Goffredo Pistelli, ItaliaOggi 20/6/2012, 20 giugno 2012
La battaglia dei jingle telefonici – Il vento del cambiamento, per ora, si sente solo nella cornetta del telefono
La battaglia dei jingle telefonici – Il vento del cambiamento, per ora, si sente solo nella cornetta del telefono. Nei comuni lombardi passati al centrosinistra dopo l’ultima tornata amministrativa, la rivoluzione arancione s’è infatti sorprendentemente concentrata sui centralini-comunali. Lissone, 43mila abitanti, una delle capitali del mobile dell’operosa Brianza, la giunta di centrosinistra s’è applicata a un intervento forse un po’ di immagine ma certo dalla forte carica politica: sostituire la musichetta d’attesa e cioè l’aria del Nabucco, la famosa Va pensiero tanto amata dai leghisti che qui han governato col centrodestra per 20 anni. Via, sciò, per carità di patria, anzi per metter d’accordo anche l’ala sinistra della maggioranza arancione e non ingenerare qualche sospetto con l’inno di Mameli, il municipio ha fatto inserire quello alla Gioia, bethoveniana colonna sonora dell’Unione europea. Solo che questa modifica dell’impianto telefonico comunale sarebbe costata alla casse comunali 1.028,50 euro, come riferisce il settimanale monzese L’Esagono. Per la gioia dell’istallatore, intanto, e per l’arrabbiatura dell’opposizione in consiglio che s’è subito scagliata contro la nuova giunta di Concettina Monguzzi, assurta già alle cronache per aver nominato e poi revocato una assessora piddina sgradita a un parte del suo partito. Il Pdl come un sol uomo ha attaccato lo spreco, proponendo che la maggioranza si decurtasse gli emolumenti e i gettoni per rinfondere le casse comunali della cifra pagata. A sorpresa, la Lega Nord, che imponeva le note verdiane ai cittadini lissonesi in attesa di parlare con gli uffici municipali, non s’è unita alla proposta del capogruppo del Pdl, Daniele Fossati. E sono girati alla larga i grillini del Movimento 5 stelle che peraltro sul tema degli sprechi sono piuttosto vigili. Di Sionne le torri atterrate, dicevano i versi di Temistocle Solera musicati dal grande Giuseppe Verdi. A Lissone, per adesso, è stato «atterrato» solo il jingle del vecchio centralino ma tant’è. Negli stessi giorni, come in un singolare tam tam di partito, come per un misterioso contagio democratico, un’altra giunta arancione ha messo mano ai telefoni comunali. È accaduto 27 chilometri più a Nord, sul Lago di Como, dove da un mesetto governa Mario Lucini che, in una elezione in cui la metà degli elettori ha disertato le urne, ha scalzato il centrodestra al potere da tre lustri. Qui della bonifica degli orpelli leghisti s’è incaricato l’assessore all’Informatizzazione, Lorenzo Spallino, uno stimato avvocato eletto con la lista del sindaco. Spallino, come riporta l’edizione milanese del Corriere, ha annunciato la rimozione del risponditore lumbard, una voce in dialetto laghé che dava informazione nella lingua degli avi ai cittadini che non intendessero bene l’italiano o che, semplicemente, avessero piacere di sentire risuonare l’accento comacino. Attenzione, non si trattava della risposta universale ma di una funzione su richiesta, che il cittadino poteva scegliere premendo un tasto del proprio telefono.«Schiscia ul buttumduu per sentì la cumunicaziun in dialett cumasch», diceva infatti la voce registrata. Troppo per la nuova giunta arancione, che ha disposto l’eliminazione del file sonoro, realizzato tra l’altro grazie a un assessore leghista della passata giunta, Diego Peverelli, che ha aveva prestato la voce. A Como, forse per la modernità dell’impianto telefonico, non sembrano esserci stato aggravio di costo a carico dell’amministrazione pubblica, salvo ovviamente il tempo dedicato all’operazione dai tecnici municipali. Che ci fossero cose più importanti a cui dedicarsi se lo chiede più di un comasco. D’altra parte, quassù come in Brianza, oggi come 15-20 anni fa, si riafferma una visione politica legata ai simboli: la Lega impose soli delle alpi e altri vessilli padani un po’ ovunque, fino ai cartelli stradali in dialetto mentre ora, con le sinistre, si pensa subito a rimuoverli per rimpiazzarli con altre bandiere: dall’inno europeista a chissà quale logo ecosostenibile (dal comune riciclone all’acqua pubblica) essendosi esaurita la stagione dei comuni denuclearizzati e pacifisti. In politica, infatti, il Novecento è duro a morire. Goffredo Pistelli