Maurizio Ricci, la Repubblica 18/6/2012, 18 giugno 2012
I VENTI ANNI CHE SCONVOLSERO IL CLIMA
Quella che, solo tre anni fa, era ancora una ipotesi da catastrofisti è, invece, purtroppo, a portata di mano: il mondo è destinato a friggere. Negli ultimi trent’anni, la domanda di energia è raddoppiata. Se le cose non cambiano in fretta, aumenterà di un altro 85 per cento, da qui al 2050. E, poiché l’energia che utilizziamo costituisce i due terzi delle emissioni di anidride carbonica che riscaldano il pianeta, preparatevi ad una esplosione dell’effetto serra. Risultato? In media, la temperatura della Terra non crescerà di 2 gradi centigradi, il massimo che, secondo gli scienziati, possiamo sopportare senza cataclismi. E neanche di 4 gradi, che già sarebbe una tragedia in vari angoli del mondo. Ma saremo proiettati verso un forno, in media di 6 gradi più caldo di adesso. Addio calotte polari e ghiacci eterni: vuol dire andare al Polo Nord in gommone, ma anche in canotto al Campidoglio, favoleggiando del
Bangladesh come di Atlantide.
A dirlo non è la solita torma di ecologisti, eccitati dal vertice di Rio sul riscaldamento globale. Sono, invece, i prudenti esperti della Iea, l’Agenzia internazionale dell’energia, ovvero il braccio dedicato all’energia dai paesi ricchi e industrializzati, riuniti nell’Ocse: in due parole, quelli che gli ecologisti da sempre chiamano “la lobby dei petrolieri”. Non è la prima volta che alla Iea si mostrano pessimisti. Ma il recentissimo rapporto
Energy Technology Perspectives 2012,
sulle prospettive delle nuove tecnologie, dell’agenzia di Parigi va molto più in là. Dice una cosa che, finora, era possibile leggere solo nei rapporti di Greenpeace o del Wwf e in cui gli scettici vedevano l’insopprimibile impulso a gettare il cuore oltre l’ostacolo: puntare sulle energie alternative per comprimere l’effetto serra non fa solo bene alla salute. Conviene economicamente. Ovvero, ci si guadagna. E non — attenzione — perché ci si risparmiano i danni e le catastrofi del mondo bollente: inondazioni, siccità, cicloni. No, è proprio un conto di portafoglio: quello che si paga oggi, torna maggiorato domani.
Il mondo ci guadagna, nei conti della Iea, 60 mila miliardi di dollari. Come ci si arriva? I tecnici dell’Agenzia calcolano che, investendo nelle centrali ad energia pu-lita, si spenderebbe, da qui al 2050, 140mila miliardi di dollari. Sembra una cifra enorme, ma, in realtà, è solo di 36mila miliardi di dollari superiore a quella che si spenderebbe comunque, per fare centrali inquinanti, nel mondo destinato a diventare più caldo di 6 gradi, invece che di due. Quei 36mila miliardi di dollari equivalgono a una spesa in più, per ognuno di noi, di 130 dollari l’anno. È tanto, ma adesso arrivano i risparmi. In un mondo che punta sull’energia pulita, anziché sui combustibili fossili, che si sforza di trovare materiali che sostituiscano prodotti energivori come acciaio e cemento, che gira sull’auto elettrica, si consuma meno petrolio. Al contrario, nel mondo in cui non ci preoccupa dell’effetto serra e si viaggia verso i 6 gradi, si consuma più petrolio e il suo prezzo schizza verso le stelle. Sommando il risparmio dei prezzi minori, perché è minore la domanda, e della minore quantità consumata, i tecnici della Iea (che sono fra i maggiori esperti del mondo del petrolio) calcolano un risparmio di 100mila miliardi di dollari. Ovvero, un risparmio netto di 60mila miliardi di dollari, rispetto ai 36mila pagati in più per privilegiare le energie pulite. Naturalmente, l’investimento in energia pulita va fatto subito, mentre il risparmio arriva lentamente negli anni. Ma questo avviene per qualsiasi investimento nell’energia, come una diga, i cui benefici si vedono con il tempo. Se avete un diploma da ragioniere e una tendenza alla pigno-leria, potete osservare che i soldi spesi oggi valgono più di quelli risparmiati domani. La Iea ha pensato anche a questo: anche scontando l’investimento (del 10 per cento l’anno) il saldo resta comunque positivo per 5 mila miliardi di dollari. «Investire nell’energia pulita è buon senso economico» dichiara il rapporto della Iea. Il problema, dicono i tecnici dell’Agenzia, non è l’esistenza di uno scenario virtuoso, ma che troppo poco si fa per percorrerlo. Sole, vento, biomasse hanno fatto passi da gigante e i costi hanno subito drastici tagli. Ma la Iea resta convinta che, nonostante il ruolo crescente delle energie alternative (per le quali, fanno capire da Parigi, un meccanismo ragionevole di sussidi sono soldi ben spesi), il grosso della transizione alla rivoluzione dell’energia debba avvenire nelle centrali tradizionali, a gas o a carbone. È qui che i processi di cattura e sequestro dell’anidride carbonica dovrebbero rendere ecologicamente e climaticamente neutrali i grandi volumi di energia prodotta. Ma, nonostante impegni e promesse, gli impianti e le infrastrutture che dovrebbero sottrarre l’anidride carbonica alle centrali e seppellirla sottoterra sono ancora alla fase sperimentale e dimostrativa. Con viva soddisfazione, peraltro, di una buona fetta di ecologisti, convinti che tenere effettivamente la CO
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sottoterra non sia né semplice, né scontato. L’incubo dell’effetto serra ha portato Iea ed ecologisti dalla stessa parte,
ma la barricata non è la stessa per tutt’e due.