Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  giugno 18 Lunedì calendario

Se lo Stato si fa pregare per fregarci - Alcuni libri sono impor­tanti. Rientra in questa categoria l’ultimo volu­me di Carlo Lottieri: Credere nello Stato? Teologia poli­tica e dissimulazione da Filippo il Bello a Wikileaks (Rubbettino, pagg

Se lo Stato si fa pregare per fregarci - Alcuni libri sono impor­tanti. Rientra in questa categoria l’ultimo volu­me di Carlo Lottieri: Credere nello Stato? Teologia poli­tica e dissimulazione da Filippo il Bello a Wikileaks (Rubbettino, pagg. 196, euro 15). La tesi non può lasciare indifferenti: fin dalla sua origine, nel XIII-XIV secolo, lo Stato si è imposto come un nuovo oggetto di venerazione. Per otte­nere un controllo crescente sulla vita e sulla proprietà degli uomi­ni, moltiplicando leggi e regola­menti, espropriando beni e risor­se, pianificando e regolarizzando comunità e associazioni, questa istituzione ha dovuto «disporre di un potente strumento ideologico, così che i cittadini riconoscessero una qualche legittimità alla sua azione». E poiché nulla più del sa­cro è efficace in tal senso, lo Stato ha avuto e ha bisogno di costruirsi attorno un’unità di tipo religioso. Tutto può essere messo in di­scussione tranne l’ineluttabilità e la giustezza del suo potere. Per pretendere un’adesione illimita­ta dei cittadini, ogni valore o fede può relativizzarsi tranne il fatto che lo Stato debba permanere co­me struttura indiscutibile. Quan­do diciamo «è stato un onesto ser­vitore dello Stato », implicitamen­te c­onsegniamo allo Stato un rilie­vo sacrale, al punto da ritenere de­gno d’onore essergli servitori. An­che Alexander Rüstow scriveva: «ogni dispotismo ha bisogno del­l’aiuto spirituale di una teologia, e quando non ha un ambito sociale religioso a propria disposizione, esso crea il proprio mito e la pro­pria ortodossia». Sebbene si annunci come appa­ra­to neutrale al cui interno creden­ze e opinioni possono convivere, per Lottieri lo Stato non può esse­re a-religioso perché pretende di rappresentare un’universalità su­periore a ogni prospettiva indivi­duale, per cui la volontà di organiz­zare il mondo prevale sul ricono­scimento della persona, e tale vo­lontà è egemonica. Non è un caso che lo statalista Stefano Rodotà af­fermi che «la ricostruzione della moralità pubblica è oggi il più ric­co dei programmi politici ». Ovve­ro lo Stato deve educare e indiriz­zare il popolo: solo così infatti ri­conferma la sua sovranità. «È cru­ciale - scrive Lottieri - il ruolo gio­cato dagli intellettuali nell’edifica­zione di tali sistemi di oppressio­ne ». L’imporsi dello Stato è avve­nuto in un preciso momento: du­rante il Medioevo l’ordine dei po­teri era pluralizzato, così che nes­suna autorità poteva sovraimpor­si sulle altre; ma quando questo or­dine entra in crisi lascia spazio a principati che rivendicano un nuovo potere su territori e popola­zioni, e, con il parallelo decadere del Cristianesimo, emerge una nuova teologia politica, quella del­lo Stato. La Francia sarà la capita­le. Filippo il Bello, infatti, centra­lizza il suo controllo svuotando le autonomie locali della feudalità. Ma l’elaborazione teologica dello Stato prosegue nei secoli, da Ma­chiavelli a Kant e Hegel fino al­l’idea attuale, come dice il filosofo Castrucci, «di pervenire all’unità morale dell’umanità, unificata sotto una sola legge e giurisdizio­ne »,con l’inevitabile sacrificio del­le differenti volontà particolari. Se lo Stato prende a modello un individuo generico e astratto e im­pone di conformarsi ad esso, non basta certo che Wikileaks riveli i se­greti diplomatici. Servono altre re­sistenze. Nel suo libro Denaro e co­munità Lottieri scriveva: «la fami­glia deve essere pensata come un vero contro-potere, un luogo di re­sistenza alle centrali di omologa­zione e pianificazione dello Sta­to »; in quest’ultimo libro aggiun­ge: «i militanti della moralizzazio­ne universale devono fare i conti con un insieme disordinato e dina­mico di persone e gruppi» che ri­fuggono da questo ordine sovra­no e hanno un punto di riconosci­mento: la persona deve prevalere sul principio astratto. Tale giustissima proposizione però era al fondo di tutte le teolo­gi­e che hanno lasciato il campo al­l’ideologia dello Stato. Il Cristiane­simo, per primo. Dunque la perso­na umana da sola, come base, non basta. Se si vuole superare lo Sta­to, il problema è ancora tutto aper­to.