il deficit, allora si potrebbe puntare sul numeratore. In altre parole, tagliare la spesa pubblica. Gli italiani avrebbero le ferie salve. E non solo quelle. Il lavoro del governo su questo fronte va avanti e la spendig review potrebbe arrivare al consiglio dei ministri alla fine della settimana. Tra le novità circolate ieri, l’aumento della cifra attesa dai risparmi di circa 7 miliardi. Da trovare con tagli ai ministeri o con misure sul pubblico impiego. Anche se ieri l’unica che circolava era una stretta sulle promozioni.