Maurizio Ricci, la Repubblica 17/6/2012, 17 giugno 2012
MAPPE E GRAFICI PER DISEGNARE LO SVILUPPO DEL MONDO ILLIBROOGGETTO
Diciamo la verità: gli scenari dei futuri possibili non ci fanno mai dormire sonni tranquilli. Magari, non è più la paura di una fine repentina nell’apocalisse atomica. Neanche di una grande guerra. E, forse, neppure di una tragica epidemia, a cui la medicina non ha risposta. Ma il mondo è più instabile che mai. Solo che, invece, di esplodere, il rischio è che imploda lentamente, soffocato e prosciugato di risorse. Se puntiamo il cannocchiale a quello che sarà il pianeta fra vent’anni, infatti, vediamo all’opera due processi che, presi singolarmente, sembrano benefici, ma che, combinati insieme, rischiano di strangolare il pianeta. Saremo sempre di più e staremo
sempre meglio: meno poveri, più classi medie. Ma non è necessariamente una buona notizia: Più persone, più reddito vuol dire più consumi. Si tratti di acqua, benzina o bistecche, nelle condizioni attuali, presto non ce ne sarà abbastanza per tutti. Produrre sempre più cibo significa, infatti, sottrarre sempre più acqua, sfruttare sempre di più i suoli. Non c’è bisogno dello zelo del predicatore, basta l’occhio dell’economista per vedere che lo sviluppo materiale sta mettendo sempre più a nudo i limiti del pianeta, che rinchiudono l’umanità entro un orizzonte di risorse enormi, ma non inesauribili.
L’Atlante dei futuri del mondo
di Virginie Raisson (Slow Food editore, 25 euro) è una mappa dettagliata (cartine comprese) a tratti illuminante, di questi limiti e di
quello che possono significare per il mondo del 2033. E, ciò che più conta, del loro intreccio. Perché ognuno di quei limiti non è un vicolo cieco separato: piuttosto, siamo di fronte ad un perimetro chiuso, in cui ogni vicolo cieco porta, in realtà, in un altro. In questa sorta di labirinto, si può partire da un punto qualsiasi. Ad esempio, l’esplosione demografica è diseguale: troppa gente in un paese, troppo poca in un altro. Lo squilibrio porta alle migrazioni, con le tensioni e i conflitti che determinano, ma anche con il boom di sistemi ecologicamente inefficienti come i grandi agglomerati urbani. Queste megalopoli moltiplicano la pressione sulle risorse, idriche e agricole, e sulla disponibilità di energia, svuotando il patrimonio di minerali e combustibili fossili e accrescendo
l’inquinamento e l’impatto del riscaldamento globale. Ma potreste partire anche di qui: il riscaldamento globale incide sulla disponibilità di acqua e sulla fertilità dei suoli, accrescendo il bisogno di energia e aggravando il problema demografico, che moltiplica la spinta alle migrazioni e all’urbanizzazione. Eccetera.
Ognuno di questi circoli viziosi, sottolinea, però, la Raisson, può essere spezzato. La mappa dei limiti è anche una ricognizione – grafici e tabelle sottomano – delle opportunità che apre il riconoscimento di quei limiti: energie alternative, riciclo, agricoltura sostenibile. Ognuno di quei vicoli ciechi ha, insomma, una via d’uscita. Mai facile, mai scontata, mai garantita. Ma possibile.