Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  giugno 18 Lunedì calendario

Se 20 anni di temi di maturità raccontano la storia d’Italia - Quando sta lì, con la pagi­na bianca, e le ore che pas­sano, non ci pensi

Se 20 anni di temi di maturità raccontano la storia d’Italia - Quando sta lì, con la pagi­na bianca, e le ore che pas­sano, non ci pensi. Quel­la maledetta traccia del te­ma di maturità è un’orma, uno specchio. Devi guardarle tutte in­sieme, magari dal 1985 al 2011, co­me stai facendo adesso, per ren­derti conto di quello che racconta­no, di come a certo punto l’Italia abbia smarrito il suo futuro. I buro­crati del ministero della pubblica istruzione, in realtà, sono i testi­moni e i custodi delle paure, dei dubbi e delle speranze di un Pae­se. Qualcuno dovrebbe raccoglie­re quelle tracce e i temi di milioni e milioni di maturandi in un mu­seo. C’è la svogliata autobiografia di un popolo. Quelle carte in teo­ria le scuole dovrebbero conser­varle per sempre. Chissà se lo han­no fatto. Le tracce dei temi non mento­no. Nel 1985 Gorbaciov viene scel­to come segretario del Pcus, tra qualche anno la geografia del mondo cambierà colore, ma il te­ma storico parla di due visioni del­l’Europa. Quella di Metternich e di Mazzini, l’Europa tedesca con­tro quella dei popoli. Nessuno po­teva immaginare allora che in Gre­cia si sarebbe votato proprio su questo. Quel 1985 è una finestra aperta sul futuro. Accade anche due anni dopo, anno di grazia 1987, per il liceo scientifico spunta la bioetica e l’eutanasia. Chissà cosa faceva Eluana Englaro allora? «I recenti sviluppi della biologia, della gene­tica e­della scienza moderna schiu­dono nuove incalcolabili possibi­lità e problemi morali estrema­mente seri e complessi». Questo chiedevano agli studenti. Non sa­pevano, allora, che cattolici e laici si sarebbero divisi come guelfi e ghibellini su etica, umano e sovru­mano. Nel 1989 spuntano le mac­chine e la robotica, la figura dell’in­tellettuale in politica, tanto caro al partito di Repubblica, e la teledi­pendenza. Ma è il tema di storia quello interessante. «La politica di Giolitti mosse dal consapevole bisogno di liquidare le pesanti ere­di­tà degli anni precedenti attraver­so il contenimento della spesa pubblica».Oggi i tecnici la chiama­no spending review, ma la mine­stra, e i furbi che la mangiano, so­no sempre gli stessi. Nel ’90 è quasi facile. Bossi è un barbaro sognante.Lì oltre l’Adria­tico, la Jugoslavia orfana di Tito, non si è ancora scoperta fratrici­da, ma l’odio cresce. Bisogna aspettare un anno per vedere il sangue, intanto la scuola si interro­ga sulle rivendicazioni nazionali­stiche. Passano dodici mesi e quel­lo che sorprende non è la citazio­ne di Monti, quello vero, il tradut­tor dei traduttor d’Omero, ma una traccia sulla realtà virtuale.«L’uo­mo può appagarsi di una realtà sperimentabile e verificabile?». Second Life e i social network ci da­ranno anni dopo la risposta. Nel 1993 si parla di Maastricht (è del 7 febbraio 1992) e ci si interroga sul­le conseguenze economiche, ma nel tema di letteratura si citano Pa­vese con La luna e i falò e il Vittori­ni di Conversazione in Sicilia per raccontare il ritorno alla terra d’origine,al paese,a quel pezzo di isola, di Itaca, unico punto fermo in un mare globale, dove tutto ciò che vedi e senti ha lo stesso sapo­re. Nel 1994 e poi di nuovo l’anno dopo è già chiaro che questi ragaz­zi non se ne vogliono andare di ca­sa. Nessuno li chiama ancora «bamboccioni», ma il funzionario si chiede se quello che spaventa sia questo senso di precarietà che si respira fuori dalla porta. «Biso­gna imparare a essere flessibili e cambiare più volte lavoro e luogo di residenza. Questo modello sem­bra essere il nostro futuro ». Non di­te che non vi avevano avvertito. Peccato che poi non abbiano fatto nulla. Sono anche gli anni, questi ultimi del secolo, in cui si vede il fallimento dello stato sociale e del mercato del lavoro, della famiglia. La storia pone problemi, la scuola li registra, la politica non li risolve. Attenzione. A un certo punto ac­cade qualcosa. E non è colpa dei funzionari. Nel 2000 il tema scien­tifico­evoca il libro elettronico sen­za conoscere la parola tablet e poi nel 2001 s’interroga sul futuro del­la musica: con Napster sarà per tutti? Scaricate, scaricate, qualco­sa resterà. All’orizzonte c’è You Tube. Poi i temi ricorrono. Sono gli stessi dell’ultimo novecento: emigrazione, Europa, lo stranie­ro, la precarietà, l’alienazione, la famiglia, la bioetica, i limiti della scienza, la condizione della don­na, la fine del «pensiero». Nel 2009 appaiono social network, inter­net e new media. Non sono il do­mani, ma un presente virtuale. È come se negli anni Zero il futuro si fosse incartato e incancrenito e «lo spirito del tempo» e gli uomini che lo portano a spasso continuas­sero a girare intorno alle stesse questioni, bruciando il tempo in modo circolare, affannandosi alla ricerca di una soluzione che rista­gna lì da quasi vent’anni. Ecco il verdetto delle tracce dei temi. Ci siamo persi nel labirinto del tem­po e nessuno ha una mappa o una torcia per trovare l’uscita. La tra­ma di questi anni non ha svolgi­mento. Qualcuno scriva due righe su quella pagina bianca.