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 2012  giugno 19 Martedì calendario

TORNA PUTIN, MA OBAMA LO ASCOLTA POCO

Ieri sera, a Los Cabos, in Messico, i presidenti statunitense Barack Obama e russo Vladimir Putin si sono incontrati prima dell’apertura del Vertice del G20. Alzi la mano chi lo sapeva già. Ne vedo ben poche, di mani alzate. E una ragione c’è. Un colloquio tra i presidenti di quelle che un tempo furono le Super-Potenze bastava, una volta, a riempire le pagine di esteri dei quotidiani di tutto il mondo. Oggi, passa quasi in sordina: un po’ perché i due Paesi non sono più quel che erano; e un po’ perché i personaggi sono quel che sono. La Russia e Putin, prima. Super-Potenza non lo è più, da quando non è più Unione Sovietica; e anche il termine di Potenza l’ha retto a stento per parecchi anni. Adesso, è un po’ tornata a esserlo, nella fragilità complessiva della governance mondiale. Ma paga un presidente poco presentabile, quanto a pedigree democratico e a frequentazioni personali (Mr B. continua a essere uno dei suoi pochi e migliori amici, fuori dai confini della Grande Madre). Con Obama, poi, Putin proprio non lega: al Vertice del G8 di Camp David, a casa del presidente statunitense, non s’è neppure fatto vedere, mandando il suo ‘tuttofare’ Medvedev, quello che gli ha tenuto il posto in caldo al Cremlino per quattro anni, tra due sue elezioni, e che adesso è tornato a fargli da premier.
Da quando è di nuovo presidente, Putin tenta di mettere su una diplomazia alternativa a quella americana: fa comunella con i cinesi – è stato di recente a trovare Hu – e prepara una missione in Medio Oriente il 25 e 26 giugno, in Israele, nei Territori, in Giordania, Al G20, poi, s’è presentato rispolverando, contro la crisi, una ricetta già capace di innescare guerre: il protezionismo. “É tempo – sostiene in un’intervista al quotidiano messicano El Universal – che i governi dichiarino il protezionismo inaccettabile, ma riconoscano nel contempo la necessità di misure per proteggere le proprie economie”: ci vuole, cioè, “un accordo onesto su un livello accettabile di provvedimenti protezionistici che i governi possano prendere per proteggere i posti di lavoro in una crisi globale". Insomma, Putin prova a inserirsi nel dibattito sulla crescita, cui è stato finora estraneo, ma stecca l’entrata, perché non è che Usa e Cina e pure l’Ue non giochino talora sporco sul protezionismo, ma mai ne faranno esplicita ammissione.
Quanto a Obama, a Los Cabos, più che il presidente, c’è il candidato democratico alla Casa Bianca. Per lui, l’incontro con Putin vale poco: si parla di Siria (sì, certo, una tragedia, ma che elettoralmente non conta, tanto più che Usa e Russia continuano a pensarla diversamente). Importa di più, invece, quello con i leader dell’Ue: David Cameron, François Hollande, Angela Merkel, Mario Monti, più il presidente del Consiglio europeo Hernan van Rompuy e il presidente della Commissione José Barroso: li che vuole convincere a mettere in moto il volano della crescita in Europa, perché, se l’Unione non cresce, gli Usa crescono di meno e la conferma del presidente resta in forse.
Neppure gli Stati Uniti sono la Super-Potenza Unica che furono dopo il crollo dell’Urss: forse, lo restano dal punto di vista militare, ma questo presidente –per fortuna – è poco incline a usare la forza rispetto al suo predecessore; politicamente, invece, sono meno determinanti che in passato in aree del Mondo di loro tutela, ad esempio nei rapporti con Israele; ed economicamente dipendono dalla Cina più di quanto la Cina non dipenda da loro.
Con i leader dell’Ue, Obama fa il punto sull’Eurozona, un po’ rasserenata dopo il voto di domenica in Grecia, salutato con favore dal presidente. L’interesse del G20 è più nei contatti di contorno che nelle conclusioni collegiali: la presidenza messicana esclude “soluzioni” o “risultati specifici”, conta in “progressi” anti-crisi. Per una volta, tra G8 e G20, il Vertice che tutti aspettano è quello europeo del 28 e 29 giugno a Bruxelles.