Davide Colombo, Il Sole 24 Ore 20/6/2012, 20 giugno 2012
FORNERO: LA SALVAGUARDIA PER ALTRI 55MILA «ESODATI»
La ricostruzione dei fatti, il chiarimento sui numeri e le difficoltà di calcolarli, la possibile soluzione aggiuntiva rispetto al decreto interministeriale già firmato con Mario Monti per la prima platea dei 65mila «salvaguardati» dalla riforma delle pensioni.
Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, non ha tradito l’attesa che era montata sulla vicenda «esodati» dopo lo scontro della scorsa settimana sui dati Inps (quelle 390.200 unità bollate come «parziali e fuorvianti») e ieri, in Senato, ha confermato l’impegno del Governo in una ricognizione sugli ulteriori lavoratori da salvaguardare. Si tratta di una platea di circa 55mila (di 40mila in mobilità ordinaria a seguito di accordi sindacali stipulati entro il 31 dicembre 2011 e data di licenziamento successiva al 4 dicembre 2011). Lavoratori che «potrebbero rientrare nello status di salvaguardati – ha spiegato – maturando il requisito per la pensione entro la fine del periodo di mobilità», ovvero nei prossimi tre o quattro anni.
Per tutti questi lavoratori, che sommati ai 65mila già coperti dal decreto ancora al vaglio della Corte dei conti fa salire a 120mila il numero degli esclusi dai nuovi requisiti di pensionamento (per un riferimento sui flussi Inps si tenga conto che l’anno scorso sono andati in pensione circa 542.800 lavoratori con un’età media compresa tra i 58 e i 62 anni) il Governo è intenzionato a salvaguardare innanzitutto i lavoratori con un accordo collettivo in tasca, come per esempio gli operai di Termini Imerese «soprattutto quelli sottoscritti con l’ausilio dello stesso Governo – ha detto – dato che l’approdo alla pensione al termine della mobilità era in questi accordi considerato elemento essenziale». Per altre categorie la salvaguardia potrebbe invece scattare per chi matura il diritto entro il 2014 «o che hanno superato una certa soglia di età».
Oneri e coperture, per questa ulteriore operazione di tutela, dovranno essere «attentamente vagliati». E di sicuro non si seguirà la strada, ha chiarito il ministro, già battuta con il decreto milleproroghe, che finanziava l’intervento con un aumento dell’aliquota contributiva a carico delle imprese «perché determinerebbe – ha spiegato – un aumento del costo del lavoro, in Italia già strutturalmente troppo elevato». Il Governo cercherà invece le soluzioni più opportune attraverso un confronto con le parti sociali e promette l’attivazione di una commissione permanente di monitoraggio sulle situazioni critiche che possono maturare nei mesi a venire. Per tutti, comunque, non si potrà ricorrere alla deroga previdenziale: per i meno anziani si potrà puntare su un’estensione del sussidio di disoccupazione o, ancora, a formule di sostegno per il reimpiego (con incentivi contributivi o fiscali) e neppure si dovrà escludere il ricorso (su base volontaria) a lavori socialmente utili «che possono essere gestiti – spiega ancora il ministro – dagli enti territoriali, utilizzando loro fondi, né, previo accordo con le parti sociali, l’uso dei fondi interprofessionali». Il nuovo intervento di tutela, è stata la rassicurazione finale, verrà modulato nei mesi a venire con una «norma specifica», visto che in nessun caso si tratta di salvaguardare situazioni di perdita immediata di reddito in assenza di pensionamento.
Elsa Fornero ancora una volta ieri a palazzo Madama ha invitato tutti ad andare oltre la contingenza ricordando che la riforma delle pensioni impone un cambio di passo alla cultura del lavoro italiana. «Liberiamoci dall’idea che, superati i cinquant’anni, ci si avvicini verso un declino progressivo delle capacità e dell’impegno lavorativo e che per un sessantenne sia impossibile trovare un lavoro anche solo part-time» ha detto il ministro richiamando il collegamento tra la riforma delle pensioni e quella del mercato del lavoro. È questo il fronte del suo impegno, quello di garantire forme di gradualità nell’accesso al pensionamento dopo il varo di una riforma «dei cui effetti sui rapporti di lavoro e sulla vita lavorativa degli italiani non ero e non sono certo ignara».