Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  giugno 17 Domenica calendario

Lavoriamo 17 giorni in più per pagare il fisco - Arriviamo con maggiore affan­no al traguardo del sospiro di sol­lievo

Lavoriamo 17 giorni in più per pagare il fisco - Arriviamo con maggiore affan­no al traguardo del sospiro di sol­lievo. E, rivoltandoci le tasche, una volta di più ci accorgiamo di una sola cosa: che è il caso di ar­rabbiarci di più. Anche se inutil­mente. La notizia che esce fuori dalle nostre tasche rivoltate è che que­st’anno siamo stati costretti ad im­molare dieci giorni di lavoro in più rispetto allo scorso anno, per pagare le tasse. Una sconfortante constatazione appesantita anche dal fatto che manca soltanto una manciata di ore alla scadenza del pagamento di un’altra poco sim­patica stangata, l’Imu. Non c’è trucco e non c’è inganno in que­sta desolante constatazione, per­ché la rilevazione arriva dagli arti­giani della Cgia di Mestre che, in un adeguato studio, sottolineano come l’aggravio fiscale nel nostro generoso Paese comporti esatta­mente 165 giorni lavorativi per es­sere ripagato interamente. E, sul­la scorta di questi rilievi, il cosid­detto tax freedom day , il sospirato «giorno della liberazione dalle tas­se », è scoccato soltanto tre giorni fa, il 14 giugno. Dando uno sguar­do al passato la nostra «depressio­ne post tasse» può in effetti solo aumentare, come è aumentata in modo esponenziale la pressione fiscale. Rispetto a 10 anni fa, ha calcolato infatti ancora la Cgia, gli italiani lavorano 17 giorni in più per adempiere agli obblighi fisca­li. Se nel 2002, infatti, la pressione fiscale era pari al 40,5 per cento, quest’anno si attesterà al 45,1 per cento. Lasciamo che le cifre conti­nuino pure ad infierire su di noi: se 10 anni fa occorrevano infatti 148 giorni per raggiungere il gior­no di liberazione fiscale, nel 2012 si sono resi necessari ben 165 gior­ni lavorativi. Questo è il rendiconto che tutte le famiglie italiane, dagli onesti in­troiti e dall’altrettanto onesta vo­cazione a pagare le tasse, si trova­no a fare con amarezza mentre scriviamo queste righe. Così, on­de evitare di aggiungere noi com­menti poco edificanti lasciamo che a chiosare questo stato di co­se sia il segretario della Cgia, Giu­seppe Bortolussi: «Lavorare 165 giorni all’anno per lo Stato ci dà l’idea di quanto sia eccessivo il no­stro fisco. Ormai sui contribuenti onesti grava una pressione fiscale reale che arriva a superare il 54 per cento, un carico che non ha eguali in quasi tutta Europa. Tan­t’è che ormai solo alcuni Paesi scandinavi presentano un livello di tassazione superiore al no­stro ». Tutto vero. Sconsolatamente vero, purtroppo. Però, aggiungia­mo noi, quei Paesi scandinavi, for­se danno qualcosa in più ai loro cittadini rispetto a quanto noi ri­ceviamo dall’idrovora e ingorda italica macchina fiscale.