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 2012  giugno 18 Lunedì calendario

«LA PAURA DI NOI DANZATRICI DEL VENTRE» —

«La paura che l’Egitto diventi come l’Arabia Saudita ce l’abbiamo in molti, è concreta. E io ne so qualcosa visto che gli islamici mi hanno distrutto il locale e ho anche ricevuto minacce. E poi in questo caos gli spettatori occidentali sono quasi scomparsi e gli arabi del Golfo non si vedono più, siamo in crisi. Però l’arte resiste, siamo in poche a difenderla ma non ci arrendiamo». L’«arte» è la danza del ventre, e chi parla è Lucy, una delle poche ballerine egiziane «serie e di alto livello» ancora in attività sul Nilo. Oltre a lei, che dichiara 43 anni ma che da decenni è una star, tra le «grandi» ci sono la più giovane Dina, e le altre veterane Randa Kamel e Fifi Abdou, ritiratasi ad insegnare. «Siamo interpreti di una cultura antica che in Egitto è sempre stata apprezzata — dice Lucy —. Io ho iniziato da bambina alle feste popolari per aiutare con qualche soldo in famiglia e perché era la mia grande passione. Adesso però è diverso, soprattutto negli ultimi mesi il clima è cambiato. E in peggio».
Nel quartiere borghese di Mohandisin dove vive, Lucy ci riceve in un enorme appartamento da diva con vista moschea, stracolmo di divani, ninnoli e foto, quasi tutte di lei. Si è appena alzata e sono le 4 di pomeriggio. «Ballo ogni notte dalle 3 alle 5 nel night club Parisiana di mio marito, sulla strada delle Piramidi», si scusa. Poi aggiunge: «È un bellissimo locale, appena rimodernato perché all’inizio della Rivoluzione è stato bruciato dai salafiti. E della gentaglia, non so se islamici o meno, prima mi aveva rubato tutto: costumi di scena, profumi, parrucche, scarpe italiane. Milioni e milioni di euro di danni. Un disastro. Per questo voto Shafiq: contro gli islamici e perché voglio che torni l’ordine».
Lucy, che da tempo affianca la danza alla carriera di attrice in film e soap di successo, insiste che la sua fede è sincera. «Sono una buona musulmana, prego, amo il mio Dio che mi ha fatto bella e mi ha regalato talento e fortuna. Ma il mio Dio non mi ha mai detto di velarmi e io non lo faccio. Il niqab, il velo integrale, anzi mi fa orrore». Potrebbe diffondersi ancora di più la norma islamica che copre le donne, se vincesse Mohammed Morsi? Soprattutto: una sua vittoria sarebbe la fine per la danza che scopre perfino il ventre? «Non credo, i Fratelli tenterebbero di vietarla ma non mi fanno paura. Mi preoccupano, certo, ma io e tutti nell’ambiente dello spettacolo siamo convinti che non potrebbero imporci niente. Hanno visto com’è finito Mubarak, no? Dopo 30 anni di potere assoluto è caduto in un giorno». E se anche dovessero venire tempi bui, aggiunge, lei resterebbe al Cairo. «Potrei andarmene in America, ci vado spesso a insegnare, mio figlio è nato là. Ma io di qui non mi muovo, succeda quel che succeda».
Non la pensa così Lorna, nome d’arte di un’altra affermata (seppur non ai livelli di Lucy) raqqasa, ballerina del ventre. Rappresentante di una categoria di danzatrici che negli ultimi anni è cresciuta e si sta imponendo in Egitto: le straniere. «Se le egiziane, tranne le pochissime star, hanno difficoltà perché la società è sempre più rigida e in fondo le disprezza considerandole quasi delle prostitute, noi forestiere abbiamo altri problemi. E se a questi dovesse aggiungersi una vittoria islamica sono pronta a fare la valigia e tornarmene a casa». La «casa» di Lorna, lei precisa, è in realtà da sei anni qui al Cairo, dove danza la sera sulla barca-ristorante di lusso Golden Pharaoh ormeggiata sulle rive del Nilo. Ma nella sua «vita precedente» Lorna era scozzese: insegnante a Edimburgo di danza africana, poi del ventre, fino alla decisione a 26 anni di emigrare nella patria del ballo orientale. «È davvero un’arte meravigliosa e amata qui in Egitto, ma ormai sta svanendo. Da decenni l’ondata religiosa è montata, sempre meno ragazze vogliono ballare o appena si sposano e fanno un figlio lasciano — spiega —. Quando siamo arrivate noi straniere, russe, europee, anche sudamericane, le ballerine locali ci hanno fatto la guerra in tribunale, per due anni non abbiamo potuto lavorare. Poi ci hanno lasciato ballare ma con rigidi limiti sui contratti e cachet molto inferiori ai loro». Lorna aggiunge che comunque lei è per il momento contenta, anche se a nessuno nel quartiere ha parlato del suo mestiere per evitare problemi. E dice che avrebbe il cuore in pezzi se dovesse andarsene. «Prego che non succeda, per me e per questo Paese. Non riesco nemmeno a immaginarmi un Egitto senza danza del ventre».
Cecilia Zecchinelli