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 2012  giugno 19 Martedì calendario

RISPARMIA SOLO UNA FAMIGLIA SU TRE — È

un numero da minimo storico (da quando sono partite le statistiche) quello del risparmio italiano alle prese con la crisi: soltanto il 38,7% delle famiglie riesce ormai a mettere da parte qualcosa, contro il 47,2% di appena un anno fa. E quasi la metà degli italiani (46,2%) ha iniziato a intaccare il proprio patrimonio. Il resto, evidentemente, è rappresentato da chi spende esattamente quanto guadagna. È la fotografia scattata dall’Indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2012, realizzata da Intesa Sanpaolo e dal Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi. Un sondaggio Doxa ha intervistato 1.053 capifamiglia tra gennaio e febbraio di quest’anno: due mesi, tra l’altro, in cui le aste di lungo termine della Bce sembravano aver ridato un po’ di fiducia ai mercati. Prima, però, della nuova ondata primaverile di vendite.
Secondo lo studio, il 24,3% degli intervistati si è messo alla ricerca di un nuovo lavoro o di una seconda fonte di entrate, e i più colpiti dalla crisi sono i ventenni, le donne, gli esercenti e gli artigiani. Inoltre, il 55% di intervistati dice di avere sfiducia nelle istituzioni per quanto riguarda la loro capacità di difendere il risparmio.
Cambiano poi anche le motivazioni del risparmio. Scende l’acquisto della casa: valeva il 25,7% nel 2004, il 16,2% nel 2007, il 12,7% nel 2011 e cala ulteriormente ad appena il 5,5% nel 2012 (il mattone resta comunque l’investimento che si guadagna il maggior numero di risparmiatori soddisfatti). Toccano invece il massimo le motivazioni ereditarie o di trasferimento di parte della ricchezza ai figli: il 19,5 per cento risparmia per aiutarli, pagar loro gli studi o lasciare un’eredità. Quanto alle pensioni, la riforma previdenziale è in parte accettata (il 49,5% pensa che sia giusto lavorare più a lungo) ma il 48,9% dichiara che è sbagliato cambiare le regole troppo spesso. E i giudizi positivi sono più frequenti tra i giovani. Che comunque sono pessimisti (o realisti, a seconda del punto di vista): il 43,1% si aspetta una pensione pari o inferiore a 1.000 euro al mese e solo il 9,6% ritiene che sarà superiore a 1.500 euro.
Il saldo tra i giudizi di sufficienza e insufficienza del proprio reddito, che aveva toccato il picco (71,7%) nel 2002 — l’anno dell’arrivo dell’euro nelle nostre tasche — scende ora al minimo storico (45,7%). Nel 2011, inoltre, raggiunge il picco (12,5%, vale a dire uno su otto) la quota di chi guadagna un reddito del tutto insufficiente al mantenimento del proprio tenore di vita. Mentre solo il 15,2% degli intervistati dichiara di non avere avuto alcun impatto dalla crisi.
Giovanni Stringa