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 2012  giugno 16 Sabato calendario

IL TESORO COMPRA DA SE STESSO PER CREARE SOLDI DAL NULLA

L’economista Nicola Rossi, a suo tempo con Massimo D’Alema a Palazzo Chigi, oggi approdato nei territori del liberismo più rigoroso, fulmina i giochi di prestigio del governo tecnico: “Ho l’impressione che con le dismissioni avverrà solo il passaggio di elementi dalla tasca destra a quella sinistra”. Il leader Pd, Pier Luigi Bersani, invece, si allarma come di fronte a un governo su cui non ha diretto controllo: “Cerchiamo di darci un’occhiata”, dice della parte di decreto sulle dismissioni, “io mi chiedo dove va a finire Fincantieri”.
CERCHIAMO di distinguere gli annunci, le apparenze e la sostanza. L’annuncio è duplice. Prima mossa: la Cassa Depositi e Prestiti (che è per il 70 per cento dello Stato e per il 30 per cento delle Fondazioni bancarie, sempre denaro pubblico anche se l’oligarchia che le gestisce sostiene che è diventato privato) si compra dallo Stato tre società, la Fintecna, la Sace e la Simest. La Fintecna a sua volta possiede la Fincantieri e un bel po’ di immobili, la Sace e la Simest in vario modo sostengono le aziende italiane all’estero. La Cdp versa allo Stato 10 miliardi di euro, con cui si riduce il debito pubblico e di altrettanto si aumenta il debito della Cdp, che però per i parametri di Maastricht non paga dazio perché figura come privata.
Seconda mossa, la più ardita: viene costituito, si legge sul sito di Palazzo Chigi, “un fondo immobiliare al quale verranno conferiti tutti gli immobili pubblici, sia dello Stato (ivi comprese le caserme), sia degli enti territoriali (ivi compresi quelli dei Comuni). Detti immobili, anche con l’ausilio di Cassa Depositi e Prestiti, verranno valorizzati e venduti”. Brillante iniziativa, peccato che sia tutta roba vecchia, come dimostra la lettura del decreto approvato ieri dal Consiglio dei ministri. In esso ci sono principalmente modifiche all’articolo 33 del decreto legge n. 98 del 6 luglio 2011. Sì, è lei, l’ultima finanziaria di Berlusconi, quella che non serviva a fermare lo spread in folle volo perché i mercati non si accontentano di velleitarie promesse di vendite di immobili.
E infatti oggi, nel riproporre l’antica ricetta, il governo fa filtrare la stima secondo cui, tra Stato centrale e enti locali, siano in ballo immobili per almeno 400 miliardi. Secondo gli esperti di “Scenari immobiliari”, negli ultimi cinque anni (governo Prodi più governo Berlusconi) lo Stato italiano è riuscito in tutto a vendere immobili per 3 miliardi di euro. Con l’operazione annunciata oggi, spiegano, potranno essere venduti beni per uno o due miliardi l’anno, e saranno vendite che avranno “effetti positivi” sul mercato immobiliare italiano, a patto, naturalmente, che vengano dati “incentivi di vario titolo agli investitori immobiliari italiani ed esteri”.
Ecco, giusto, sugli incentivi dati agli investitori immobiliari abbiamo una bella tradizione. Da vent’anni ogni governo annuncia la messa in vendita degli immobili pubblici perché con questo debito non si può andare avanti così. Ogni volta viene per prima cosa costituita una società, magari un po’ strada, magari controllata al cento per cento dallo Stato ma di diritto olandese o lussemburghese. Poi si chiamano a raccolta i grandi studi legali e si chiede loro di studiare complessi problemi giuridici. Poi si chiamano le banche e si chiede loro di studiare un astuto meccanismo finanziario. Gli esperti incassano, le banche banchettano, lo Stato paga e il debito cresce.
RISULTATI. “Immobiliare Italia”, invenzione di Giuliano Amato datata 1992, ha venduto in sei anni immobili per 44 miliardi di lire, e ha chiuso i battenti inseguita da un’inchiesta della Corte dei Conti sull’ingente danno erariale. Scip 1 e Scip 2, le famose cartolarizzazioni inventate da Giulio Tremonti nell’epoca d’oro della “finanza creativa”. Hanno preso immobili degli enti previdenziali per 16,2 miliardi di euro, ne hanno venduto i tre quarti, hanno incassato circa 7 miliardi, ci hanno perso 5,2 miliardi, e hanno pagato a banche, avvocati, consulenti e quant’altro la sontuosa cifra di 1,8 miliardi di euro. Quasi due miliardi di denaro pubblico per incassarne 7 dalla vendita di immobili che valevano molto più di 7 miliardi.
Ieri il governo dei banchieri e degli economisti non ha neppure spiegato perché stavolta dovrebbe andare diversamente.