Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  giugno 18 Lunedì calendario

MATTONE. DOPO L’IMU ECCO I VERI RENDIMENTI

Qualsiasi indagine di opinione tra gli italiani considera la casa l’investimento più sicuro. Per citare solo il dato più recente, oltre la metà di chi detiene risparmi è disponibile a investirli in immobili: lo ha rivelato il sondaggio realizzato da Anima e Gfk-Eurisko per CorrierEconomia (vedi numero scorso). Il risultato è perfettamente in linea con il comportamento storico dei nostri investitori, visto che, secondo la Banca d’Italia, oltre la metà della ricchezza delle famiglie (4.950 miliardi su un totale di 9.525 di patrimonio) è rappresentata dal mattone.
Fattore
Sul mercato però ha fatto irruzione il fattore Imu. L’imposta, oltre a pesare sul portafogli delle famiglie, potrebbe anche avere un effetto psicologico destabilizzante perché infrange un tabù: quello per cui sulla casa in Italia si pagano imposte ridotte e addirittura nulle per l’abitazione in cui si vive. Una rottura con il passato che potrebbe avere effetti devastanti secondo Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, per il quale l’imposta farà calare i prezzi in pochi mesi del 20%. Mentre per il presidente di Confedilizia Corrado Sforza Fogliani farà sparire l’offerta in locazione. Meno catastrofico il giudizio di Luca Dondi, responsabile dell’Osservatorio di Nomisma, per il quale sarà solo una componente, e non la principale, per cui i prezzi scenderanno ancora per un paio di anni. Quasi ottimista è invece Leo Civelli, amministratore delegato di Reag, per cui l’imposta potrebbe alla lunga anche avere un effetto positivo perché costringerà a mettere sul mercato immobili inutilizzati.
Ecco qui allora la foto del mercato facendo i conti su tre diversi profili di utilizzo del mattone: l’abitazione principale, la casa tenuta a disposizione e quella affittata. Ai numeri è però possibile aggiungere qualche considerazione. I primi mesi del 2012 sono andati molto male per gli affari: l’Agenzia del Territorio ha rimandato la pubblicazione dei dati sulle compravendite nel primo trimestre ma secondo indiscrezioni dal computo risulterebbe un calo a due cifre; a confermarlo c’è l’andamento dei mutui: le erogazioni sono scese del 57% e le domande del 46%.
L’ultima indagine congiunturale, aggiornata ad aprile e condotta da Banca d’Italia con Tecnoborsa e Agenzia del Territorio, dice che due terzi degli agenti immobiliari segnalano quotazioni in diminuzione e aumento del divario tra richiesta e prezzo effettivo. L’unico segnale lievemente positivo sta nel fatto che per la maggior parte degli interpellati siamo al punto più basso della crisi.
È in aumento l’offerta, mentre non starebbe venendo meno la domanda, che secondo molti osservatori non si concretizza per colpa della scarsa offerta di mutui. Qui però è opportuno fare un po’ di chiarezza: il problema è che vengono concessi con restrizioni molto pesanti sul rapporto rata/reddito e sulla quota finanziabile dell’immobile. Ma non c’è una vera questione di tassi: il costo effettivo della rata oggi è analogo a quello praticato nel 2006-2007, quando scambi e prezzi erano ai massimi. La salita degli spread rispetto ad allora infatti è compensata, in parte, dal crollo dei parametri di indicizzazione.
Cuore
Il cuore del problema è forse altrove, per identificarlo il Cresme ricorre al termine inglese affordability e cioè la possibilità concreta che le famiglie possano comprare casa. Rispetto all’epoca della lira i prezzi reali delle case sono saliti (il divario quotazioni/inflazione a Milano e Roma negli ultimi dieci anni è di circa 40 punti) mentre i redditi reali sono scesi; fin quando allo squilibrio si rimediava erogando mutui di lunga durata all’80-90% del valore della casa si poteva trovare un compromesso, oggi invece le possibilità di ripresa del mercato, che anche i più ottimisti datano al 2014, sono legate o alla diminuzione dei prezzi o all’aumento delle disponibilità economiche delle famiglie. Facile immaginare quale delle due ipotesi sia più plausibile.
Gino Pagliuca