Brunella Bolloli, Libero 19/6/2012, 19 giugno 2012
FALCONE NON BASTA, VIA IL 41 BIS AL BOSS DI CAPACI
L’avere contribuito a fare ammazzare il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e gli uomini della scorta non basta per fare rimanere il boss Antonino Troia al carcere duro. I giudici del Tribunale di Sorveglianza di Roma gli hanno revocato il 41 bis, sebbene Troia sia stato condannato all’ergastolo per la strage di Capaci e a quattro “fine pena mai” per omicidi vari. Non proprio uno stinco di santo. Eppure, dopo sette anni in isolamento, il Tribunale,accogliendo un ricorso dei difensori, ha deciso che il 41 bis, o meglio la proroga di tale misura, è troppo per il capomafia:un provvedimento «privo di adeguata motivazione». Non importa se Troia è stato il custode dell’esplosivo che il 23 maggio 1992 ha fatto saltare in aria Falcone e i suoi. Non serve ricordare che l’uomo, oggi 77enne,è stato il vero aiutante degli assassini del giudice antimafia, la persona che ha fornito appoggio logistico ai sicari affinché potessero mettere in atto il loro piano di morte. Troia era uno dei membri della Cupola quando fu decisa la strage: il guardiano del tritolo e soprattutto il “padrone” del territorio dove agì il commando. I suoi avvocati avevano già chiesto la revoca della misura al tribunale di sorveglianza di Bologna, che però aveva respinto l’istanza con una decisione confermata nel 2006 dalla Cassazione. Lo scorso novembre il ministro della Giustizia aveva rinnovato le restrizioni carcerarie a carico del boss, ma il collegio giudicante della Capitale, competente su tutte le impugnazioni dei decreti ministeriali che impongono il regime carcerario duro, ha respinto la misura. In sei pagine i giudici definiscono «non bene motivato», il decreto del Guardasigilli. Perché, che Troia sia stato, fino al ’92, un boss di spicco è certo. Ma nel decreto non risulta dimostrato né che la “famiglia” di Capaci sia ancora operativa, né che «l’organizzazione mafiosa abbia ora interesse a intessere indebiti collegamenti con Troia». Per il tribunale, insomma, l’unico elemento di valutazione utile del provvedimento si ferma al ’92. «Se è vero», concludono, «che il decorso del tempo non può da solo costituire elemento decisivo di valutazione, è altrettanto illegittimo fondare il giudizio richiesto dall’articolo 41 bis esclusivamente sul ruolo esercitato 20 anni fa da persona che oggi, malata e sottoposta a rigoroso regime penitenziario, non ha più avuto relazione con un’organizzazione che, pur nell’ambito di Cosa nostra, è in qualsiasi modo ancora legata a Troia». Il boss, comunque, non tornerà subito al regime carcerario ordinario, ma passerà prima attraverso un periodo di «alta sicurezza». Nel frattempo la Procura nazionale Antimafia e la Procura generale presso la Corte d’Appello, potranno presentare eventuale ricorso. Sul caso Troia, polemiche bipartisan: sia il Pd, che il Pdl che l’Idv hanno parlato di «segnale pericoloso » da parte dei giudici. Maurizio Gasparri: «Non vorrei che la revoca del 41 bis al Troia sia un omaggio alla memoria di Scalfaro, che nel ’92-93 guidò l’inquietante cancellazione di centinaia di 41 bis ai capicosca».