Valeria Fraschetti, la Repubblica 18/6/2012, 18 giugno 2012
SANGUE, RIVOLTE E REPRESSIONI 800MILA PERSONE IN FUGA IL 2011 È L’ANNO DEI RIFUGIATI
ALTRO che anno della caduta di Gheddafi, Ben Ali e Mubarak. O del trionfo di Ouattara in Costa d’Avorio e della fine di Bin Laden. Per centinaia di migliaia di persone il 2011 sarà soprattutto ricordato come l’anno in cui sono state costrette a abbandonare casa e patria. Come “l’anno dei rifugiati”. Primavere arabe, nuovi conflitti, crisi di vecchia data, ma con un flusso in uscita che non s’arresta hanno regalato all’ultimo anno un record pesante: quello con il più alto numero di persone diventate rifugiate dal 2000. Ottocentomila. Tante ne conta l’ultimo rapporto dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). Che, complessivamente, rileva che nello stesso periodo 4,3 milioni di persone sono state protagoniste di migrazioni forzate.
«Il 2011 ha visto sofferenze di dimensioni memorabili», ha dichiarato l’Alto commissario dell’agenzia Onu Antonio Guterres. Costa d’Avorio, poi Libia, Somalia,
Sudan e altri Paesi ancora. Una sequela di crisi umanitarie che alla fine del 2011 ha contribuito a registrare nelle statistiche demografiche del pianeta la cifra di 42,5 milioni di persone tra rifugiati (15,4 milioni), sfollati interni (2,64 milioni) e richiedenti asilo (895mila). Solo gli scontri in Costa d’Avorio, tra i sostenitori del neoeletto presidente Ouattara e quelli del suo predecessore Gbagbo, hanno creato un esodo di 200mila ivoriani. Altri 300mila rifugiati sono quelli prodotti dalla carestia e dalla guerra in Somalia. È l’Afghanistan, però, che si conferma il Paese d’origine del maggior numero di rifugiati, 2,7 milioni. In pratica: un rifugiato su quattro al mondo è afgano. Seguono Iraq (1,4 milioni), Somalia
(1,1 milioni) e Sudan (500mila). Uno tsunami umano che tracima puntualmente nei Paese limitrofi, come dimostra il fatto che quelli che ospitano più rifugiati sono il Pakistan, l’Iran, il
Kenya e il Chad. Tutti Paesi che già faticano a garantire standard di vita dignitosi ai propri cittadini. E che confermano, quindi, un altro dato preoccupante: quattro quinti dei rifugiati si trovano
in Paesi in via di sviluppo, quasi la metà in economie dove il reddito pro-capite non arriva ai 3000 mila dollari.
Poi, l’effetto sull’Italia dei rivolgimenti nordafricani e mediorientali.
Nonostante allarmi e allarmismi, il nostro Paese ha solo un rifugiato ogni mille abitanti, 58mila in tutto. Mentre in Francia, Regno Unito e Olanda il rapporto è di 3-4 ogni mille. Eppure, le primavere arabe fanno balzare l’Italia al quinto posto per numero di domande d’asilo: 34mila. Un incremento pazzesco: + 240 per cento in un anno.
La nota positiva nel rapporto annuale Unhcr esiste, e viene dalla popolazione degli sfollati. In 3,2 milioni, la cifra più alta da oltre un decennio, hanno fatto ritorno a casa. Il fenomeno è stato più evidente in Libia, dove la fine del conflitto tra gheddafisti e ribelli ha spinto 150mila cittadini fuggiti dalle bombe a fare ritorno nelle loro case abbandonate pochi mesi prima. Tendenza simile in Costa d’Avorio con la fine delle violenze politiche, che ha visto 135mila persone lasciare la Liberia per tornare a Abidjan e dintorni. Anche in Iraq, evidentemente, la sicurezza interna sta migliorando se i rifugiati rientrati sono stati 67mila, il doppio del 2010. Un incremento dovuto anche all’introduzione di un sussidio per i rimpatriati e al conflitto nella vicina Siria, ospite di un gran numero di rifugiati iracheni. Che, scampati a una guerra in patria, si sono ritrovati in mezzo
a una nuova guerra civile.