Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 18/06/2012, 18 giugno 2012
ROSANNA E L’ESAME A 73 ANNI. QUELLI CHE NON SI ARRENDONO - I
vecchi sono bambini per la seconda volta. Probabilmente non ha pensato a questa frase di Aristofane, ma davvero Rosanna Rizzi ha trasformato la sua vecchiaia in una nuova infanzia quando ha deciso, a 73 anni, di provare a fare quel che non ha potuto da piccola, prendersi la licenza di terza media. Così, per un anno intero ha seguito i corsi serali della Dante Alighieri del suo paese, Ponte San Pietro in provincia di Bergamo, e la scorsa settimana ha sostenuto gli esami di italiano, inglese, matematica, scienze e tecnologia che le hanno regalato (si fa per dire) il diploma a cui aspirava da decenni.
Classe 1939, per via della guerra finì la quinta elementare solo nel ’51, ad Azzano Lombardo, ma poi non aveva più potuto continuare la scuola: «Mi piaceva studiare e riuscivo molto bene, ma papà è morto quando avevo due mesi e mia madre, vedova con quattro figli, non poteva permettersi di mantenermi». Storie da non crederci, oggi. Mamma Carlotta a due anni fu abbandonata in una cascina di Azzano e venne cresciuta da una famiglia di contadini: «È stata bene, ma appena compiuti i 18 anni ha voluto sposarsi con un uomo molto più grande, Basilio Rizzi, che lavorava da operaio all’Italcementi: miseria lui, miseria lei, ma nella povertà stavano bene insieme. Morto papà, mia madre si mette a fare i mestieri per i ricchi del paese. Anni duri, quando si scappava nei campi sotto i bombardamenti, ma anche anni sereni, mamma era una donna buona, forte e dignitosa, ci volevamo bene. Finite le elementari, io vorrei andare a Bergamo alle medie, ma non posso. La maestra mi chiama e mi fa: la tua mamma deve lavorare tutto il giorno e tu devi aiutare in casa. Così mi è rimasto nel cuore quel desiderio».
La prima pensione del fu Basilio Rizzi, 22 mila lire, arriva in casa nel 1972. «Ma era troppo tardi, non c’era più la povertà del dopoguerra, quando si pativa per davvero la fame: io per fortuna mai, ma mi ricordo bene che mio fratello piangeva perché non aveva da mangiare e mia madre piangeva con lui, perché non aveva niente da dargli». I fratelli finiscono a bottega, senza guadagnare («mia mamma li mandava lì per non averli sulla strada, intanto imparavano un mestiere») e la mingherlina Rosanna rimane in casa a dare una mano. Quando sua madre, nel ’55, smette di lavorare da operaia nell’amianto, in una fabbrica di eternit, le subentra la figlia. Un paio d’anni dopo, un corso professionale permetterà a Rosanna di entrare come segretaria in un ufficio, dove rimane per quindici anni. Intanto sono nate due figlie, ma quel desiderio nel cuore non è mai andato via: il diploma di scuola media. Adesso basta, dice Rosanna l’anno scorso, e così si iscrive. Lezioni serali («con tanti extracomunitari»), tutti i giorni dalle 5 alle 7, poi ci sono i compiti. Gli esami non sono una passeggiata: «Per scienze, ho studiato l’ambiente e l’inquinamento, tutta roba che non sapevo, per italiano la grammatica, gli articoli, i pronomi e quelle cose lì, all’esame dovevo commentare un brano di Primo Levi, mi è piaciuto tanto, perché parlava della dignità della persona e mi ha ricordato mia madre... L’inglese è stato difficile, forse l’anno prossimo mi iscrivo a un corso per impararlo meglio. Forse il computer, non so...».
Gli atleti, i politici o i personaggi televisivi che decidono di prendersi una prima o una seconda laurea in età più che adulta non stupiscono. Si va da Gerry Scotti a Claudio Baglioni, da Gianni Alemanno a Gianna Nannini. Stupisce, semmai, un po’ di più un Gianni Bugno, ex campione del mondo di ciclismo, che terminata la carriera, a 34 anni, nel 1998 si presenta per la maturità all’Istituto tecnico per Periti aziendali di Varese. Ma il caso della signora Rosanna assomiglia di più a quelli di tante persone non illustri in cui si risveglia il desiderio di studiare rimasto frustrato molti anni prima, per ragioni non di gloria ma di sopravvivenza. Esempi di quel concetto che il geriatra Carlo Vergani consegnò a Giovanni Raboni in un’intervista di diversi anni fa: «Si invecchia più a lungo quando si invecchia meglio». Invecchiare meglio significa coniugare con l’autonomia fisica un’attività intellettuale o un impegno etico: ritrovare il proprio tempo non solo per ricordare.
Dopo la maturità, ottenuta nel 2010 a 78 anni al Liceo classico Gandhi di Milano, l’ex impiegato Enzo Giurgola disse che «la scuola è una medicina contro la vecchiaia», per questo s’era messo a studiare il latino e il greco in tarda età. Per questo, si sarebbe poi iscritto a un corso di computer. Per dimostrare che «non sono da buttar via», Antonio Sola, un contadino novantenne di Caltanissetta, nel 2003 riuscì a conseguire la licenza elementare: probabilmente senza averlo mai letto, concordava con Cicerone sul principio che «nessuno è tanto vecchio da non credere di poter vivere ancora un anno». Nel 2000 un altro contadino novantenne (calabrese), Antonino Orfino, fu promosso alla licenza media. Tutti ragazzini se si pensa a Maria Grazia Broccolo, che nel 1999 aveva già compiuto 108 anni quando dopo circa un secolo rientrò in classe per frequentare la prima media nel suo paese, Minturno, in provincia di Latina. Aveva cominciato a lavorare a 11 anni nei campi, aveva vissuto due guerre e aveva messo al mondo diversi figli. La signora Rosanna potrebbe essere sua nipote.
Paolo Di Stefano